Forza di gravità, buchi neri, materia oscura, stelle doppie, Superluna, costellazioni spettacolari, questa è la magia del nostro universo spiegata al Festival di Astronomia che si svolge dal 10 al 12 giugno a Castellaro Lagusello, in provincia di Mantova, considerato uno dei borghi più belli d’Italia.
Il tema di quest’anno è “L’universo attraente”. Tre giornate dedicate alla scienza e all’astronomia organizzate dall’Istituto Nazionale di Astrofisica e dal Comune di Monzambano, e sponsorizzate da Negroni, durante le quali vengono ospitate mostre, laboratori, conferenze e spettacoli. La stella di apertura è Margherita Hack, simbolo del lavoro femminile nella scienza, cui è dedicata la prima lezione.
Abbiamo chiesto ad Anita Zanella, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e organizzatrice del Festival di Astronomia, insieme a Federico Di Giacomo e Rachele Toniolo, di guidarci tra le stelle e di raccontarci le meraviglie che possiamo vedere nel cielo d’estate. Ma ci spiega anche quali sono le opportunità per le donne che vogliono intraprendere di astronome o astronaute, come Samantha Cristoforetti.
Il titolo di quest’anno del Festival di Astronomia è “L’universo attraente”: ci spiega perché lo è?
Il tema del Festival di quest’anno è l’attrazione gravitazionale, ossia la forza gravitazionale, per questo “l’universo attraente”. Ovviamente c’è poi anche il gioco di parole dove attraente sta per entusiasmante e affascinante, quindi da un lato abbiamo l’attrazione gravitazionale, dall’altro l’attrazione emotiva.
All’interno del programma del Festival, è prevista una conferenza dedicata a Margherita Hack: quale eredità ha lasciato la grande astronoma?
Di sicuro ha lasciato una doppia eredità, quella legata alla ricerca e quella legata alla divulgazione. Margherita Hack si è occupata in particolare dello studio chimico delle stelle, ma ha anche fatto moltissima divulgazione contribuendo a far conoscere l’astronomia al grande pubblico. Anche per questo vogliamo ricordarla in un festival astronomico dove dei ricercatori divulgano ciò che fanno, per cui uniscono ricerca e divulgazione. In questo senso Margherita Hack sarà la stella di apertura.
Abbiamo parlato di Margherita Hack, ma oggi c’è anche un altro astro che brilla nello spazio, penso a Samantha Cristoforetti
Certo, Samantha Cristoforetti è stata una delle prime astronaute donne italiane. Per questo è diventata un simbolo, lei sta aprendo la strada alle donne nello spazio. Tra l’altro anche lei, come Margherita Hack, svolge un’importante azione di comunicazione, per cui anche in questo ruolo è un modello femminile di rilievo.
Quale percorso suggerirebbe a una ragazze che volesse intraprendere la carriera nell’ambito dell’astronomia?
Potrei illustrare quello che è stato il mio. Ho studiato al liceo classico, però allo stesso tempo ero molto incuriosita dalla fisica e dall’astronomia. Mi sono quindi laureata in astronomia all’Università di Padova. Poi da lì ho cominciato a viaggiare: ho fatto la tesi magistrale negli Stati Uniti, il dottorato di ricerca a Parigi e un post dottorato, quindi un periodo di ricerca professionale, all’European Southern Observatory, che è tra gli altri ha patrocinato il Festival di Astronomia. Qui ho lavorato tra Monaco di Baviera e il deserto di Atacama in Cile dove ho fatto delle osservazioni celesti con i più grandi telescopi europei. Da due anni sono ricercatrice permanente all’Istituto Nazionale di Astrofisica. In particolare, mi occupo di formazione ed evoluzione di galassie, studio la formazione delle stelle nelle galassie primordiali, all’origine dell’universo, circa 10 miliardi di anni fa. Dunque, come per corso di studi direi: laurea in astronomia e lavoro di ricerca in istituti italiani ed esteri.
Nel mondo scientifico il percorso di una ricercatrice è più complesso di quello di un ricercatore?
È un argomento di cui si parla molto. Sicuramente il numero di ricercatrici donne è inferiore rispetto a quello degli uomini, soprattutto ai livelli alti di carriera. Mentre in quelli base le percentuali cominciano ad essere più equilibrate. Si sta cercando di incoraggiare la presenza femminile, di valorizzarla, di avere quote rosa. Gli effetti di queste operazioni cominciano a vedersi, per cui non ci resta che sperare che con gli anni la situazione migliori.
Durante il Festival verranno compiute osservazioni guidate del cielo: quali stelle e costellazioni possiamo ammirare in estate dall’Italia?
Partendo dalla coda dell’Orsa Maggiore, possiamo arrivare ad Arturo che è una delle stelle più luminose dell’estate e fa parte della costellazione del Boote. Invece, partendo dalla testa dell’Orsa, possiamo raggiungere la Stella Polare che utilizziamo come riferimento per raggiungere il punto cardinale Nord. Sopra la nostra testa troviamo la costellazione di Ercole all’interno della quale c’è un ammasso stellare. Altre tre stelle importanti del cielo estivo sono Vega, che fa parte della costellazione della Lira, Deneb che fa parte della costellazione del Cigno, e Altair, che fa parte della costellazione dell’Aquila, è il suo occhio. Le tre stelle collegate fanno parte del cosiddetto Triangolo estivo che non è una costellazione, ma è un punto di riferimento del cielo estivo.
Va segnalata anche Albireo che è l’occhio del Cigno ed è una stella spettacolare perché in realtà sono due, una blu elettrico e l’altra giallo oro, ma è visibile solo al telescopio.
A proposito di cielo estivo, perché si vedono le stelle cadenti proprio nella notte di San Lorenzo (10 agosto)?
Le stelle cadenti sono esattamente degli sciami di meteoriti che impattano sull’atmosfera terreste e a causa della frizione coi gas che compongono l’atmosfera, si incendiano, per cui ci appaiono come un fuoco, una scia luminosa. In particolare, in quel periodo dell’anno, a San Lorenzo, la Terra passa in una zona di cielo dove ci sono molti di questi sciami. Sottolineiamo che sono innocui.
Ci sono altri fenomeni celesti speciali che possiamo osservare prossimamente?
Già nei giorni del Festival ci sarà una Superluna, ossia è possibile osservare la Luna con dimensioni maggiori rispetto al solito. Il 13 luglio assisteremo alla Superluna più grande dell’anno, ci sarà anche una diretta dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.
Perché all’interno del Festival di Astronomia parlate di Intestellar [film di Christopher Nolan del 2014, con Matthew McConaughey ndr]?
Perché è uno dei film che il pubblico conosce ed è stato realizzato partendo da uno studio che hai coinvolto anche Kip Thorne che ha ricevuto il Nobel per le scoperte sulle onde gravitazionali nel 2017. Interstellar è il frutto di quell’unione di ricerca e divulgazione di cui parlavamo prima. Tra l’altro il film è fortemente legato al tema della gravità cui è dedicato quest’anno il Festival.
Sulla gravità sappiamo già tutto o c’è ancora da scoprire qualcosa?
C’è ancora tanto da scoprire e per questo abbiamo scelto questo tema. In particolare, la conferenza di domenica 12 giugno, tenuta da Federico Lelli che è un ricercatore noto a livello internazionale, affronta il grande dibattito che c’è attualmente sulla gravità, confrontando il modello di riferimento con le molte teorie alternative. Il modello di riferimento, che si chiama Lambda CDM, ossia Cold Dark Matter, la materia oscura fredda, non può spiegare tutti i fenomeni che osserviamo nel cielo e per questo motivo stanno nascendo teorie alternative non ancora confermate.
La gravità ha a che fare con la materia oscura?
Sì, il modello di riferimento prevede l’esistenza della materia oscura che però ancora non è stata osservata e rimane un indizio teorico senza una prova sperimentale osservativa. Perciò, una parte della comunità astronomica ha cominciato a pensare che forse non esiste e bisogna trovare teorie alternative. Quindi quello che osserviamo potrebbe non essere spiegato da particelle di materia oscura, ma da un’accelerazione gravitazionale che cambia a seconda della posizione dell’universo in cui ci troviamo. Questa ipotesi si chiama Mond.
Anche i buchi neri, di cui è stata realizzata recentemente la prima foto, sono legati alla gravità?
Certo, nel senso che i buchi neri sono dei punti dello spazio-tempo con densità che definiamo infinita, per cui nulla può scappare da un buco nero. La gravità è così forte che non gli sfugge nemmeno la luce. Perciò, li chiamiamo buchi neri, perché non sono osservabili attraverso le onde elettromagnetiche, ovvero la luce. Come facciamo a scoprire la presenza di un buco nero? Grazie proprio alla attrazione gravitazionale che esercita sulle stelle che gli stanno attorno. Questo è oggetto di uno dei laboratori interattivi presentati al Festival.