“Semplificare il linguaggio funziona. L’Intelligenza Artificiale? Solo uno strumento”

Valentina Di Michele ha organizzato DiParola, il primo festival dedicato al valore del linguaggio e ci spiega come rendere chiara e inclusiva la comunicazione

Foto di Federica Cislaghi

Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Il limiti del linguaggio sono i limiti del mio mondo” scriveva Ludwig Wittegenstein, uno dei più importanti filosofi del Novecento. Il linguaggio è ciò che ci caratterizzi e che definisce le nostre esistenze e il rapporto che costruiamo con gli altri. Se non ci capiamo, non possiamo andare avanti.

Da qui l’importanza di un linguaggio sempre più chiaro e comprensibile per tutti. Ed è proprio con questo obiettivo che è nato di DiParola festival: il primo evento gratuito dedicato al valore del linguaggio chiaro, inclusivo e accessibile. L’evento si tiene online, dal 21 al 22 settembre, e si rivolge a un pubblico eterogeneo, ampio e multi settoriale. Il programma spazia tra diverse tematiche, promuovendo l’importanza della comunicazione in più contesti: tecnologico, della pubblica amministrazione, del mondo del lavoro, medico, legale, energetico ed economico.

Il tema di quest’anno è la chiarezza: parlare chiaro significa permettere a tutti di comprendere le parole di molti settori complessi. La comunicazione chiara è inclusiva e accessibile quando aiuta a capire le informazioni che consentono di prendere decisioni, fare valutazioni o compiere azioni in ogni aspetto della vita.

A organizzarlo è Valentina Di Michele, esperta di comunicazione che si occupa di facilitazione del linguaggio della tecnologia. Founder di Officina Microtesti, unico studio italiano di contenuti usabili, accessibili e inclusivi per siti, app e software che collabora con grandi aziende, start-up, PA centrale, a noi ha spiegato come è possibile rende il linguaggio e la comunicazione chiara e accessibile a tutti e dove la semplificazione non solo è possibile ma auspicabile.

Valentina Di Michele
Fonte: Ufficio stampa
Valentina Di Michele

Semplificare la comunicazione perché è sempre più necessario?
Viviamo in una società complessa che ogni giorno affronta sfide complesse, in ogni aspetto della vita. Opporsi a una multa ingiusta, richiedere un documento, oppure usare un software al lavoro: capire la realtà è un diritto, ma spesso ci viene negato.
Illustrare con maggiore chiarezza la complessità significa permettere alle persone di prendere decisioni più informate e consapevoli, quindi migliori. Semplificare non significa però generare pensieri o idee banali. Pensiamo a Piero Angela: un grandissimo divulgatore che ci ha accompagnato verso la conoscenza, partendo dalle basi.

Quali sono le principali tecniche che possiamo adottare per rendere chiara la comunicazione? Ci può fare qualche esempio concreto?
Parlare chiaro significa prima di tutto avere chiaro l’obiettivo di quello che vogliamo dire. Capita spesso di trovarci davanti a discorsi o testi sconclusionati perché manca un criterio logico, un’organizzazione delle informazioni.
Un esempio concreto è il messaggio apparso sul sito di INPS che comunicava che il sito era in “down”, cioè non raggiungibile: “Al fine di consentire una migliore e più efficace canalizzazione delle richieste di servizio, il sito è temporaneamente non disponibile”. Oltre al linguaggio astruso c’è un problema di ordine: cosa vogliamo dire? Se dobbiamo comunicare soltanto che il sito ha dei problemi, non c’è bisogno di creare una frase così complessa.
Un’altra tecnica utile è ascoltare come parlano i nostri interlocutori. Molte volte i medici usano termini che non capiamo: come risultato, corriamo a cercarli su Google. La buona medicina non si fa però su Google. A volte basterebbe spiegare meglio una diagnosi, ci aiuterebbe a non temere le parole che suonano spaventose (e magari non lo sono).

Cosa ne pensa dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale per la semplificazione dei testi?
È un tema molto interessante. Per esempio, ne parla Michele Cortelazzo, linguista e grande esperto di semplificazione del linguaggio amministrativo (sarà presente al Festival DiParola proprio con questo tema!). L’intelligenza artificiale è uno strumento: non può ragionare per noi ma può aiutarci nelle attività più meccaniche. Se le assegniamo questo compito velocizza il nostro lavoro. Non può però pensare, progettare, verificare al posto nostro. Come esseri umani siamo ancora in vantaggio su questi aspetti.

In quali ambiti si sente maggiormente l’esigenza di semplificazione?
Credo che gli ambiti che hanno bisogno di una “revisione” in chiave di semplificazione sono quelli della vita quotidiana. Penso alla burocrazia, spesso incomprensibile, alla medicina, al linguaggio del diritto e alla tecnologia. La semplificazione funziona dove i “meccanismi di funzionamento” sono tortuosi e hanno bisogno di un linguaggio alla portata di tutti, o dove ci sono dei gerghi di settore ingarbugliati. Non si applica ovviamente all’arte o alla letteratura: Dante è complesso, ha bisogno del dizionario per essere capito, ma quella ricchezza lessicale è la nostra ricchezza e non si può e non si deve cancellare.

Se non si usano i “giusti” termini non si corre il rischio di comunicare un messaggio non preciso?
Sicuramente è un rischio, ma possiamo evitarlo con qualche accorgimento. A volte un termine giusto non è abbastanza noto o diffuso, allora va spiegato. Questo non significa dimenticarlo o smettere di usarlo. Dalla recente pandemia abbiamo imparato termini nuovi: quando sono stati illustrati in modo chiaro li abbiamo capiti e li abbiamo introdotti nel nostro vocabolario.
La precisione richiede parole specialistiche, e le parole specialistiche a volte sono complicate. La precisione però è egalitaria: nulla ci impedisce di spiegare la complessità, di portarla a un pubblico ampio e di renderla più accessibile. Arriverà poi il momento in cui la spiegazione non servirà più ma avremo nuovi termini che ci aiutano a capire la realtà.

DiParola Festival linguaggio
Fonte: Ufficio stampa - DiParola Festival
DiParola Festival

Come i social e Internet hanno cambiato il nostro modo di comunicare?
I social e Internet sono un enorme amplificatore di quello che succede nelle nostre vita. Hanno avuto il merito di divulgare e far conoscere mondi che non conoscevamo, di dare uno spazio democratico a persone che dal loro canale hanno raccontato storie che non avremmo mai potuto ascoltare. Purtroppo queste opportunità sono state colte anche da voci che seminano odio, false notizie, allarmismi ingiustificati e complottismi di ogni genere. E che spesso lo fanno usando un linguaggio alla portata di tutti e hanno per questo una grande diffusione. Possiamo però difenderci: imparando a comunicare meglio. Solo così, usando un linguaggio che ci rende uguali, avremo la possibilità di vincere contro la disinformazione e di far crescere la cultura generale delle persone.

Wittgenstein diceva che il linguaggio è vago ma va bene così com’è: concorda?
È impossibile non amare Wittgenstein. Ci dice: il linguaggio ha dei limiti, non riesce sempre a permeare l’essenza delle cose: non può raccontare con realismo un odore, o un suono. I limiti del linguaggio sono però i limiti stessi della nostra natura umana. Eppure, il linguaggio ci ha permesso di evolverci, di creare civiltà, di scambiare continuamente le informazioni che ci fanno vivere. In questo senso sì, con i suoi limiti va bene così com’è.