Carne coltivata vietata per legge: cos’è e dove la si può mangiare

Uno scontro politico, culturale e produttivo quello sulla carne coltivata: ma cos'è e dove si può mangiare?

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Giorgia Prina

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Divieto alla carne coltivata in Italia. Questa la decisione dell’Aula della Camera che ha approvato in via definitiva, con 159 sì, 53 no e 34 astenuti, il disegno di legge che vieta la vendita e la distribuzione sul territorio nazionale della carne coltivata, provocando uno scontro aperto e deciso con le opposizioni. Una diatriba, quella sul cibo, che da sempre scatena ire e rivendicazioni anche al di fuori delle aule parlamentari. Un divieto, ora legge, che interessa i produttori, le filiere produttive e di vendita e le tavole dei consumatori, senza esclusioni.

L’opposizione tra chi sostiene che la carne coltivata possa essere il nodo economico e culturale perfetto per cambiare i parametri e le priorità produttive dell’industria e chi invece vi si oppone, in difesa degli allevatori e delle aziende è complessa e tracciarne i confini porta ad accendere l’interesse sui fondi e sul valore economico (elevatissimo) di una filiera sterminata, in Italia come nel resto del mondo. “La carne è un luogo – scrive Francesca Grazioli nel suo splendido saggio Capitalismo carnivoro (Il Saggiatore, 2023), andando oltre il mero consumo e individuando, giustamente, nella carne un valore culturale – un sito poroso dove le identità mutano, dove la politica trova un riverbero, dove la razza, il genere, l’etica, la religione e la sessualità si mescolano, rivelandosi a tempi alterni”.

Che cos’è la carne coltivata?

Ma andiamo con ordine, chiedendoci in primo luogo cos’è la carne coltivata, perché è errato chiamarla sintetica e perché provoca tanto clamore. Si tratta innanzitutto di una delle alternative alla carne come l’abbiamo sempre intesa. Queste sono sostanzialmente tre: la carne vegetale, la carne stampata e la carne coltivata. Queste si differenziano per difficoltà produttive e per costi. Lasciando per il momento da parte le altre due opzioni, concentriamoci su quella che è finita nel mirino del Governo.

Iniziamo dunque con il dire che l’espressione “sintetica” è impropria. Meglio infatti parlare di carne coltivata. Il perché diventa chiaro spiegando il procedimento produttivo. Senza entrare in complessi tecnicismi, l’operazione prevede il prelievo di cellule dalle mucche, nutrendole e crescendole in laboratorio in vitro o con l’utilizzo di un bioreattore. Per rendere l’idea, si tratta di uno strumento simile a quell0 usati per la produzione della birra o dello yogurt. Dopo aver nutrito e fatto crescere le cellule prelevate dall’animale, si ottengono parti dell’animale da cui preparare i tagli di carne desiderati.

Alcune precisazioni. Poiché il termine sintetico, che spesso viene utilizzato, è effettivamente forviante e suggerisce in qualche modo un prodotto venga creato in laboratorio “dal nulla”, urge sottolineare che nel procedimento non vi è nulla di vegetale. L’idea che sottende il processo è quella di far crescere le cellule come se ancora si trovassero all’interno di un organismo.

Le posizioni in Italia tra Governo e opposizioni

Come è facile immaginare, l’ostacolo che maggiormente contrasta la diffusione della carne sintetica, la sua produzione e la sua vendita è culturale e economico. Qui torna dunque la citazione iniziale dal saggio di Francesca Grazioli. Non si tratta solo di andare a toccare e modificare la filiera produttiva, ma pone, nelle menti dei consumatori e di chi la produzione la gestisce con le leggi (i governi) una vera e propria scelta culturale. Un’eterna lotta tra “naturale e sintetico”, poco considerando che l’attuale industria della carne, di “naturale”, ha ben poco.

Per quanto riguarda l’Italia, al momento dell’approvazione del divieto di produzione e vendita della stessa, si è scatenata una vera e propria bufera, con tanto di rissa davanti a Palazzo Chigi tra il presidente di Coldiretti Ettore Prandini e il deputato di +Europa, Benedetto Della Vedova. Proprio il deputato, insieme ad una delegazione del partito, guidata dal segretario Ricardo Magi, si è posizionato di fronte al Palazzo, cartelli alla mano, per protestare contro il provvedimento, definito “oscurantista”. Sui cartelli campeggiava la scritta: “Coltivate l’ignoranza- Il ddl anti-scientifico e anti-italiano”.  Dall’altra parte della piazza chi invece sosteneva il provvedimento del Governo: allevatori e agricoltori di Coldiretti che ‘armati’ di bandiere e megafoni. Proprio da una raccolta firme sul sito dell’associazione è nata la proposta di legge ora realtà. Facile immaginare come lo scontro tra le due fazioni sa degenerato, fino a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine.

Per riassumere: la norma è stata dunque accolta con favore ed entusiasmo dalle varie associazioni di categoria, da Coldiretti a CIA (la Confederazione italiana Agricoltori), e invece con scetticismo dalle opposizioni di Governo e gran parte del mondo scientifico, dalla Fondazione Veronesi al CNR, anche per l’impatto che potrebbe avere sul futuro sviluppo di un’industria del settore in Italia.

La carne sintetica in Europa e nel mondo

Come si comporta invece il resto del mondo di fronte alle opportunità e alle criticità portate dall’avvento della carne sintetica o coltivata che dir si voglia? Facciamo un salto “nel passato”. I primi esempi del prodotto risalgono al 2013, quando Mark Post, un ricercatore dell’Università di Maastricht, in Olanda, propose il primo prototipo di hamburger coltivato. Costo: 1 milione di dollari. Una bella differenza vista l’attuale proposito di scendere ai 15-20 dollari per chilogrammo.

Il disegno di legge, a firma congiunta dei ministeri della Salute e dell’Agricoltura e Sovranità alimentare e passato dal consiglio dei Ministri nella serata del 28 marzo, comprende “disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici” e appunto stabilisce il divieto di produzione e commercializzazione sul territorio nazionale di alimenti sintetici, “sia destinati al consumo umano sia destinati al consumo animale”.

Ma dove si può mangiare ora la carne sintetica? Per assaggiarla per ora, sicuramente, occorre andare a Singapore o negli Stati Uniti, dove le rispettive autorità in materia di sicurezza alimentare ne hanno approvata la commercializzazione. L’Unione Europea ha investito ben 7 milioni di euro nella ricerca sulla carne sintetica. È un prodotto di grande interesse, anzitutto per i suoi risvolti ambientali. Qualora l’Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare (EFSA) dovesse approvare la sicurezza della carne coltivata, questa potrà entrare nel mercato europeo e potrà essere acquistata. Il disegno di legge emanato dall’attuale governo dovrà pertanto sottostare alla decisione dell’Unione Europea, mettendo la popolazione italiana nella condizione di poter acquistare questa carne coltivata purchè non abbia provenienza italiana.