La tampon tax è di nuovo al 10%. Dove sono finite le promesse e i buoni propositi?

Dopo un anno di aliquota al 5 per cento, la tampon tax è salita nuovamente raddoppiando: la petizione e le iniziative

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Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

È facile parlare di diritti e di sostegno alle donne, nell’accezione più ampia del termine. È sempre facile dire, ma molto più difficile è concretizzare davvero. Si è parlato per anni di abbassare la tampon tax e il risultato è stato un cambiamento, sì, ma peggiorativo. Tutte le promesse e i buoni propositi si sono trasformati in un nulla di fatto.

E così, essere donna e avere il ciclo mestruale ha un costo più salato con l’Iva passata dal 5 al 10 per cento, un aumento del doppio. L’aliquota negli anni è oscillata, ma  continua a colpire la stessa fetta di popolazione. Le donne.

Tampon tax, perché non è mai stata abolita

Si parla di azzerare il gender pay gap, di permettere alle donne che lavorano di prendersi dei giorni di congedo mestruale, di abbassare la tampon tax. Tutte questioni giuste, anzi giustissime, che valgono le battaglie, le prese di posizione e le proteste.

Il problema è che tutte queste voci restano in parte inascoltate. Succede, ad esempio, con l’Iva sugli assorbenti che, nel corso dell’ultima Finanziaria, è salita dal 5 al 10 per cento. Poco importa che prima fosse più elevata (22% prima del Governo Draghi, poi 10 %): si tratta di un bene necessario e del quale, a parte scelte personalissime, non si può fare a meno. E che ogni mese, e per tutta l’età fertile, è un costo non indifferente per le donne.

A guardare una mappa del mondo la situazione è molto diversa: se ci sono, infatti, luoghi in cui è stata abolita, ce ne sono altri in cui la tassazione è molto elevata. In Italia si oscilla, nonostante si sia provato ad abbassarla di molto.

E un piccolo successo, per tutte le donne, ma soprattutto per quelle più in difficoltà, era arrivato con l’Iva al 5%, inserita nella manovra dell’anno precedente dal Governo Meloni. Quest’anno il ritocco verso l’alto. Che pesa come altri divari di genere e lo fa dal punto di vista economico.

A mettere i dati nero su bianco è Luce!, che ricorda come la povertà mestruale sia una realtà in Italia: ci sono 6,5 milioni di donne maggiorenni, il 25% del totale, a rischio di povertà ed esclusione sociale. Mentre ammontano a 2,3 milioni quelle che versano in povertà assoluta.

La petizione per abolire la tampon tax

In questo solco si inserisce la petizione lanciata su Change.org nel 2018 da Onde Rosa e Coop e poi ripromossa a dicembre del 2023 sottolineando che “il ciclo è ancora un lusso”.

Nella presentazione viene spiegato: “Ci risiamo purtroppo… Un anno fa festeggiavamo quella che potevamo considerare una vittoria parziale, ma pur sempre una vittoria cioè la riduzione dell’Iva sui prodotti igienico sanitari per il ciclo mestruale (la famosissima e discussissima tampon tax!) dal 22% al 5% – si legge -. Ora il Governo reintroduce l’Iva su questi prodotti portandola al 10%. Noi non ci stiamo e vogliamo mandare un segnale forte: arrivare a 1 milione di firme contro la Tampon Tax!”.

Fino al 2023 erano state raccolte 683mila firme, che ora con il rilancio della petizione hanno già superato le 707mila.

Le iniziative

È notizia di questi giorni che in alcuni punti vendita viene azzerata l’aliquota Iva su circa 60 referenze di assorbenti femminili: sono le oltre 270 farmacie Lloyds – Benu, dove il progetto ha preso il via già nel 2021 e viene rinnovato per tutto il 2024.

“Abbiamo confermato l’iniziativa di cancellazione della Tampon Tax, in piena continuità con gli anni passati, nell’intento di contribuire ad eliminare la discriminazione fiscale di genere. Oltre a questo obiettivo, che abbiamo ben chiaro, sappiamo bene come le più varie crisi sanitarie, sociali e geopolitiche che si sono succedute in questi anni abbiano portato conseguenze concrete nella vita di milioni di persone. La povertà è in aumento e con essa le mille difficoltà che comporta”, è parte del commento di Arianna Furia, Customers & Channels retail director di Phoenix Pharma Italia.

Un’altra iniziativa, poi, è quella di Coop che si inserisce nella campagna Close the Gap che – si legge sul sito – è: “Fatta di azioni e impegni concreti per promuovere la parità di genere femminile, combattere le disparità e ridurre le differenze con l’obiettivo di portare avanti un dialogo su temi importanti, coinvolgendo i consumatori, i soci, i dipendenti e i fornitori di prodotto a marchio”.

Tra queste la petizione con Onde Rosa, ma non solo: per dimostrare che l’Iva al 5 per cento è possibile, dal 1° gennaio vende le proprie linee: “Assorbendo l’aumento dell’Iva fino a fine maggio 2024 con l’obiettivo di non scaricarlo sulle consumatrici”.