Diverticolite: cos’è e come contrastarla con una dieta adeguata

La diverticolite è un’infiammazione dei diverticoli del colon e può causare forti dolori addominali: ecco come contrastarla con una dieta

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Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

Pubblicato: 15 Giugno 2021 11:33

Cos’è?

La diverticolite intestinale è una malattia piuttosto frequente nella popolazione occidentale.

Fra le cause vi sono la dieta povera di fibre, la stitichezza e l’obesità. Si stima che il 30-40% dei pazienti sottoposti ad indagini strumentali dell’apparato digerente presenti diverticoli nel grosso intestino. Il 75% di questi è del tutto asintomatico. Per tale ragione è più corretto parlare di diverticolosi per indicare la presenza dei diverticoli e di diverticolite nel caso in cui compaiano i sintomi. In alcuni casi si eredita dai propri genitori la debolezza strutturale delle pareti del colon e questo difetto congenito rende ancora più probabile l’insorgenza della patologia. Ma cosa sono i diverticoli? Si tratta di formazioni a forma di sacco che si collocano in punti dell’intestino caratterizzati da minore resistenza. I rischi connessi a questa condizione sono l’infezione, l’ostruzione e la perforazione.

L’infiammazione dei diverticoli può rappresentare un’urgenza medica che in alcuni casi pone a rischio di vita il paziente. Numerose evidenze scientifiche riconoscono che alla base dell’infiammazione dei diverticoli vi può essere un’alterazione della flora batterica intestinale con conseguente perdita di batteri buoni (probiotici) e aumentata proliferazione dei potenziali patogeni (patobionti). Ci si riferisce a questa condizione con il termine di disbiosi intestinale. Le più aggiornate evidenze scientifiche dimostrano che la disbiosi porta all’attivazione del sistema immunitario con conseguente rilascio di molecole ad azione pro-infiammatoria. Dunque, mantenere il giusto equilibrio tra probiotici e batteri patogeni opportunisti consente di tenere a bada l’infiammazione anche a livello delle sacche diverticolari.

Sintomi

I pazienti portatori di diverticoli possono essere del tutto asintomatici, possono presentare forme di diverticolite minimamente sintomatiche oppure possono giungere a forme di diverticolite acuta con improvviso dolore addominale e febbre. In questo caso è richiesta l’immediata ospedalizzazione del paziente e il più delle volte si rende necessario il trattamento chirurgico. Le complicanze più frequentemente associate alla diverticolite sono:

  • emorragia diverticolare;
  • ascesso diverticolare;
  • perforazione del diverticolo;
  • fistole che si vengono a formare tra il colon e la vescica;
  • occlusione intestinale.

Cause

Tra le principali cause che portano alla formazione dei diverticoli vi sono:

  • scarsa assunzione di fibre: la conseguente riduzione della massa fecale rallenta il transito e comporta un aumento della pressione all’interno del lume intestinale; la parete del colon viene, dunque, sottoposta a un aumentato stress pressorio che porta alla formazione delle sacche diverticolari;
  • stipsi: a seguito dell’aumentato sforzo esercitato durante la defecazione la pressione endoluminale aumenterà ulteriormente;
  • età: con l’avanzare degli anni la degenerazione delle proteine che danno struttura al tessuto connettivo (collagene ed elastina) fa sì che ci sia un ulteriore indebolimento della parete del colon;
  • obesità: l’abbondante grasso presente all’interno della cavità addominale (grasso viscerale) finisce con il comprimere il colon tanto da ridurne la distensibilità; anche questo fenomeno porta ad un aumento della pressione endoluminale;
  • predisposizione genetica: è frequente il riscontro di una familiarità per malattia diverticolare.

La diagnosi

La diagnosi di diverticolite del colon passa per:

  • esami di laboratorio che documentano l’aumento dei markers infiammatori (PCR ad alta sensibilità o PCRhs e VES);
  • TAC dell’addome completo con mezzo di contrasto;
  • colonscopia virtuale che viene eseguita per mezzo di una TAC spirale di ultima generazione;
  • colonscopia tradizionale;
  • ecotomografia dell’addome.

Importanza delle fibre

La fibra alimentare non ha il solo effetto di far aumentare la massa fecale. È proprio a partire dalla fibra alimentare, infatti, che la flora microbica intestinale produce acido butirrico, acido propionico e acido acetico, ovvero molecole meglio note come acidi grassi a catena breve (SCFAs, Short Chain Fatty Acids) e in grado di interagire con specifici recettori (GPR41 e GPR43) stimolando il rilascio di peptidi che promuovono la motilità intestinale (peristalsi). L’acido butirrico ha, inoltre, il ruolo di nutrire le cellule che rivestono il colon (colonociti) ed esercita una potente azione anti-infiammatoria ed anti-neoplastica. Il problema sta nel fatto che chi soffre di diverticoli ha la netta sensazione di non tollerare i pasti carichi di fibre. Siamo all’interno di un loop perverso perché se è vero che l’attitudine a consumare poche verdure è una delle cause della diverticolite, una volta che i diverticoli sono comparsi si tende a consumare sempre meno fibre. Il segreto, come sempre, sta nella giusta via di mezzo.

Ruolo dei probiotici nella prevenzione

La priorità è quella di trattare la disbiosi intestinale suggerendo allo stesso tempo una dieta adeguata. L’assunzione di selezionati ceppi batterici probiotici è in grado di ridurre la presenza della flora batterica patogena e di ripristinare l’eubiosi (termine con il quale ci si riferisce al giusto equilibrio tra batteri buoni e potenziali patogeni).

I probiotici rendono difficile la vita dei patogeni attraverso la sintesi di sostanze ad azione simil-antibiotica (batteriocine). Numerosi studi documentano, ad esempio, la capacità dell’Enterococcus faecium di inibire la proliferazione di batteri opportunisti e patogeni mediante un meccanismo di sopraffazione numerica e grazie alla produzione di specifiche batteriocine. Saccharomyces boulardii è un micromicete in grado non solo di contrastare la proliferazione dei batteri patogeni ma anche quella della Candida albicans, altro possibile responsabile di infiammazione intestinale.

Cosa evitare

Sono da evitare:

  • le verdure con fibre molto coriacee (ad esempio cicoria, carciofi, sedani) a meno che non vengano passate;
  • le bacche e i frutti che contengono semini;
  • i cereali integrali;
  • le solanacee (pomodori, melanzane, peperoni);
  • le spezie che possano avere un’azione irritante sulla mucosa.

Si vuole così scongiurare il fatto che qualche residuo finisca all’interno della sacca diverticolare dando esito all’infiammazione.

Dieta adeguata

Per quanto detto fin qui, la presenza di diverticoli non deve imporre una dieta povera in fibre. È importante, invece, soprattutto in presenza di sintomi, ridurre la quota delle fibre insolubili (cellulosa, emicellulosa, lignina) contenute nei cereali integrali, nelle verdure a foglia e in alcuni ortaggi. Le fibre solubili, più rappresentate nella frutta, hanno un minor rischio di creare complicanze in chi soffre di diverticolite.

Per garantire che a livello del grosso intestino possa aver luogo la fisiologica produzione di acido butirrico pur dovendo modulare la quantità di fibre può essere utile inserire nella dieta l’amido retrogradato, noto anche come amido resistente. Si tratta di quella frazione dell’amido, costituita per il 100% da amilosio, che resiste all’azione degli enzimi digestivi. A degradare l’amido resistente ci pensano però i batteri che abitano nel colon. La fermentazione dell’amido ad opera dei batteri colici porta alla produzione dei già citati acidi grassi a catena breve con tutti i vantaggi che ne conseguono. Dove è possibile trovare l’amido resistente? Nel pane raffermo, nelle banane acerbe, nelle patate prima lessate e poi lasciate raffreddare, nella fecola di patata cruda.

Infine, l’inserimento di verdure latto-fermentate (vedi crauti) può essere benefica non solo perché si tratta di alimenti già parzialmente digeriti dall’azione dei batteri che operano la fermentazione ma anche perché, a seguito del loro consumo abituale, una buona quota di questi batteri finisce con l’attecchire a livello del colon garantendo il raggiungimento di una condizione di eubiosi.