Carne coltivata, pro e contro: cosa dice la scienza

Favorevole o contrario al consumo di carne coltivata? Non è necessario schierarsi, ma è importante comprendere di cosa si tratta e quali possono essere i pro e i contro, dando spazio alla scienza e alla ricerca.

Foto di Biagio Flavietti

Biagio Flavietti

Farmacista e nutrizionista

Farmacista e nutrizionista, gestisce dal 2017 una pagina di divulgazione scientifica. Appassionato di scrittura ed editoria, lavora come Web Content Editor per alcune realtà del settore farmaceutico e nutrizionale.

C’è chi la chiama “carne sintetica“, chi “carne artificiale” o all’inglese “clean meat”, ma il nome sicuramente più corretto è “carne coltivata”. 

In passato si coltivavano patate e carote e di sintetico c’erano solo i capi d’abbigliamento, ma la ricerca va avanti e oggi si può parlare anche di carne coltivata, ovviamente in laboratorio. Per molti potrebbe rappresentare la base innovativa per un’integrazione proteica alternativa e più sostenibile per l’ambiente, per altri, invece, si tratta di un sorpasso dell’artificiale sul naturale, con tutte le implicazioni che ne possono derivare.

Insomma, un terreno aperto per dispute ideologiche, che molto spesso nascondo disinformazione e retaggi culturali differenti. Mentre l’Italia si appresta ad essere il primo Paese al mondo a vietare la produzione e la vendita di carne coltivata, noi proviamo a spiegarvi come si produce la “carne coltivata” e quali possono essere pro e contro, legati al consumo di questo alimento innovativo.

Cos’è la carne sintetica

Il primo riferimento ideologico alla carne coltivata si deve a Winston Churchill, che nel 1931 scrisse “Sfuggiremo all’assurdità di far crescere un pollo intero per mangiare il petto o l’ala, coltivando queste parti separatamente in un mezzo adatto”. Pur non avendo le basi e le tecnologie adatte alla creazione di carne in laboratorio, già allora si pensava ai pro e ai contro di un’alimentazione che facesse uso di animali per soddisfare il fabbisogno proteico individuale. Per molto tempo, quelle di Churchill rimasero soltanto parole, fino a quando nel 2013 fu realizzato il primo hamburger  completamente prodotto in laboratorio. Questo alimento artificiale fu messo a punto da una squadra di ricercatori olandesi e fu mangiato ad una dimostrazione per la stampa londinese nel agosto dello stesso anno.

Con il passare del tempo, il concetto di carne coltivata si è diffuso sempre più nei laboratori di ricerca e sulla bocca di studiosi e ricercatori, portando a definirla come il risultato di un processo di coltivazione cellulare, operato in laboratorio su campioni di cellule staminali prelevate da animali vivi e in salute oppure da pezzi di carne fresca. Nel primo caso, l’animale è in vita e, quindi, il metodo di estrazione delle cellule staminali non prevede processi di macellazione e sofferenze da parte degli animali stessi, rendendola una metodica del tutto Cruelty free.

Questo è uno dei primi motivi che vede un gran numero di animalisti schierarsi a favore di questa metodica, che evita la morte e la sofferenza di un numero sempre più elevato di animali da macello. Solo in Italia ogni anno vengono macellati circa 700 milioni di animali (dati provenienti dalla conferenza nazionale lanciata da Legambiente) e i numeri non cambiano nei paesi esteri, dove si arriva ad avere esempi di allevamento intensivo come quello cinese. Ed è proprio in Cina che è stato ideato il “Pig Palace”, un grattacielo di 26 piani con al suo interno circa 600 mila suini da macello, utili per soddisfare la richiesta sempre maggiore di carne.

Come si produce la carne coltivata

Prima di capire gli eventuali pro e contro legati al consumo di carne coltivata in laboratorio, è necessario capire come si produce questa carne e, per questo motivo, di seguito sono stati riassunti in modo schematico ed esemplificativo i passaggi necessari per la produzione di carne coltivata:

  • Step 1: il primo passaggio per la realizzazione di carne coltivata consiste in una biopsia. Questa pratica prevede il prelievo di un campione di tessuto dal muscolo dell’animale e l’isolamento delle sue cellule staminali, che sono cellule indifferenziate in grado di trasformarsi nei principali tessuti presenti in un organismo. Infatti, ogni cellula del mondo animale o vegetale possiede nel proprio DNA tutte le istruzioni necessarie per ricreare tessuti, apparati e l’intero organismo. Quando una cellula si specializza in un ruolo specifico, diventando ad esempio una cellula del muscolo o una cellula dello stomaco, essa starà sfruttando solo alcune parti del suo materiale genetico, bloccando invece le informazioni non necessarie a svolgere il suo ruolo all’interno del corpo. Tutto questo processo è chiamato differenziazione cellulare. Tornando alla carne coltivata, è necessario quindi prelevare le cellule staminali, perché non hanno ancora deciso in cosa differenziarsi e quindi possono facilmente diventare nuovo tessuto muscolare (che costituisce la carne mangiata ogni giorno).
  • Step 2: una volta prelevate le cellule staminali, verranno nutrite con un siero di coltura animale o vegetale, che ne garantirà una corretta crescita.
  • Step 3: la terza fase è quella dedicata al bioreattore. Si tratta di un macchinario utilizzato in campo farmaceutico, che utilizza principi complessi di coltivazione cellulare e di ingegneria dei tessuti, che garantisce alle cellule prelevate di crescere e riprodursi adeguatamente e a ritmi più veloci. Questa è la parte del processo di produzione più costosa in termini economici ed energetici.
  • Step 4: una volta che le cellule staminali si sono riprodotte e sono cresciute in numero, vengono posizionate su stampi chiamati “scaffold”, che permettono lo sviluppo tridimensionale della carne sintetica e il differenziamento in tessuti connettivi, muscoli e grassi, che uniti insieme danno il tipico sapore alla carne. Ad oggi, con le tecnologie attuali, non si riesce a realizzare una bistecca vera e propria, ma si è arrivati ad ottenere polpette o hamburger di carne coltivata. Dopotutto, la carne ha un’impalcatura ben più complessa e presente al suo interno anche tessuti connettivi, grasso e altre componenti che è difficile ricreare precisamente in laboratorio.

Pro e contro legati alla carne coltivata

In questo articolo cercheremo di esporre nel modo più oggettivo possibile quali possono essere pro e contro legati al consumo di questi alimenti artificiali.

Quali sono gli svantaggi della carne coltivata?

Partendo dai “contro” che si ci trova davanti, si può iniziare dall’elevato prezzo necessario per trasformare e differenziare una singola cellula in un hamburger sintetico. Come accade per tutte le nuove tecnologie, inizialmente dispendiose, se vengono avviate e diffuse a livello industriale possono portare ad un abbassamento dei costi, rendendo il prodotto finale accessibile a più persone.

Rispetto all’Unione Europea, gli Stati Uniti sono più avanti sulla produzione o “coltivazione” di questo tipo di carne, mentre Paesi come il nostro sono molto restii all’utilizzo di alimenti provenienti da laboratori. Tant’è vero che l’aula della Camera ha dato il via libera definitivo al divieto di produrre e vendere in Italia carne coltivata, rendendo di fatto il nostro, il primo Paese in Europa a introdurre una simile restrizione. La normativa proibisce la produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi derivati da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati, nonché vieta l’uso del termine “carne” per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali.

Tra i contro è possibile annoverare anche l’accettazione sociale da parte della popolazione. Infatti, l’indagine Coldiretti-Censis diffusa al Cibus di Parma ha certificato come l’84 % degli italiani intervistati sia contrario al consumo di alimenti come carne, pesce e latte sintetici. I motivi che fanno storcere il naso nei confronti della carne coltivata potrebbero essere di natura culturale, etica o di fiducia nella sicurezza alimentare. Alcuni esperti esprimono anche delle perplessità per quanto riguardo la sicurezza e gli effetti sulla salute umana associati all’uso di nuove tecnologie nella produzione di alimenti. Come per ogni altra innovazione, si vanno a intaccare tradizioni, storia e cultura e questo può essere uno dei più grandi limiti all’utilizzo di alimenti come la carne coltivata oppure delle farine d’insetto per uso alimentare.

Quali sono i vantaggi offerti dalla carne coltivata

Per quanto riguarda i vantaggi legati alla produzione  e al consumo di carne coltivata, si ipotizza che le ricadute ambientali ed ecologiche potrebbero essere alquanto positive, tesi però contrastata da alcuni gruppi che minimizzano questo aspetto. La produzione di carne coltivata richiederebbe l’uso di grandi quantitativi di energia per mantenere le condizioni di coltura delle cellule nei bioreattori e per la produzione del prodotto finale. A seconda delle fonti energetiche utilizzate, potrebbe comunque contribuire all’emissione di gas a effetto serra. La carne coltivata potrebbe richiedere meno risorse rispetto all’allevamento tradizionale, come acqua (impronta idrica), terreno e cibo per gli animali, ma sono necessari ulteriori studi e approfondimenti che mettano a confronto in modo analitico e non di parte, gli eventuali effetti positivi che la produzione di carne sintetica potrebbe avere sull’ambiente a lungo termine.

Altro vantaggio potrebbe riguardare la sicurezza alimentare, che un prodotto ricavato in condizioni standardizzate e strettamente controllate potrebbe portare con sé. Si potrebbero avere limiti bene più rigidi e precisi sull’assenza di contaminanti biologici, chimici e fisici. Si potrebbero ridurre al minimo le contaminazioni microbiche e la presenza di tossine e molecole dannose all’interno della carna.  La produzione di carne in laboratorio potrebbe accelerare la ricerca in questo campo e portare con sé prospettive innovative per lo sviluppo anche in campo biomedico.

Infine, una delle motivazioni che hanno spinto la ricerca verso la produzione di alimenti sintetici come la carne, è stata la sempre più elevata richiesta di alimenti fonte di proteine, da inserire all’interno della propria alimentazione. Prodotti costruiti ad hoc in laboratorio potrebbero soddisfare queste richieste nutrizionali, eliminando la necessità di allevare e abbattere animali e ridurre così il disagio e la sofferenza degli animali. Questa potrebbe essere una soluzione valida per affrontare la crescente domanda mondiale di carne, senza sfruttare ulteriormente le risorse naturali e senza contribuire all’impatto ambientale negativo dell’allevamento intensivo. Non si sa ancora se a livello di numeri ma anche di valori nutrizionali, la carne sintetica possa soddisfare i livelli proteici richiesti dalla popolazione mondiale, ma bisogna rimanere propositivi e aspettare che la ricerca faccia il suo lavoro.

Fonti bibliografiche