Il Miglio Verde: la tragica storia che ha ispirato il capolavoro cinematografico

No, non è solo una storia commovente che ha tenuto incollate allo schermo migliaia di persone: dietro Il Miglio Verde, purtroppo, c'è una vicenda reale

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Redazione

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Nella storia del cinema, pochi film hanno lasciato il segno come Il Miglio Verde: il racconto portato sul grande schermo nel 1999 dal regista Frank Darabont è straziante e ha messaggi profondissimi su più livelli. Ciononostante non tutti sanno che in realtà è basato su una vicenda realmente accaduta.

La storia de Il Miglio verde

Per chi non ricorda la storia de Il Miglio Verde, ecco un piccolo ripasso. In primis, non si tratta soltanto di un film struggente che porta inevitabilmente a piangere: la pellicola, infatti, si basa sull’omonimo libro del maestro dell’horror Stephen King. La storia racconta di come, nel 1935, la guardia carceraria Paul Edgecombe (Tom Hanks) incontra John Coffey (Michael Clark Duncan), un afroamericano dalla mole imponente accusato di aver stuprato e ucciso due bimbe, figlie di un contadino.

Edgecombe conosce Coffey nel braccio della morte della prigione di Cold Mountain, rinominato Il Miglio Verde per via del colore del pavimento che portava alla sedia elettrica, verde, appunto. A dispetto della sua mole, Coffey sembra mite, generoso e a tratti infantile: chiede, per esempio, che la luce rimanga sempre accesa perché ha paura del buio. Ma non è tutto qui, perché in seguito a un avvenimento violento, Coffey dimostra di avere un potere paranormale, quello di guarire il male e il dolore delle persone.

Il Miglio Verde
Fonte: Getty Images
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Nello specifico, Coffey guarisce proprio Edgecombe che, da questo momento, cercherà di fare di tutto per capire qual è la verità, dato che ritiene impossibile che quel gigante buono possa essere colpevole. In effetti, Edgecombe scopre che il legale di Coffey è razzista e ha lasciato deliberatamente condannare l’uomo. Per cercare di scagionarlo, la guardia carceraria cercherà di fare di tutto, compreso portare fuori Coffey per fargli effettuare una guarigione miracolosa.

Coffey riesce nell’impresa e riesce, addirittura, a mostrare a Edgecombe come sono andate davvero le cose la notte dell’omicidio delle bambine: il colpevole non era lui, naturalmente, e quando è stato trovato stava solo cercando di salvarle, anche se era troppo tardi. Purtroppo, però, non esistono prove concrete per salvare Coffey dalla sedia elettrica, anche se l’uomo, involontariamente, farà a Edgecombe il dono della lunga vita.

George, il vero John Coffey

Dopo questo ripasso, passiamo dunque alla vera storia che ha ispirato Stephen King. Correvano gli anni Quaranta e, purtroppo, a essere vittima di una serie di sfortunati eventi è stato George Stinney Junior, un quattordicenne afroamericano. Il ragazzino fu accusato proprio di aver ucciso due bambine di 11 e 7 anni: Betty June Binnicker e Mary Emma Thames. Le bambine furono ritrovate dentro un fosso vicino al ghetto afroamericano di Alcolu, uccise a seguito di violente percosse con un’arma improvvisata.

Purtroppo, le bimbe furono viste per l’ultima volta in sella alla loro bici proprio nella proprietà degli Stinney e si erano rivolte a George e a sua sorella, Aime, per delle informazioni. Questo e la vicinanza del fosso alla proprietà degli Stinney fece subito puntare il dito contro George e addirittura un quotidiano del luogo riportò una presunta confessione, che in realtà non avvenne mai perché il quattordicenne continuò sempre a dichiararsi innocente.

Il Miglio Verde
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George e John: una storia di isolamento e dolore

Non solo George non venne creduto, proprio come accade ne Il Miglio Verde, ma esattamente come nel libro e nel film venne anche isolato, ghettizzato ed emarginato. Vittima di razzismo, venne abbandonato a sé stesso per 81 giorni senza poter vedere i genitori. Non gli fu neanche concesso un avvocato d’ufficio e il suo processo (cui sua madre e suo padre non furono ammessi) durò un solo giorno. Nel giro di due ore, venne condannato a morte per mezzo della sedia elettrica.

George venne poi giustiziato al Central Correctional Institution di Colombia il 16 giugno 1944. Camminò lungo il suo personale miglio verde con una Bibbia sotto braccio, Bibbia sulla quale si sedette per raggiungere l’altezza necessaria per l’esecuzione. Ancora oggi, il caso Stimney viene usato per ricordare le condanne crudeli agli afroamericani in quegli anni.