Così, in Uganda, l’amore si trasforma in una condanna a morte

In Uganda è stata approvata e firmata una delle più restrittive leggi anti LGBTQ+ del mondo che prevede anche la pena di morte per omosessualità aggravata

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Esiste un posto, dall’altra parte del mondo, dove migliaia di individui rischiano di morire. Non per fame, non per guerra né per calamità naturali, ma solo perché amano le persone del loro stesso sesso. Questo luogo si chiama Uganda.

Nel Paese situato nell’entroterra africano, dove gli scenari mozzafiato incantano viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo, sta per calare un’ombra oscura e spaventosa, che rischia di sconvolgere e stravolgere, che distrugge la libertà degli individui e, nei casi più estremi, anche la loro stessa vita.

Un’ombra che non riconosce i diritti umani delle persone, che vede nell’amore tra categorie di persone marginalizzate un ostacolo da abbattere, da eliminare, da annientare. Una legge, quella anti LGBTQ+, che fa tremare il mondo intero e che si traduce in una sentenza irreversibile: il carcere a vita e la pena di morte per omosessualità aggravata.

Uganda: la legge anti LGBTQ+

Sono tanti e di successo i passi avanti fino a questo momento che hanno come destinazione la libertà di vivere la propria vita secondo le proprie qualità. Sono i nostri, quelli di tutte le donne che da secoli combattono contro le discriminazioni, i pregiudizi e gli stereotipi di genere. E sono quelli della comunità LGBTQ+ che al contempo chiede e pretende tutti quei diritti che appartengono, per natura, agli esseri umani, indipendentemente dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale.

Sono i passi avanti che mirano a costruire una società migliore, quella in cui tutto ciò che è considerato diverso, solo perché non tradizionale e stereotipato, è giudicato, criticato e condannato.

Di passi avanti, dicevamo, ne abbiamo compiuti. Ma se i piccoli successi collezionati fino a questo momento riguardano l’Italia e tutti quei Paesi ai quali guardiamo come esempio, con orgoglio e ammirazione, non possiamo non considerare il fatto che lo scenario, nel resto del mondo, non solo è frastagliato, ma a tratti sconcertante. E quello che sta succedendo in Uganda non fa che confermarlo.

Solo qualche mese fa si diffondeva, grazie al racconto del New York Times, la storia di Mbajjwe Nimiro Wilson. Un ragazzo che condivide con molti altri il medesimo nefasto destino: costretto a fuggire dal suo Paese, colpevole solo di amare una persona del suo stesso sesso. Dopo essersi nascosto in un rifugio per omosessuali a Kampala, il 24enne si è visto obbligato a mettere in atto un piano di fuga. “Le persone continuavano a dire: Ti daremo la caccia” – ha raccontato – “Voi gay dovreste essere uccisi. Vi massacreremo”.

Parole dure e crudeli, queste, che riflettono uno scenario drammaticamente omogeneo in tutto il Paese e che hanno in qualche modo anticipato quella che poi si è trasformata nella legge anti LGBTQ+ appena approvata in Uganda. A poco sono serviti i richiami e le battaglie condotte da parte delle organizzazioni internazionali e dalle comunità in difesa dei diritti umani, se non a rimandare, almeno per qualche settimana, una decisione che in realtà era già stata presa.

Del resto lo stesso presidente del Paese africano, Yoweri Museveni, non ha mai nascosto la sua posizione in merito all’argomento, dichiarando che dietro alle relazioni sentimentali e sessuali dei membri della comunità LGBTQ+ si nascondono in realtà delle deviazioni. Dello stesso avviso sono tutte le associazioni religiose del Paese, le stesse che vedono nei rapporti tra persone dello stesso sesso, un peccato imperdonabile.

Anche se triste e sconfortante, lo scenario che si apre adesso era stato in qualche modo preannunciato. Del resto i diritti LGBTQ+, in Uganda, non sono mai esistiti. Da sempre, infatti, le persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali non hanno mai potuto godere di una protezione legale e ufficiale. Tutto quello che è stato fatto, almeno fino a questo momento, da parte degli attivisti, è servito solo a rimandare un destino già scritto: quello di trasformare, una volta e per tutte, l’omosessualità in un reato, con pene tutt’altro che leggere.

La nuova legge anti LGBTQ+, infatti, stringe la morsa fino a soffocare ogni speranza, configurandosi come la più restrittiva e proibitiva della società contemporanea, la stessa che prevede anche la pena di morte.

Cosa ne sarà delle persone LGBTQ+?

Secondo un rapporto condotto qualche anno fa dagli attivisti, e pubblicato su BBC News, la comunità LGBTQ+ conta almeno mezzo milione di cittadini. Numeri, questi, che se considerati nell’ottica del nuovo scenario fanno preoccupare.

Eppure, oltre a quel mezzo milione di persone, ce ne sono tante altre che appoggiano e sostengono la decisione del governo ugandese e del Presidente Yoweri Museveni. Secondo una ricerca condotta dal Pew Global Attitudes Project, infatti, il 96% dei residenti in Uganda si è dichiarato completamente sfavorevole all’accettazione dell’omosessualità. E non solo, le persone intervistate hanno espresso tutto il loro disappunto nei confronti di una società che garantisce, a loro, libertà ed eguali diritti.

La decisione presa del presidente del Paese africano, quindi, non è altro che qualcosa che riflette la drammaticità di un pensiero condiviso e che adesso viene sancito, ufficialmente, con la legge anti LGBTQ+ appena entrata in vigore. Ma cosa succederà, adesso, alle persone LGBTQ+ in Uganda?

La legge, sostenuta a gran voce da molti membri della popolazione e dai gruppi religiosi del Paese che sostengono, promuovono e valorizzano la famiglia tradizionale africana, prevede e conferma l’ergastolo nei confronti di tutti coloro che perpetuano rapporti sessuali con le persone del loro stesso sesso. Sono previsti, invece, dieci anni di carcere nel caso di approcci e tentati rapporti.

Per chi, invece, rientra nel reato di omosessualità aggravata, e cioè in tutti quei casi in cui ci sono rapporti con minori, con persone con disabilità o comunque con fragilità, è prevista la pena di morte. La nuova legge, inoltre, intende punire anche tutti coloro che vogliono promuovere l’omosessualità nel Paese.

Sono previsti, infatti, fino a 20 anni di carcere per tutti i sostenitori della comunità LGBTQ+, e questo vale a dire che le organizzazioni e le associazioni del Paese che si muovono in difesa dei diritti umani, non potranno più agire liberamente.

A esporsi tra i tanti, contro la nuova legge ugandese, anche l’ONU che la considera una vera e propria violazione sistematica dei diritti delle persone LGBTQ+ e di tutta la popolazione. Eppure, queste considerazioni, importano poco al presidente Museveni e ai suoi sostenitori, che si sono dichiarati contrari alle pressioni imperialiste, facendo riferimento ai tentativi dei Paesi occidentali di cambiare le cose.

Per il Paese, insomma, l’approvazione di questa legge si trasforma in una vittoria. Per noi, invece, si traduce nella più grande sconfitta della società contemporanea.