Femminicidi: quando la smetterete di dire che è colpa nostra?

Sette donne sono state uccise. Non si può, e non si deve, andare a cercare una qualche giustificazione o spiegazione per un atto del genere.

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Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Il 16 settembre durante la trasmissione Lo Sportello di Forum, la giornalista Barbara Palombelli presenta il caso della puntata, un litigio tra moglie e marito. Recita così: “Come sapete, negli ultimi sette giorni ci sono stati sette delitti, sette donne uccise presumibilmente da sette uomini. A volte è lecito domandarsi se questi uomini erano completamente fuori di testa oppure c’è stato un comportamento esasperante, aggressivo anche dall’altra parte? È una domanda, dobbiamo farcela per forza perché in questa sede, in un tribunale, dobbiamo esaminare tutte le ipotesi”.

Lo confesso ieri sera non ero riuscita a vedere il video incriminato, per cui stamani, dopo aver trovato il mio Direct intasato di segnalazioni da parte di amiche e colleghe l’ho recuperato, rimanendo sconcertata. Pensavo che le persone indignate avessero esagerato, o che magari le parole della giornalista Mediaset fossero state fraintese, ed invece quelle parole erano avvero state dette, e, direi con l’aggravante che a pronunciarle fosse una donna, per giunta molto intelligente ed istruita. Sono convinta della buona fede di quest’ultima, non mi è mai nemmeno passato per l’anticamera del cervello che quelle esternazioni fossero frutto di una misoginia intrinseca, però la sottolineatura di certe presunte ipotesi che, in qualche modo, andrebbero a scagionare gli omicidi fanno accapponare la pelle.

Come si fa ad introdurre un litigio tra coniugi e andare a pescare nell’attualità ricordando che negli ultimi giorni ci sono stati “sette delitti di donne PRESUMIBILMENTE uccise da sette uomini? Qua non si sta parlando di presunzione, qua si stanno omettendo dei dati di fatto, la presunzione di innocenza è valida nei tribunali fino al momento della sentenza, questo è vero, ma sarebbe bastato fare una rassegna stampa per leggere la ricostruzione degli accadimenti. E soprattutto questi omicidi hanno un nome ben preciso, si chiamano femminicidi, e non a caso, perché sono degli assassini brutali compiuti ai danni di donne, la cui colpa è sempre e solo quella di aver deciso di troncare una relazione, magari dopo aver subito abusi, magari dopo essere state picchiate, magari dopo aver subito vessazioni psicologiche, o anche più banalmente, perché non più innamorate.
L’ultima ragazza ammazzata in ordine di tempo si chiamava Alessandra Zorzin, aveva 21 anni, una figlia di due, e faceva la parrucchiera, è stata uccisa da Marco Turrin, con un colpo di pistola in pieno volto. Quest’ultimo poi, dopo essere scappato dall’abitazione ed aver girovagato per la città, una volta capito di non avere più scampo si è suicidato. Il Turrin era una guardia giurata e da quello che si è potuto capire aveva una relazione con la ragazza, almeno secondo la testimonianza del padre dell’omicida, che ci tiene a far sapere che “era un bravo ragazzo, non era particolarmente nervoso la mattina che era uscito”, mentre i vicini sottolineano la riservatezza della famiglia ma chiosando con il più grande dei cliché “salutava sempre”.
Sono andata leggermi i commenti sotto agli articoli della varie testate giornalistiche sui social, e sono rimasta angosciata dagli strali lanciati contro la vittima, uno fra tutti è a dir poco aberrante “la Zorzin non era una santa, aveva un amante, il Turrin andava da lei quando non c’era il marito, si fosse comportata per bene questo non sarebbe successo” scritto da un uomo naturalmente, cercando di spostare l’attenzione dalla gravità del fatto e dando in parte la colpa alla persona cui la vita è stata tolta, tralasciando un piccolo grande particolare: anche l’omicida aveva una moglie a casa, ma questo fatto non viene quasi menzionato, perché, a quanto pare, anche nell’infedeltà all’uomo è concesso tradire, ma alla donna no, sottolineando una disparità di genere anche nel compiere azioni sbagliate. Queste esternazioni fanno il pari con quelle che, negli stupri, sottolineano che magari la stuprata avesse la minigonna, come se, in qualche modo, un abbigliamento che esalti la femminilità e le curve, possa essere considerato un lasciapassare per un abuso sessuale. E allora ci troviamo costrette a ripeterlo, e lo faremo all’infinito, se necessario, nessun abito giustifica uno stupro, nessun litigio giustifica le botte, nessuna offesa o torto subito giustifica un omicidio.

Sette donne, solo in questa settimana, non potranno tornare all’affetto dei propri cari, non potranno più vedere un tramonto, correre sulla spiaggia, baciare i propri figli, o, semplicemente, vivere la loro vita, perché la loro esistenza è stata brutalmente spezzata per mano di uomini che le consideravano alla stregua di una loro proprietà, e non si può, e nemmeno si deve, andare a cercare una qualche giustificazione o spiegazione per un atto del genere, non ci si può chiedere durante un programma tv “se questi uomini erano completamente fuori di testa oppure c’è stato un comportamento esasperante, aggressivo anche dall’altra parte” perché la risposta non sarà mai “interessante” ai fini della storia.

Quando una donna muore ammazzata per mano di chi diceva di amarla non esistono i perché ed i per come, esistono solo i fatti, esiste solo la dura e triste realtà, quella di una vita interrotta per sempre. La domanda corretta da farsi non è quella di cercare un’esegesi sulla morte, ma è quella di chiedersi perché gli uomini continuino ad uccidere e ad uscire dopo pochi anni dal delitto, la domanda che tutti si dovrebbero fare è perché uno stalker ripetutamente segnalato non possa essere fermato prima che commetta un delitto, è perché le donne vengano invitate a non denunciare abusi, è perché nel 2021 si cerchi di spezzare una lancia a favore di chi uccide, e non si cerchi di tutelare maggiormente le vittime e i loro familiari. Ed esiste un’unica interpretazione corretta di fronte ad un femminicidio: quando la smetterete di dire che è colpa nostra?