Storia di Alfonsina Strada, la prima ciclista donna italiana

È stata la conquistatrice della strada, e della sua libertà. La pioniera delle due ruote, il diavolo in gonnella. È stata la prima donna a gareggiare nel Giro d'Italia

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Nonostante il cognome acquisito solo dopo essersi coniugata, è impossibile non pensare a quel riferimento così eloquente, nonché preludio al suo destino: quello di vivere, correre e conquistare la strada, con la sua bici. Perché Alfonsina Strada è stata anche questo, una conquistatrice, la pioniera delle due ruote, un “diavolo in gonnella” come la definivano gli altri per quella capacità di sfrecciare con la sua bicicletta e di andare controcorrente, sempre e comunque, anche quando il resto del mondo non approvava le sue scelte.

Alfonsina Strada, biografia di una donna tra gli uomini

Nata Alfonsa Rosa Maria Morini a Castelfranco Emilia nel 1891, il nostro diavolo in gonnella, è la seconda dei dieci figli di Carlo Morini e Virginia Marchesini, una coppia di braccianti agricoli impegnati nelle campagne emiliane. La sua infanzia è semplice e modesta ma tutto si appresta a cambiare quando, all’età di dieci anni, riceve in dono dal papà la sua prima bicicletta.

Non un modello costosissimo e di lusso, ma uno al limite della rottamazione. Ma a lei basta quello per imparare a pedalare e per sviluppare quella intensa passione che l’accompagnerà per il resto dei suoi giorni. Per lei è amore a prima vista, e non si tratta di un colpo di fulmine destinato a finire, ma di un fuoco ardente che crescerà sempre di più.

Con la bicicletta Alfonsina non impara solo a pedalare, ma anche a respirare la libertà. Utilizza quel mezzo di trasporto per allontanarsi dalla campagna in cui vive, e che non le piace, per conoscere le realtà circostanti. Si iscrive anche ad alcune gare locali, ma per farlo si finge uomo, dato che il ciclismo non è una cosa per donne.

A sedici anni raggiunge Torino. È il 1907 e la città è molto più dinamica e liberale delle campagne emiliane nelle quali Alfonsina è cresciuta. Qui gareggia in diverse competizioni e, nel 1909, ottiene una medaglia dallo zar Nicola II a seguito della partecipazione al Gran Prix a San Pietroburgo. Nel 1911, invece, stabilisce il record mondiale di velocità femminile a Moncalieri.

Insomma, la ragazza è veloce, sfreccia sulle strade e a Castelfranco, per tutti, è diventata ufficialmente il diavolo in gonnella. Ma i successi non affascinano la famiglia che continua a osteggiarla immaginando per lei un futuro diverso. È la madre a insistere affinché la ragazza rinunci ai sui sogni ciclistici per mettere su famiglia, il rischio di rimanere sola per tutta la vita era qualcosa che non può essere contemplato in quei tempi.

E così Alfonsina lo fa. A 24 anni, nel 1915, sposa Luigi Strada, meccanico e cesellatore, e si trasferisce a Milano con lui. Ma a differenza di quello che forse la famiglia auspica, l’uomo non la ostacola e, anzi, diventa il suo primo sostenitore. E come regalo di nozze porta in dono alla moglie una bicicletta da corsa nuova, adatta a gareggiare.

La prima donna al Giro d’Italia

Una volta arrivata a Milano, Alfonsina comincia ad allenarsi molto seriamente fino a quanto si iscrive al Giro di Lombardia. L’iscrizione viene accettata anche se, tra tutti gli uomini, l’unica donna è lei. Arriva poi il 1924 e Alfonsina decide di iscriversi al Giro d’Italia: è la prima donna in assoluto a farlo.

Non tutti sono d’accordo però con la presenza di una donna a quella che è la competizione ciclistica più importante d’Italia. Alcuni credono che il fatto che Alfonsina gareggi, possa far perdere di credibilità la manifestazione.

Pochi giorni prima dell’inizio della gara, la Gazzetta dello Sport pubblica l’elenco dei partecipanti e, in quello, configura un tale Alfonsin Strada. Si trattava di un refuso o di una volontà ben precisa?

Ad Alfonsina non importa. Parte e compie regolarmente le prime quattro tappe dimostrando forza, tenacia e resistenza. Ma nella tappa L’Aquila-Perugia arriva fuori tempo massimo. C’è chi per questo vuole estrometterla dalla gara, chi invece vuole che la donna prosegua. I sostenitori, fuori, sono tanti: il pubblico la acclama, la sostiene e la celebra.

Così le viene concesso di proseguire la corsa, ma non è più in gara. Alla fine di quel Giro, che si conclude con la vittoria di Giuseppe Enrici, Alfonsina arriva a Milano dopo aver compiuto tutte le tappe. Il successo è tanto, eppure non basta per farla partecipare di nuovo al Giro d’Italia. I suoi tentativi di iscrizione, negli anni a seguire, saranno tutti fallimentari.

La fine della carriera

Ma Alfonsina, che del ciclismo ormai ne aveva fatto una ragione di vita, continua a gareggiare. Il 16 settembre del 1934 partecipa al primo campionato del mondo femminile, anche se non ufficiale, guadagnandosi il quindicesimo posto. Nel 1938, invece, conquista il record femminile dell’ora a Longchamp. Negli anni successivi sceglierà di abbandonare lo sport agonistico, ma mai la sua grande passione per la bicicletta.

Il 9 dicembre del 1950, dopo essere rimasta vedova, si risposa con Carlo Messori, un ex ciclista. È con lui che si dedica alla sua passione più grande aprendo a Milano, in via Varesina, un negozio di biciclette con annessa una piccola officina per le riparazioni. Per andare a lavoro, Alfonsina utilizza la sua bicicletta di sempre e tutti la riconoscono.

Rimasta di nuovo vedova, nel 1957, decide di dedicarsi a un’altra passione, sempre su due ruote. Così acquista una moto Guzzi 500 di colore rosso. E sarà proprio a bordo di quella moto che perderà la vita il 13 settembre del 1959, all’età di 68 anni, a causa di un incidente stradale.

Il diavolo il gonnella oggi riposa al cimitero di Cusano Milanino. Sulla sua lapide, a ricordarla e celebrarla, c’è una fotografia che la ritrae orgogliosa e maestosa insieme alla sua bicicletta. Il suo ricordo è rimasto vivido nella cultura di massa attraverso il racconto Storia della corridora e del suo innamorato di Gianni Gelati e di Alfonsina Strada – Il romanzo dell’unica donna che ha corso il Giro d’Italia assieme agli uomini di Paolo Facchinetti e, ancora, nel Quaderno Rosa di Stefano Massini. Ma anche in quella celebre canzone scritta negli anni ’50 da Giovanni D’Avanzi e Marcello Marchesi, Bellezza in bicicletta, ispirata proprio alle gesta di Alfonsina Strada.

Ma dove vai bellezza in bicicletta,
così di fretta pedalando con ardor?
Le gambe snelle tornite e belle
m’hanno già messo la passione dentro al cuor!