Cléo de Mérode: c’era una volta la Belle Époque

Bella, elegante e spregiudicata: Cléo de Mérode è stata il simbolo della Belle Époque dettando regole di stile che sono rimaste eterne

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Redazione

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Ricca di sfaccettature, l’arte è in grado di lasciare il segno in ogni periodo storico e se c’è un’epoca in cui gli artisti hanno dato il meglio di sé è proprio la Belle Époque. Proprio in questo periodo storico, accanto alla pittura e alla scultura, fa la sua prima apparizione l’innovativo cinema dei fratelli Lumière.

La Belle Époque, però, non è solo innovazione artistica, ma anche e soprattutto eleganza ed è proprio Cléo de Mérode a incarnare la vera essenza del periodo. Ballerina e musa di numerosi artisti, con la sua bellezza, grazia e sensualità, mista a una buona dose di spregiudicatezza, è diventata una delle donne più chiacchierate della società parigina. Nessuno è riuscito a resistere al suo fascino tanto da ergerla a vera e propria icona di stile.

Fama, successo e pettegolezzi

Che nel destino di Cléo ci fosse quello di essere al centro dei pettegolezzi, si può capire fin dalle sue origini. Cleopatra Diane de Mérode (questo il suo nome all’anagrafe) nasce nel 1875 dalla relazione clandestina tra la baronessa austriaca Vincentia de Mérode, dama di compagnia dell’imperatrice Elisabetta, e l’avvocato austriaco Theodor Christomannos che pur non riconoscendola, provvede al suo mantenimento.

La grazia e l’eleganza fanno parte del suo essere e cerca subito di incanalarle nel ballo: a 8 anni inizia a studiare danza classica e a 11 anni debutta all’Opéra di Parigi. Se le sue doti di ballerina non sono eccelse, la sua bellezza unica la rende il modello a cui le donne si ispirano: lo chignon con cui copre lateralmente le orecchie diventa infatti una delle acconciature più amate e copiate della Belle Époque.

Cléo de Mérode, in poco tempo ottiene successo e fama, ma i pettegolezzi sul suo conto non si placano. Nei salotti borghesi parigini la ballerina dà scandalo per la sua relazione con Leopoldo II sovrano del Belgio. Il sessantunenne sposato e con quattro figli si innamora della ventunenne durante un’esibizione a teatro. Nel corso della loro relazione, i due vengono derisi attraverso vignette satiriche, fino ad arrivare a coniare il termine “Cleopoldo”.

La società parigina, però, si scandalizza anche per la convinzione che Cléo abbia posato nuda, nel 1896, per lo scultore Alexandre Falguiere autore de “La danseuse”. Cléo smentisce le “malelingue” sostenendo di aver solo prestato il volto alla statua, ma il silenzio dell’artista e la smentita della donna, non placano affatto i pettegolezzi.

L’intelligenza di sfidare le convenzioni

Suo malgrado, da sempre al centro dell’attenzione, Cléo riesce a dimostrare una grande intelligenza perché sfrutta la bellezza a suo vantaggio e sfida le convinzioni dell’epoca dimostrandosi estremamente moderna. All’apice della sua carriera, nonostante sia una ballerina di danza classica, decide di esibirsi a le Folies Bergère riscuotendo un grande successo e diventando la musa di diversi artisti. Toulouse Lautrec la rende protagonista di uno dei suoi manifesti e Gustav Klimt con il quale, secondo i soliti “gossip” dell’epoca, intrattiene una relazione, la immortala nel quadro “Danae”.

Vittima di dicerie di ogni tipo, le vengono attribuite numerose relazioni, ma in realtà le storie importanti sono soltanto due, con Leopoldo II e con lo scultore Luis de Perinat: ma si sa, il pregiudizio è duro a morire. A cadere in questa rete è stata anche Simone de Beauvoir, che nel libro “Il secondo sesso” l’ha definita cocotte, descriverla al pari di una prostituta. Anche se la cifra di Cleò è stata sempre quella di non curarsi delle malelingue, in questo caso la misura non poteva che essere colma, tanto da spingerla a fare causa alla scrittrice, vincendola.

Venerata, amata e in un certo senso invidiata per la sua bellezza ed eleganza, Cléo de Mérode è stata la donna che è riuscita ad esprimere al meglio tutta l’innovazione della Belle Époque.