C’è una novità nel mondo dello shopping online che potrebbe cambiare il modo in cui facciamo acquisti. Sai quei resi facili e gratuiti che ci hanno salvato più di una volta? Ebbene, le grandi aziende dell’e-commerce hanno deciso di stringere i cordoni della borsa e di introdurre dei costi per chi decide di mandare indietro un ordine. Ma non è solo una questione di soldi; c’è di più sotto: la salute del nostro pianeta.
Cambia il vento per i resi: le nuove regole online
Avete presente quel maglione ordinato in tre taglie diverse per trovare quella giusta? Bene, la festa potrebbe finire. Grandi nomi come Zara e H&M stanno pensando di rendere i resi un po’ meno convenienti per scoraggiare gli ordini ‘alla cieca’. L’idea è di farci pensare due volte prima di riempire il carrello. Ma non è solo una questione di budget aziendale; è anche un modo per ridurre quel montagnone di scatole e pacchetti che finiscono per viaggiare avanti e indietro nel mondo, pesando sull’ambiente.
Quando facciamo un reso, non è solo il corriere che suona due volte. Dietro c’è un bel giro di trasporti, imballaggi e, spesso, sprechi. Pensateci, ogni capo restituito deve fare la strada al contrario, consumando risorse e energia. E poi, non tutti i resi tornano in vendita: alcuni finiscono direttamente in discarica. Le aziende hanno iniziato a sentire il peso di questo circolo vizioso, non solo sul bilancio ma anche sull’immagine. Un consumatore informato oggi guarda anche a quanto è verde il proprio shopping. Cosa significa tutto questo per noi? Beh, prepariamoci a essere un po’ più selettivi. Forse è il momento di dire addio agli acquisti impulsivi e di iniziare a investire in pezzi che amiamo davvero e di cui siamo sicuri. D’altra parte, è anche un’opportunità per le aziende di essere più trasparenti e di offrire alternative più sostenibili. Chissà, magari vedremo nascere nuovi servizi di prova a domicilio o altre idee creative per tenere alto lo shopping ma basso l’impatto ambientale.
Il peso nascosto dei resi gratuiti: l’impatto ambientale del “cambio idea”
É tempo di affrontare un argomento che non possiamo più ignorare: l’impatto ambientale dei resi gratuiti. Ogni volta che cambiamo idea su quel paio di scarpe o quel vestito non perfetto, non è solo un semplice ritorno al mittente. È un viaggio che il pacco fa di nuovo, con tutto quello che comporta: trasporto, controllo, eventuale riparazione, riconfezionamento e rimessa in vendita. Tutto questo movimento richiede una quantità sorprendente di energia, materiali e lavoro umano. Pensate ai gas serra emessi dai mezzi di trasporto che portano indietro il nostro reso, all’inquinamento dell’aria e dell’acqua legato ai processi di trattamento e ricondizionamento, alla deforestazione per produrre nuovo imballaggio e alla biodiversità che soffre per ogni angolo di natura che convertiamo in magazzino o discarica. E se pensiamo che molti dei prodotti restituiti non tornano sul mercato ma finiscono direttamente come rifiuti, la situazione diventa ancora più grave.
Uno studio della società di consulenza Optoro ci apre gli occhi su numeri allarmanti: solo negli Stati Uniti, i resi degli acquisti online producono circa 5 miliardi di chili di rifiuti e 15 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica ogni anno. Queste cifre mostrano chiaramente che il nostro comodo clic per il reso gratuito ha un costo nascosto molto alto. Quindi, la prossima volta che stiamo per riempire il carrello, fermiamoci un attimo a riflettere. È davvero necessario ordinare tre taglie dello stesso vestito? Non possiamo forse prendere misure più accurate o informarci meglio prima di acquistare? E, forse, è il momento di iniziare a supportare quelle aziende che stanno cercando di rendere i loro processi più sostenibili, anche se questo significa rinunciare alla comodità dei resi gratuiti.