Ecco perché se togli i carbo ti senti triste (e annebbiato)

La spiegazione scientifica di quella brutta sensazione che forse hai provato in cheto, perché succede e come evitare che ansia e depressione mandino a monte la dieta

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Gaia Masiero

Editor specializzata in Alimentazione & Benessere

Digital Content Specialist, è autrice di articoli su alimentazione e benessere per i quali si avvale del supporto di nutrizionisti e dietisti.

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Quante volte capita di pensare: Da domani basta pasta e pane, così dimagrisco più in fretta? È un pensiero comune a molti, soprattutto quando si cerca una scorciatoia veloce per rimettersi in forma. I carboidrati finiscono subito nel mirino: troppo associati all’idea di ingrassare, troppo facili da eliminare con un gesto netto. Il problema è che la teoria sembra perfetta, ma la pratica racconta un’altra storia. Dopo qualche giorno senza riso, pizza o una fetta di pane caldo, arriva il contraccolpo: l’energia scende, la concentrazione vacilla e l’umore cambia. Ci si sente nervosi per piccole cose, tristi senza un motivo preciso, a volte persino apatici. Non è solo fame o voglia di comfort food: il corpo e il cervello stanno reagendo a un cambiamento profondo nella dieta. Perché i carboidrati non servono solo a saziarci: sono il carburante principale del cervello e un tassello fondamentale per la produzione di serotonina, la sostanza che ci aiuta a sentirci sereni e di buon umore. Quando vengono eliminati del tutto, il sistema entra in squilibrio: meno energia, meno stabilità emotiva, più nervosismo. Ma perché succede questa cosa? E come possiamo evitarla?

Carboidrati e cervello: il legame con la serotonina

Quando parliamo di carboidrati, non ci riferiamo solo alla pasta o al pane, ma a una categoria di nutrienti che rappresenta la principale fonte di energia per il corpo umano. Il cervello, in particolare, utilizza il glucosio, derivato dai carboidrati, come carburante privilegiato. Senza di esso, molte funzioni cognitive rallentano, dalla memoria alla capacità di concentrazione.

C’è però un altro aspetto spesso trascurato: i carboidrati sono coinvolti nella produzione della serotonina, il cosiddetto ormone della felicità. Studi condotti già negli anni ’90 (Wurtman & Wurtman, 1995) hanno dimostrato che l’assunzione di carboidrati stimola la disponibilità di triptofano, un amminoacido essenziale che il cervello utilizza per produrre serotonina. Più serotonina significa migliore regolazione dell’umore, sonno di qualità e minore sensazione di stress. Non sorprende, quindi, che eliminare i carboidrati possa tradursi in una carenza di serotonina e in un peggioramento del tono dell’umore. Secondo il National Institutes of Health (NIH), diete troppo povere di carboidrati sono associate a un aumento dei sintomi depressivi e ansiosi, soprattutto nel medio-lungo periodo.

Cosa succede quando li elimini completamente

Ma cosa succede quindi quando togliamo al cervello il suo carburante preferito? Ecco cosa aspettarsi, al di là delle reazioni soggettive.

Calo energetico e irritabilità

Il primo effetto di una dieta senza carboidrati è un calo drastico di energia. Il cervello, che consuma circa il 20% dell’energia totale del corpo, si ritrova improvvisamente a corto del suo carburante preferito. Questo porta a una sensazione di stanchezza mentale, difficoltà di concentrazione e, in molti casi, irritabilità. Non a caso, chi intraprende una dieta low-carb parla spesso di brain fog, la famosa nebbia mentale che rende più difficile affrontare la giornata. Il corpo, in assenza di carboidrati, cerca fonti alternative di energia, come i grassi (attraverso la produzione di corpi chetonici). Questo adattamento richiede tempo e non è sempre efficace per tutti: alcuni si adattano bene, altri manifestano sintomi persistenti di affaticamento e malumore.

Effetti sull’umore

Sul fronte emotivo, eliminare i carboidrati significa ridurre i picchi di serotonina e di dopamina. Questi neurotrasmettitori regolano non solo la felicità e la motivazione, ma anche la capacità di gestire lo stress. È per questo che chi segue diete estreme può sperimentare ansia, insonnia, nervosismo e sbalzi d’umore. Un’analisi pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition ha evidenziato che le persone che seguono diete a basso contenuto di carboidrati mostrano livelli più alti di sintomi depressivi rispetto a chi segue regimi alimentari bilanciati. Questo non significa che ogni riduzione di carboidrati porti automaticamente alla depressione, ma sottolinea l’importanza di un equilibrio.

Carboidrati buoni vs cattivi: non sono tutti uguali

Una delle ragioni per cui i carboidrati hanno una cattiva reputazione è che spesso vengono messi tutti nello stesso calderone. In realtà esistono carboidrati complessi e carboidrati semplici, con effetti molto diversi sul corpo e sulla mente.

  • I carboidrati semplici (zuccheri raffinati, dolci industriali, bibite zuccherate) provocano picchi glicemici seguiti da cali rapidi di energia. Questo andamento altalenante può portare a fame nervosa, irritabilità e senso di stanchezza.
  • I carboidrati complessi (cereali integrali, legumi, verdure amidacee come patate e zucca) vengono assorbiti più lentamente, garantendo energia costante e un miglior controllo dell’appetito.

Non solo: i carboidrati complessi apportano anche fibre, fondamentali per la salute intestinale. E un intestino in equilibrio influenza positivamente anche il cervello, grazie al cosiddetto asse intestino-cervello di cui si parla sempre più spesso in letteratura scientifica.

Quanto servono davvero i carboidrati?

Secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), i carboidrati dovrebbero rappresentare circa 45-60% delle calorie giornaliere. Questo non significa abbondare con pane bianco e dolci, ma distribuire in modo equilibrato le fonti di carboidrati complessi durante la giornata.

Eliminare completamente i carboidrati non è necessario, né consigliato, neanche per perdere peso. Diverse ricerche hanno infatti dimostrato che, nel lungo termine, le diete bilanciate portano a risultati più stabili e sostenibili rispetto a quelle fortemente restrittive. Inoltre, mantenere una quota adeguata di carboidrati riduce il rischio di abbandonare la dieta a causa della stanchezza o della frustrazione. Un altro aspetto da considerare è l’attività fisica: chi pratica sport o ha una vita molto attiva ha bisogno di carboidrati per alimentare i muscoli e recuperare energia. Ridurli eccessivamente può compromettere le performance e aumentare la sensazione di fatica.

Consigli pratici per non rinunciare al benessere

Se il tuo obiettivo è dimagrire o stare meglio, non serve eliminare i carboidrati: basta imparare a gestirli con equilibrio. Ecco alcune indicazioni pratiche, confermate anche dai nutrizionisti:

  • Scegli cereali integrali (riso integrale, avena, farro, orzo) che rilasciano energia gradualmente.
  • Abbina i carboidrati a proteine e grassi buoni (olio extravergine, semi, pesce, legumi) per stabilizzare la glicemia.
  • Non saltare la colazione: iniziare la giornata con una quota di carboidrati complessi aiuta a mantenere l’umore stabile.
  • Inserisci fonti di triptofano (uova, latte, legumi, semi di zucca) per favorire la produzione di serotonina.
  • Limita zuccheri e farine raffinate, che danno energia immediata ma lasciano un vuoto subito dopo.
  • Affidati a un professionista: ogni dieta dovrebbe essere personalizzata sulle esigenze individuali, evitando il fai da te.

Fonti bibliografiche

  • Brain serotonin, carbohydrate-craving, obesity and depression, PubMed
  • Role of Dietary Carbohydrates in Cognitive Function: A Review, PMC
  • Effect of low-carbohydrate diet on depression and anxiety: A systematic review and meta-analysis of controlled trials, Science Direct
  • Effects of differing levels of carbohydrate restriction on mood achievement of nutritional ketosis, and symptoms of carbohydrate withdrawal in healthy adults: A randomized clinical trial, PubMed

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.