Lo sfruttamento minorile è una piaga silenziosa che affligge anche l’Italia

Sono più di 340mila i bambini coinvolti nello sfruttamento minorile in Italia. Il fenomeno è in crescita e per arginarlo c'è bisogno di tutti

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

I bambini sono il simbolo del futuro, della ricchezza e della prosperità. Sono gioia, sono speranza, sono luce che per nessuna ragione al mondo dovrebbe essere oscurata, mai. Eppure sono sotto attacco, lo sono i loro diritti, la spensieratezza e la libertà che gli appartiene. I nostri bambini sono le vittime innocenti di una piaga silenziosa che affligge l’Italia e il resto del mondo, quella dello sfruttamento minorile.

Il lavoro minorile: un fenomeno di dimensioni globali

Sono tanti e diversi i dati in nostro possesso, gli stessi che ci permettono di comprendere come lo sfruttamento minorile sia un fenomeno di dimensioni globali. Eppure, nonostante le cifre drammatiche e spaventose, la sensazione comune è quella di non avere nessun controllo su quella che sembra una tendenza destinata a impennarsi, anche nel nostro Paese.

A differenza di quello che si pensa, infatti, il lavoro minorile non è una piaga che solca solo i territori più marginali, ma è qualcosa che ci riguarda tutti. Si tratta di un fenomeno che vede il coinvolgimento diretto dei bambini, e dei ragazzi più giovani, nelle più diverse attività lavorative, spesso faticose e pericolose, che impediscono loro di studiare e di vivere liberamente la spensieratezza dei loro anni.

Inutile dire che le conseguenze, di questa privazione, sono gravissime. E influiscono non solo sulla dignità personale dei giovanissimi, ma anche sul loro sviluppo psichico e fisico, così come sulla società intera.

Si parla di lavoro minorile quando l’impiego prevede il coinvolgimento di ragazzi che sono al di sotto della soglia minima di età stabilita dalla legge. Questa può variare di Paese in Paese, tuttavia ci sono casi in cui limiti sono stati drammaticamente superati. In generale, comunque, l’età minima coincide con la fine della scuola dell’obbligo e, solitamente, non è mai inferiore ai 15 anni.

Come abbiamo anticipato, il fenomeno investe in maniera capillare il mondo intero. A confermarlo è l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) che ha individuato il coinvolgimento di oltre 152 milioni di bambini, di cui 69 milioni sono femmine e il restante maschi.

Queste cifre, che di per sé spaventano, preoccupano ancora di più quando si vanno ad analizzare i lavori in cui i minori sono impiegati. Molti di questi, infatti, presentano elevate pericolosità, sia dal punto di vista fisico e psichico. Si tratta di attività che mettono a rischio la salute, lo sviluppo e la loro stessa vita.

Lo sfruttamento dei minori è qualcosa con il quale facciamo i conti da sempre. Non abbiamo in nostro possesso dei dati che ci permettano di stabilire le origini del fenomeno, tuttavia non mancano numerose testimonianze che fanno riferimento alle più antiche forme di schiavitù, le stesse che vedevano anche il coinvolgimento dei bambini.

Numerose le testimonianze della loro presenza nelle attività produttive anche in epoche più recenti. I bambini, infatti, venivano spesso impiegati nei campi agricoli, e poi nelle industrie, svolgendo le stesse mansioni degli adulti. Questo accadeva soprattutto per supportare il sostentamento delle famiglie e dell’intera comunità.

Quella che però sembrava una questione di mera sopravvivenza, negli anni si è trasformata in una consapevolezza che ha tracciato i confini tra carnefici e vittime. Secondo la professoressa Jane Humphries, infatti, il lavoro minorile è stato perpetuato perché più economico. Secondo uno studio pubblicato dalla docente lo sviluppo industriale inglese non sarebbe stato possibile senza l’impiego, in massa, di lavoratori minorenni ridotti in condizione di schiavitù.

I dati

Come abbiamo anticipato, far finta che il fenomeno dello sfruttamento dei minori non ci riguarda è impossibile. Sono i dati stessi, diffusi fino a questo momento, a ricordarci che questa piaga è reale, è che è nostro il compito di cambiare le cose.

In tutto il mondo, secondo le ricerche condotte dall’Organizzazione internazionale del lavoro e dall’Unicef, impegnate in prima linea per promuovere condizioni di lavoro dignitose e per abolire lo sfruttamento dei minori, sono milioni i bambini lavoratori, la maggior parte dei quali impiegati in forme pericolose e poco sicure.

La stima dei dati raccolti negli anni precedenti, ipotizzava un aumento sproporzionato di questo fenomeno, arrivando a una previsione di oltre 200 milioni di minori lavoratori. Un numero, questo, che non solo sta per essere raggiunto, ma che rischia di aumentare sempre di più. Nel mondo, e anche nel nostro Paese.

Italia: un fenomeno in crescita

A esprimersi su una situazione che non può essere più ignorata, è stato Gilbert F. Houngbo, Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, che proprio in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, che si tiene ogni anno il 12 giugno, ha parlato di un fenomeno che inaspettatamente, e drammaticamente, è in costante aumento.

“Per la prima volta in 20 anni, il lavoro minorile è in aumento”ha dichiarato il direttore in una lettera aperta pubblicata sul sito web del Centro Informazioni Regionale delle Nazioni Unite – “160 milioni di bambini, quasi uno su dieci in tutto il mondo, sono impiegati nel lavoro minorile. Ciò che è peggio è che la metà – 80 milioni – svolge le forme più pericolose di lavoro minorile, ovvero lavori che mettono a repentaglio la loro salute fisica e mentale”.

“Il lavoro minorile” – ha aggiunto Gilbert F. Houngbo – “Raramente avviene perché i genitori sono cattivi o non si preoccupano. Piuttosto, nasce da una mancanza di giustizia sociale. L’antidoto al lavoro minorile indotto dalla povertà è un lavoro dignitoso per gli adulti, in modo che possano sostenere le loro famiglie e mandare i figli a scuola, non a lavorare”.

L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), proprio per sensibilizzare i cittadini sul tema, ha scelto di istituire nel 2002 una Giornata Mondiale contro lo sfruttamento dei minori che cade ogni 12 giugno.

L’Italia, come abbiamo anticipato, non esce vincitrice da questa guerra silenziosa, come del resto non lo fa nessuno. Secondo un recente rapporto di Save the Children, portato alla luce nel podcast “Non è un gioco”, attualmente sono più di 300.000 i bambini e gli adolescenti impiegati nel lavoro con un’età compresa tra i 7 e i 15 anni.

I settori più coinvolti nello sfruttamento dei minori nel Belpaese, sono quelli della ristorazione e della vendita al dettaglio, seguiti poi da quelli del lavoro telematico, e dall’impiego nell’agricoltura e nei cantieri. Come abbiamo anticipato, le conseguenze dello sfruttamento minorile sono tante, e ci riguardano tutti. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che sono le nuove generazioni ad avere l’onere e l’onore di rendere questa società migliore. Ma come possono farlo se il processo di crescita, formazione e sviluppo viene loro negato?

Il problema c’è, ed è reale. Per questo l’allarme non deve essere solo lanciato, ma anche diffuso. Occorre che le istituzioni lavorino in sincrono affinché questa piaga venga prevenuta e combattuta, che si ponga l’accento sul problema della dispersione scolastica che cammina di pari passo con il lavoro minorile. Bisogna informare, educare e soprattutto sostenere le persone, le famiglie e i bambini costretti a vivere sulla soglia della povertà. Bisogna farlo adesso perché il futuro è già qui, e non promette nulla di buono.