17 maggio 1990: l’omosessualità non è una malattia mentale

E a chi ancora oggi chiede chi sono gli omosessuali con un certo spirito discriminatorio rispondiamo noi: persone che hanno scelto di frequentare, sedurre e amare liberamente

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Nel docu-reality Cure me, I’am gay, il conduttore televisivo e medico britannico Christian Jessen ha incontrato John J. Smid per sottoporsi ad alcune delle cure che l’uomo ha promosso e sottoposto per anni a centinaia di uomini omosessuali.

Chi è Smid è la storia stessa che ce lo insegna. Ex ministro del Tennessee, l’uomo ha contribuito alla nascita e alla diffusione di Love in Action, una delle più grandi organizzazioni mai create volte a far convertire, o meglio “guarire”, gli uomini gay attraverso tutta una serie di rimedi pensati per recuperare la propria eterosessualità.

E no, se ve lo state chiedendo non si tratta della trama di un film kitsch, ma di un documentario che spalanca le sue porte a uno spaccato di vita vera che riguarda solo un brevissimo periodo inquietante di uno ben più ampio e drammatico che ha coinvolto tutti gli omosessuali. Persone considerate malate per secoli che avevano come unica colpa quella di aver scelto la libertà di amare qualcuno del loro stesso sesso.

Cure me, I’m gay

Cure me, I’m gay è solo un piccolo frammento di storie vissute tra drammi e sofferenze che hanno segnato per sempre la vita delle persone omosessuali, quelle costrette dai familiari o dalle pressioni sociali alle cosiddette terapie riparative. Cure efficaci, secondo Smid e altri fanatici dei tempi trascorsi, che avrebbero permesso ai gay di dire addio alle loro deviazioni, di diventare di nuovo eterosessuali.

Sì perché non è certo una novità che l’orientamento sessuale che osava discostarsi da tutto ciò che la società definiva naturale era considerato allora diverso e perverso. Ma ancora oggi, purtroppo, tra i rivendicatori della famiglia tradizionale e i contemporanei crociati che vogliono abbattere il “contro natura”, c’è chi pare esserselo dimenticato.

Nel docu-reality in questione il dottor Christian Jessen non si limita a intervistare chi con quelle terapie promosse da Love in Action ha vissuto probabilmente il trauma più grande della propria vita, ma anche a sperimentarne alcune. Come quella che prevede di bere una bevanda nauseante, volta a indurre il vomito, mentre si osservano fotografie di uomini nudi.

E se questo vi sembra troppo, lasciatevi dire che non è nulla in confronto a tutte quelle torture psicologiche e fisiche che gli omosessuali hanno dovuto vivere in base a un determinato periodo storico. Ci sono state violenze e vere e proprie persecuzioni, ci sono state le terapie ormonali, l’elettroshock, l’ipnosi e la lobotomia, pratiche barbare volte a trovare un rimedio. Poco importavano le conseguenze fisiche e mentali su quegli quegli essere umani, perché tutto giustificava il fine. E il fine riguardava la tanto desiderata conversione.

Una conversione non tanto voluta dalle stesse persone coinvolte, quanto più dai familiari e dalla società opprimente che puntava il dito contro quelli che erano diventati i malati mentali, solo per assoggettare quella che stava diventando una realtà sempre più etero-sessista. I medici da una parte, la religione dall’altra, due pensieri alimentati dall’ignoranza e dall’intolleranza divagante perpetuata fino a pochi decenni fa.

John Smid era uno di quelli che sosteneva la terapia di conversione. Era il volto di Love in Action. Dall’altra parte c’era Garrard Conley, giusto per citarne uno. Il giovane ragazzo che venne affidato alle cure dell’organizzazione da suo padre, un pastore battista, che non poteva accettare che suo figlio fosse gay. Garrard ora è un’attivista per i diritti degli omosessuali, la sua storia è stata raccontata nel libro Boy Erased – Vite cancellate e nell’omonimo film che vede le eccezionali interpretazioni di Lucas Hedges, Nicole Kidman e Russell Crowe.

A proposito di John Smid, invece, il curatore dell’omosessualità, dopo due matrimoni falliti alle spalle, ha scelto di risposarsi con un uomo. Ha chiesto scusa alla comunità gay e ha continuato la sua vita.

17 maggio 1990

Questa lunga premessa ci è servita per parlare di una data importante, quella del 17 maggio, che serve a non dimenticare il passato. Che serve alle persone e alle future generazioni per non commettere mai più questi errori. Il 17 maggio è una data storica, perché nel 1990 l’omosessualità è stata finalmente cancellata dall’elenco delle malattie mentali e considerata da parte dell’OMS come una variante naturale del comportamento umano.

Una data, questa, che viene celebrata ogni anno affinché le differenze sessuali, e di qualsiasi altra natura, non diventino mai più oggetto di discriminazioni, emarginazione e violenza, fisica e mentale.

Il percorso che ci ha portato qui oggi a parlarne, non è stato breve, né tanto meno privo di complicazioni di natura ideologica, sociale e religiosa. Motivo per il quale per troppo tempo gli omosessuali hanno vissuto nell’ombra delle paure e dei giudizi, nel dubbio esistenziale di un errore che si trovava, in realtà, solo nella testa degli altri.

Basti pensare che solo nel 1952 l’American Psychiatric Association (APA) aveva inserito l’omosessualità tra i disturbi mentali nella lista del DSM. Negli anni sono state tante le rivisitazioni, certamente non migliori di queste. Nel 1968, infatti, l’orientamento sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso era considerato una deviazione, esattamente come la pedofilia.

Nonostante la rivendicazione dei propri diritti civili da parte della comunità LGBT nei Paesi Occidentali, divenuta forte negli anni ’70, nel 1974 si continuava a parlare di omosessualità egodistonica, ovvero di un comportamento che non è in armonia con l’identità della persona stessa.

Dobbiamo arrivare al 1990 per vedere le cose cambiare per davvero, quando l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) deciderà finalmente di eliminare dall’elenco delle malattie mentali l’omosessualità. Un giorno, questo, che ha assunto una valenza fondamentale, non solo per le comunità LGBT, ma per tutte le persone che lottano contro le discriminazioni e i pregiudizi, che rivendicano la libertà di essere e di amare.

Il 17 maggio del 2005, in tutta Europa, è stata organizzata dalle associazioni e dalle organizzazioni che combattono contro l’omofobia e la transfobia quella che è la prima Giornata Internazionale contro l’omofobia. Lo stesso Parlamento Europeo ha accolto l’iniziativa istituendo ufficialmente la ricorrenza in quella stessa data con la Risoluzione sull’omofobia in Europa del 26 aprile 2007 con l’obiettivo di promuovere una cultura di rispetto, accettazione e inclusione, nonché per contrastare tutte le discriminazioni.

E a chi ancora oggi chiede chi sono gli omosessuali con un certo spirito discriminatorio e critico rispondiamo noi: persone che hanno scelto di frequentare, sedurre e amare liberamente.