Accettare il nostro corpo va bene, ma dobbiamo anche amarlo

Accettare i chili in eccesso, le curve e i difetti va bene. Ma ricordiamoci che prenderci cura di noi stesse è un atto d'amore doveroso

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Il confine tra amore e accettazione c’è ed è reale, anche se spesso lo confondiamo. I limiti diventano quasi invisibili, e questo accade soprattutto quando a guidarci verso di questi sono le nostre emozioni. Superarli o non tenerli in considerazione, però, ci espone a grandi rischi. Se l’amore, infatti, ci riempie e ci arricchisce, l’accettazione rischia di trasformarsi in sopportazione e sacrificio, due sentimenti, questi, che nulla hanno a che fare con il prendersi cura di sé.

Oggi viviamo nell’epoca dell’accettazione, o almeno è questa la tendenza mainstream che viene promossa e diffusa dai mass media. Parole come “inclusività” sono entrate a tutti gli effetti nel vocabolario quotidiano e in fondo va benissimo così se il desiderio comune è quello di lasciare alle future generazioni una società decisamente migliore rispetto a quella che abbiamo costruito noi e chi ci ha preceduto.

C’è qualcosa, però, che troppo spesso viene ignorata, forse per buona fede o per mancanza di una consapevolezza più ampia, ed è il fatto che per accettare qualcuno o qualcosa è necessario prima compiere un atto d’amore. Lo stesso che dovrebbe essere praticato anche nei confronti del nostro corpo.

L’accettazione del corpo e la body positivity

Accettare i difetti, mostrarli e persino valorizzarli: è questa la tendenza degli ultimi anni, quella portata avanti, anche un po’ troppo forzatamente, da celebrities, influencer e media. Un vero e proprio movimento che ha segnato un punto di rottura con tutti quegli standard di bellezza e di perfezione estetica che hanno dominato i secoli precedenti. Poco importa se c’è una gran fetta di popolazione che intanto sceglie di stravolgere i lineamenti del viso per assomigliare a quei filtri che spopolano sui social, l’importante è comunque parlare sempre di body positivity.

Un paradosso, questo, che troppo spesso viene ignorato, e che invece dovrebbe essere utilizzato per riflettere proprio sulle tematiche di accettazione e su quei limiti che neanche riconosciamo.

Quando qualche anno fa è stato aperto il dibattito culturale sulla body positivity, e di conseguenza sull’inclusività, l’entusiasmo è stato evidente, e come poteva essere altrimenti? Finalmente tutte le persone del mondo, indipendentemente dal peso, dai difetti o dalle forme del corpo, potevano identificarsi in qualcun altro. Avevano dei modelli di riferimento e di ispirazioni, ma soprattutto potevano celebrare la loro diversità. Curve e corpi plus-size non erano più difetti da nascondere, ma caratteristiche da valorizzare.

Cavalcare l’onda era inevitabile. Lo hanno fatto le aziende, più o meno note, che hanno creato campagne pubblicitarie ad hoc per promuovere la vera bellezza, quella ormai lontana anni luce dalla perfezione alla quale ci eravamo abituate. E lo hanno fatto poi le influencer e l’intero star system. Perché in fondo, un mondo dove le diversità vengono accettate, è un luogo più bello, questo è chiaro.

Individuare un problema, che era reale e che forse sempre lo sarà, non vuol dire però risolverlo. E lo dimostra il fatto che, a distanza di oltre un decennio dall’apertura del dibattito, le cose non sono poi così cambiate. Sono ancora tante le donne insoddisfatte del loro corpo. Lo sono le giovanissime che sono sempre alla ricerca, quasi ossessiva, di espedienti per apparire più belle, più magre. Perfette. Solo che questa volta, a differenza del passato, non sono le uniche a esporsi in vetrina.

Quello che vediamo sui social, malgrado se ne parli come di una realtà parallela, è in realtà lo specchio della società in cui viviamo. Da una parte c’è una nuova e inedita bellezza standardizzata, quella che si ottiene anche con imprudenti interventi chirurgici, dall’altra ci sono i difetti, osannati, mostrati e messi sotto i riflettori, spettacolarizzati spesso senza un criterio. Nel mezzo di questo spaccato ci siamo noi. Ci sono tutte quelle persone che navigano in maniera quasi ossessiva sui feed degli altri alla ricerca di modelli di riferimento, ma anche di comprensione e di supporto che troppo spesso vengono a mancare.

Perché se da una parte l’accettazione del proprio corpo è diventata quasi una costrizione, dall’altra non farlo viene giudicato sbagliato. Chi non riconosce nelle proprie imperfezioni dei punti di forza – e lo fa esercitando un diritto di migliorarsi che appartiene a tutti – viene quindi assalito dai sensi di colpa. Impossibile non pensare alla trasformazione fisica di Adele di qualche anno fa. La celebre cantante, dopo il suo dimagrimento, aveva generato clamore ed entusiasmo da una parte, senza risparmiare giudizi dall’altra. Chi la considerava più bella, senza chili in eccesso, si è dovuto scontrare con chi, invece, l’ha accusata di aver rinnegato se stessa.

A questo aggiungiamoci poi la malsana idea di chi crede che dimagrire, o prendersi cura del proprio corpo, sia “anti femminista”. Eppure è doveroso ricordare che l’obesità non è una colpa né un peccato, ma una condizione che incide negativamente sul nostro stato di salute.

Insomma, il movimento della body positivity – e tutto quello che da questo è scaturito – crea sicuramente delle zone d’ombra in cui navighiamo oggi, esattamente come ieri. Soffrire per un difetto fisico non è per forza sbagliato, come non lo è volersi migliorare, se è questo quello che desideriamo, che si tratti di dimagrire o di ricorrere a interventi estetici. Ecco perché l’accettazione da sola non può bastare, ecco perché per cambiare davvero le cose c’è bisogno di un atto d’amore.

Body neutrality

Come tutte le tendenze, anche questa dell’accettazione del proprio corpo ha subito, naturalmente, un’evoluzione. La diffusione del movimento body positivity ha mostrato negli ultimi anni tutte le sue debolezze, fino ad arrivare a snaturare il suo più autentico significato. Ecco perché, negli ultimi anni, la parola positivity è stata sostituita da neutrality. Un piccolo termine, questo, che però ha spianato la strada a una grande rivoluzione.

La body neutrality, movimento portato alla ribalta dalla life coach Anne Poirier, non si limita all’accettazione, l’invito è quello di amare il proprio corpo e di farlo partendo da quello che lui ci permette di fare ogni giorno. Il peso e i difetti passano così in secondo piano rispetto alla sua forza e alla funzionalità.

L’obiettivo è presto detto: cambiare la percezione e il modo di pensare, focalizzarci su tutto quello che riusciamo a fare grazie al nostro corpo: camminare, correre, svolgere un’attività fisica o tenere in braccio un bambino. Questo focus, infatti, sposta l’attenzione dai chili e dai difetti, e ci permette di essere grate nei confronti di ciò che facciamo.

E l’amore?

L’amore non è un sentimento da considerarsi solo “in uscita”, non è qualcosa che dovremmo rivolgere e riservare agli altri. E prenderci cura di noi stessi è il più grande atto d’amore che possiamo concederci nella nostra vita. Accettarci per quello che siamo, per come siamo, non è sufficiente. Perché basterà il minimo dubbio insinuato, mosso dai commenti, dalle critiche o dai consigli non richiesti, per farci mettere in discussione tutto.

Oltre l’ideologia, le tendenze e i canoni di bellezza del presente e del passato, c’è altro aspetto fondamentale da considerare, ed è quello che riguarda la salute. L’obesità, infatti, “rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale” (salute.gov.it)

Possiamo convivere con i chili in eccesso, con le curve e con i difetti, certo. Ma dobbiamo anche imparare a rispettare e a prenderci cura di ciò che siamo, anche e soprattutto per migliorarci, prevenire le malattie (che non devono considerarsi “colpe”) e preservare la nostra salute. E questo è possibile solo con l’amore.