24 marzo 1944: l’Eccidio delle Fosse Ardeatine

355 è il numero della memoria. 355 è il numero delle persone uccise il 24 marzo 1944, le vittime di quel massacro, però, sono state molte di più

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Sono tanti, troppi, i capitoli oscuri che riguardano la storia, la nostra. Pagine nere che abbiamo il diritto e il dovere di sfogliare e leggere ancora, perché solo così possiamo ricordare. Solo così possiamo non commettere più gli errori del passato. Come quello del 24 marzo 1944, la data passata alla storia come l’Eccidio delle Fosse Ardeatine.

Furono 355 gli italiani fucilati a sangue freddo dalle forze di sicurezza della Germania Nazista. Si trattava di civili, prigionieri politici, ebrei. Uomini colpiti dalle armi da fuoco delle truppe tedesche come punizione per quell’attentato partigiano compiuto il 23 marzo a via Rasella e che costò la vita a 33 soldati della polizia tedesca. Il sangue chiamava altro sangue.

L’Eccidio delle Fosse Ardeatine, per la sua efferatezza, è diventato il simbolo dell’occupazione nazista a Roma, nonché una delle più tragiche e cruenti stragi compiute su tutto il territorio italiano durante gli anni del regime.

L’occupazione tedesca

Dopo la fuga del Re Vittorio Emanuele III e l’ingresso delle truppe tedesche sul territorio italiano, il 12 settembre queste assunsero effettivamente il controllo della città di Roma. L’attività partigiana, condotta dalle donne e dagli uomini della Resistenza, segnò il 23 marzo del 1944 un importante svolta con l’attacco al battaglione del reggimento Bozen in via Rasella.

Fu proprio a seguito di questa, e della perdita di alcuni soldati tedeschi, che fu ordinata l’esecuzione dei colpevoli all’interno di quelle antiche e abbandonate cave di pozzolana situate proprio lungo la via Ardeatina. Civili, partigiani, ebrei e detenuti furono fucilati e i loro cadaveri gettati nelle fosse col tentativo di occultamento.

Oggi, quelle fosse, si sono trasformate in un monumento sacro nazionale che celebra e ricorda le vittime dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine.

L’eccidio delle Fosse Ardeatine

L’esecuzione fu così organizzata: tutti i soldati tedeschi, compresi gli ufficiali, vennero invitati a partecipare come atto simbolico doveroso nei confronti di quanto accaduto in via Rasella. Fu il capitano Köhler a proporre un eccidio di massa in quelle che erano delle gallerie sotterranea abbandonate di via Ardeatina.

A condurre l’esecuzione sono stati i capitani Carl Schütz e Priebke, l’ordine era quello di uccidere un uomo al minuto, e non un secondo di più. Così fu fatto, dopo il rastrellamento e la prigionia, i condannati a morte furono condotti in via Ardeatina. Nessuno sapeva quale infausto destino era lì ad attenderli.

Dopo le 15e30 iniziarono le esecuzioni. I prigionieri, divisi a gruppi di cinque, vennero condotti all’interno delle gallerie. Un rapido controllo alla lista e un colpo di fucile. Poi, avanti il prossimo.

La vittima numero 336

355 è il numero della memoria. 355 è il numero delle persone uccise il 24 marzo 1944. 355 erano gli uomini che furono catturati dalle truppe tedesche e giustiziati. Eppure, nell’Eccidio delle Fosse Ardeatine c’era anche una donna, la vittima 336. Il suo nome era Fedele Rasa.

La sua storia è raccontata dal Mausoleo delle Fosse Ardeatine ed è emersa grazie alle ricerche storiografiche condotte dal cronista giudiziario e scrittore Cesare de Simone.

Di Fedele Rasa sappiamo era nata a Gaeta nel 1870 e che viveva nella vecchia Fabbrica d’armi di Breda adibita a campo per gli sfollati. La donna fu uccisa per sbaglio, però. Non era una partigiana o una prigioniera di guerra, non si trovava neanche sulla lista. Era lì, nel posto sbagliato al momento sbagliato, in Via Ardeatina per raccogliere la cicoria tra i campi e fu ferita a morte da un soldato tedesco.

Le altre facce della memoria

355 uomini e una donna, questo è il numero definitivo delle persone morte durante l’Eccidio delle Fosse Ardeatine. Le vittime, però, sono molte di più.

Sono le donne che sono rimaste a casa. Sono le madri, le mogli, le figlie e le sorelle degli uomini giustiziati, quelle alle quali è stato affidato l’onere e l’onore di ricordare.

Tra queste c’era Ada Pignotti, che ha perso il marito e altri tre familiari durante l’esecuzione. C’era anche Gabriella Polli, figlia di Domenico Polli, martire delle Fosse Ardeatine. E poi ancora Vera Simoni, la figlia del generale Simoni torturato a via Tasso e ucciso nell’eccidio.

Sono tanti i volti di una memoria mai dimenticata, quelle che hanno conservato, preservato, ricordato e vissuto sulla loro pelle e nell’anima il dolore, la sofferenza e la crudeltà di questi giorni di crimini e violenza, del massacro delle Fosse Ardeatine.

Fosse Ardeatine, Roma
Fonte: Getty Images
Fosse Ardeatine, Roma