Alcuni lavori affaticano la mente: lo conferma la scienza

La scienza conferma: esistono alcuni lavori che, più di altri, affaticano la mente. Scopriamo quali sono

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Che ci piaccia o no, il lavoro ricopre un ruolo fondamentale nella nostra quotidianità. E non solo per il tempo effettivamente investito, ma anche per il dispendio di energie e risorse, mentali e fisiche, che questo richiede. Non è un caso che, come i dati spesso confermano, gli impegni e le attività professionali sono la maggiore fonte di stress della quotidianità.

I motivi sono tanti e diversi, e hanno a che fare non solo con l’ambiente di lavoro, ma anche con le nostre prospettive, passate e future, con i sogni nel cassetto e con le aspettative che abbiamo nei confronti della carriera. Tutte cose, queste, che inevitabilmente possono incidere anche in maniera negativa sul nostro umore e sul benessere.

Ma non si tratta solo del modo in cui scegliamo di reagire alle cose che accadono, o come affrontiamo le giornate lavorative. Secondo la scienza, infatti, esistono alcune professioni che, più di altre, rischiano di affaticare la mente. Scopriamo insieme quali sono.

La ricerca scientifica

Trovare il lavoro giusto non è un’impresa semplice. C’è chi lo rincorre per tutta la vita, chi lo individua in giovane età e chi, più semplicemente, si adatta a ciò che il mercato offre. Certo è che ci sono delle professioni che, più di altre, hanno necessariamente bisogno anche di un coinvolgimento emotivo, oltre che di tanto studio, formazione continua e disciplina.

La stanchezza e lo stress che scaturiscono da un’attività lavorativa intensa, però, li abbiamo subiti tutte almeno una volta nella vita per un motivo o per un altro. Secondo la scienza, però, alcuni lavori sono destinati ad affaticare più di altri, e questo accade soprattutto quando si è esposti a decisioni importanti, continue e costanti.

A rivelarlo sono stati i ricercatori del Paris Brain Institute che hanno condotto un recente studio su un campione di 40 professionisti di diverse età e provenienti da settori differenti. Gli esperti hanno analizzato le attività cerebrali delle persone coinvolte durante la giornata, assegnando a loro diversi compiti che richiedevano l’impiego di attività cognitive. È emerso che più questi individui venivano sottoposti a processi decisionali, più aumentava l’accumulo di glutammato nel cervello.

Questa sostanza chimica, che è un neurotrasmettitore, ha un compito molto importante nel nostro cervello, ovvero quello di trasferire le informazioni tra le cellule nervose. Tuttavia un aumento del glutammato può diventare tossico e pericoloso per gli esseri umani.

Va da sé che per i lavori più impegnativi, o comunque per quelli che richiedono concentrazione, decisioni e risoluzione di problemi per periodi prolungati, l’aumento di questa sostanza chimica comporta un affaticamento non indifferente. Ma quali sono i lavoratori più a rischio?

I lavori che affaticano la mente secondo la scienza

Secondo i dati raccolti dagli esperti del Paris Brain Institute, i lavori che richiedono l’assunzione di responsabilità e di decisione sono quelli che più affaticano la mente. A questi, poi, si aggiungono tutti quelli che richiedono una costante attenzione e lo svolgimento di più attività contemporaneamente. Tra questi ci sono gli autisti, i piloti, i giudici e anche i medici. Professioni molto impegnative, secondo gli esperti, che rischiano di minare il benessere delle persone, e anche di aumentare errori e decisioni sbagliate.

La soluzione? Secondo gli scienziati tutte le persone impiegate nelle professioni più impegnative dovrebbero concedersi delle pause. Dei riposi regolari che consentano al cervello di disintossicarsi dal glutammato in eccesso e poter quindi riprendere le proprie attività lavorative senza il rischio di subire contraccolpi o prendere decisioni sbagliate a causa di stanchezza e stress.