Quanto zucchero c’è nelle bibite? Quantità e controindicazioni

È ormai conoscenza comune che molte delle bibite che beviamo ogni giorno sono ricche in zuccheri: attenzione ai limiti e ai rischi causati dal consumo eccessivo

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Biagio Flavietti

Farmacista e nutrizionista

Farmacista e nutrizionista, gestisce dal 2017 una pagina di divulgazione scientifica. Appassionato di scrittura ed editoria, lavora come Web Content Editor per alcune realtà del settore farmaceutico e nutrizionale.

Dai the freddi, all’amata Coca Cola, per poi passare al latte al cioccolato, moltissime delle bibite che tanto vengono apprezzate contengono una quantità davvero elevata di zuccheri. Leggendo e analizzando il contenuto di zucchero presente in ognuna di queste bevande, è possibile fare una trasposizione grafica e capire quante zollette di zucchero contengono. In questo modo è possibile capire le quantità di zucchero e soprattutto perché queste bibite possono nuocere alla salute.

Oggi, il consumo medio globale di zucchero è di circa 70 grammi al giorno, ovvero circa il 50% in più rispetto a trent’anni fa. Anche in Italia il consumo di zucchero è di circa 27 kg pro-capite all’anno. Il consumo eccessivo di zucchero è stato associato a obesità, diabete di tipo 2 e malattie cardiache e secondo l’American Heart Association, i bambini fino a due anni dovrebbero evitare di consumare zuccheri proprio per non incorre in problemi di salute di questo tipo.

Quantità di zucchero nelle principali bibite

Si parte da quella che molto probabilmente è la bevanda più popolare al mondo: la Coca-Cola. Una lattina contiene ben 39 grammi di zuccheri, mentre per la bottiglia da un litro si raggiungono addirittura i 108 grammi, che apportano da soli 400 calorie. Il mucchio di zollette accanto alla bottiglia rendono questi numeri ancora più di impatto. Una quantità simile si trova anche nella Red Bull, energy drink tanto amato dai giovani: le lattine da 250 millilitri contengono 27 grammi di zuccheri.

Che le bibite gassate e con aromi artificiali fossero molto ricche in zuccheri, era conoscenza comune, tuttavia, anche altre categorie di drinks sono fonte di zucchero: Il latte al cioccolato Nesquik, popolare tra i più piccoli, contiene 29 grammi di zucchero per ogni bottiglietta da 240 millilitri: quasi 15 zollette di zucchero in un bicchiere. Anche le bevande che in genere vengono considerate più sane, come l’acqua arricchita di vitamine o il latte di soia o di riso, vengono eccessivamente “addolcite” tramite l’aggiunta di zucchero, spesso andando quindi ad intaccare alcuni degli effetti benefici pubblicizzati (specie se queste bibite vengono incluse in programmi dietetici che prevedono ridotti quantitativi di zucchero).

Ma attenzione, infatti, per fare un confronto corretto sulle quantità bisognerebbe prendere in esame le bibite con lo stesso formato e non confezioni tutte diverse l’una dall’altra. Inoltre, se si facesse un paragone sulla stessa quantità di bibita i risultati potrebbero molto differenti e mostrerebbero come bevande apparentemente “innocue” come quelle al gusto d’arancio contengono invece più zuccheri della tanto criticata Coca-Cola. Per questo abbiamo riordinato le bevande, inserendole in una tabella che riporti il quantitativo di zucchero su 100 g di prodotto.

Prodotto commerciale Quantità di zucchero per 100 g
Acqua 0,0 g per 100 ml
Latte e cioccolato 5,5 g per 100 ml
The freddo al limone 7,2 g per 100 ml
Coca-Cola 10,6 g per 100 ml
Red Bull 11 g per 100 ml
Multivit Ananas Kiwi e Arancio 12 g per 100 ml
Bevanda al gusto arancio 13,5 g per 100 ml

Come si può notare l’ordine è cambiato e la bibita che pare avere più zuccheri per 100 g di prodotto è proprio la bevanda al gusto arancio. Ma perché è cosi importante sapere quanto zucchero c’è in queste bevande? Lo zucchero non ci permette di avere più energie?

A cosa servono gli zuccheri?

Per vivere, gli zuccheri sono necessari: questi forniscono infatti la giusta energia per “far funzionare” al meglio le cellule del corpo umano, inoltre vengono immagazzinati nel corpo per svolgere importanti trasformazioni chimiche. Basti pensare che ci sono cellule, come i neuroni, che hanno come unica fonte di sostentamento proprio gli zuccheri. Tuttavia al giorno d’oggi è abbastanza comune andare ben oltre la dose consigliata. Generalmente questo avviene senza nemmeno saperlo: basta sgarrare con una lattina o due della propria bibita preferita mentre si è seduta davanti alla televisione a vedere un film, è il gioco è fatto. L’eccesso di zuccheri può portare ad un aumento di peso e a problemi di salute altrimenti evitabili, uno fra tutti il diabete o la sindrome metabolica.

In Paesi come gli Stati Uniti il problema è molto diffuso ed il governo sta iniziando ad adottare provvedimenti per porre un limite alla grandezza delle bibite servite nei fast food. Ma ormai non è un problema solo degli stati americani, gli zuccheri in eccesso si sono insinuati in tutti i paesi e in tutti i tipi di dieta, anche quelli più salutari come la dieta mediterranea o la dieta ultra-centeneria dei giapponesi. Si tratta di una sostanza alla quale la popolazione è sempre più abituata, una sostanza che crea dipendenza e assuefazione quasi come se fosse una droga. Questo accade a causa dell’attivazione di alcuni circuiti della gratificazione, che vengono stimolati dall’introduzione di zuccheri nel corpo. Insomma, gli uomini sono sempre più abituati agli zuccheri e ne vogliono sempre di più.

Quali sono i limiti di zucchero giornalieri?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda che l’apporto quotidiano di zuccheri semplici (ovvero quelli non presenti naturalmente in alimenti come frutta e latte) sia inferiore al 10% del fabbisogno calorico giornaliero di un adulto. La percentuale indicata equivale a 50 g di zucchero, o a 10 cucchiaini. In altre parole, un bicchiere di bibita contribuisce in un sol colpo a coprire quasi la metà del fabbisogno quotidiano. Inoltre, una bevanda non sazia come un alimento solido di uguale apporto calorico: le calorie così ingerite sono “nascoste”, e andranno ad aggiungersi occultamente a quelle già assunte coi pasti della giornata. In parole povere, bevendo bibite zuccherate si introdurranno zuccheri e calorie nascoste, che si andranno a sommare a quelle provenienti dal pasto solido.

Cosa provoca un consumo eccessivo di zuccheri

Si potrebbe pensare erroneamente, che l’assunzione di zuccheri in eccesso possa riguardare solo l’aumento di peso e i centimetri sul girovita o sui fianchi, ma non è così. L’assunzione di ingenti quantitativi di zuccheri all’interno della propria alimentazione, può portare a problematiche molto più serie di una “prova costume fallita”. Infatti, dietro l’angolo si nascondono patologie come l’insulino-resistenza, il diabete, l’obesità, la sindrome metabolica e anche problematiche legate alla pressione e al benessere cardiovascolare.

Quando si introducono cibi e bevande zuccherate, queste vengono assorbite (le bevande ancora più velocemente) a livello intestinale e fanno aumentare di botto la concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia). Visto che il corpo umano ama mantenersi in equilibrio, per abbassare questo indice e riportalo alla normalità promuove la liberazione di insulina a partire dal pancreas. L’insulina agisce facendo captare dai tessuti (come fegato, muscolo e adipe) gli zuccheri presenti nel sangue, e riportano alla normalità la glicemia. L’accumulo di zuccheri nei tessuti è alla base del principio di aumento del peso, ma non è solo questo il problema. Infatti, la stimolazione continua e ripetuta nel tempo della secrezione di insulina, può provocare danni al pancreas che può funzionare peggio, o ancora si può creare una insensibilità dei recettori dell’insulina e venirsi a creare un quadro di insulino-resistenza e diabete mellito di tipo 2.

Cos’è il diabete mellito di tipo 2?

Il diabete mellito di tipo 2, detto anche diabete dell’adulto, rappresenta il 90% dei casi di diabete.  Si tratta di una malattia cronica non trasmissibile caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue ed è dovuta a un’alterazione della quantità o del funzionamento dell’insulina. È detto di tipo 2 per differenziarlo dal tipo 1 (detto anche diabete giovanile, 10% dei casi), in quanto si tratta di due patologie distinte, per cause, età di insorgenza, sintomatologia di esordio, terapia e possibilità di prevenzione.

Il diabete di tipo 2 è fortemente correlato a sovrappeso e obesità, scorretta alimentazione, sedentarietà e condizioni socio-economiche svantaggiate e pertanto è, in parte, prevenibile attraverso interventi sull’ambiente di vita e azioni che favoriscano la modifica degli stili di vita delle persone a rischio, in particolare per quel che riguarda l’alimentazione e l’attività fisica. All’interno di queste cause c’è anche l’assunzione di elevati quantitativi di zucchero.

Zucchero bianco o di canna

In molti pensano di ovviare al problema dello zucchero, optando per l’utilizzo di zucchero di canna. Ma è una scelta utile e razionale? Lo zucchero di canna in realtà non solo è uno zucchero a tutti gli effetti ma è anche un prodotto ugualmente raffinato. Infatti, sono presenti tutti i processi di sbiancamento, che rendono omogenei e piacevoli alla vista i granelli e ne adattano il gusto alle esigenze dei consumatori finali. Quindi chimicamente, tra zucchero bianco e zucchero di canna non c’è alcuna differenza. La molecola che rappresenta lo zucchero bianco e dello zucchero grezzo di canna è infatti esattamente la stessa, ovvero il saccarosio.

La differenza è che, mentre nello zucchero bianco è presente solo saccarosio, in quello di canna sono presenti residui di melassa che gli conferisce il colore giallo-bruno. La melassa è una sostanza composta da sali minerali, fibre e altre componenti sicuramente molto utili all’organismo, ma presenti in percentuali tanto basse da non essere significative a livello nutrizionale. Entrambi, quindi, sono prodotti industriali che non presentano differenze nutrizionali.

Vi procede ancora peggio, se si pensa che la colorazione spesso deriva da eventuali aggiunte di un colorante color caramello (con sigla E150). Anche le calorie, l’indice glicemico e l’impatto sull’organismo sono quindi equivalenti e non hanno nessun margine di differenza. Se si vuole essere precisi al 100%, esiste lo zucchero di canna integrale, che non è un prodotto raffinato e quindi rimangono più o meno intatte le proprietà nutrizionali dell’alimento originario, con qualche decina di calorie in meno.

Dolcificanti ed edulcoranti possono aiutarci?

L’azienda alimentare ha provato l’escamotage di utilizzare dolcificanti, che sono sostanze che si possono aggiungere agli alimenti o alle bevande per dare loro un sapore dolce. I dolcificanti o edulcoranti sono presenti in due tipologie:

  • Artificiali: quando sono sintetizzati chimicamente.
  • Naturali: se derivati dal mondo vegetale.

I primi hanno pochissime calorie è altissimo potere edulcorante e i più comuni sono: Acesulfame K, Aspartame, Sucralosio, Saccarina e Ciclammato.

Fino a qualche anno fa si era diffusa la notizia che queste molecole fossero cancerogene. Tuttavia la notizia è stata smentita da diversi studi condotti negli ultimi anni. Ciò non toglie però che queste sostanze possano avere comunque effetti negativi sulla salute dei consumatori. Difatti, seppure impiegati con l’idea di prevenire patologie come l’obesità e il diabete, sembrerebbe che alla lunga i dolcificanti causino l’effetto opposto, favorendo proprio l’insorgenza di queste patologie per motivi ancora poco chiari.

Quando si assumono dolcificanti il nostro corpo percepisce dal punto di vista sensoriale un sapore del dolce, motivo per cui si prepara automaticamente ad accogliere lo zucchero, attivando il metabolismo glucidico ed innescando quindi i classici meccanismi, a partire dal rilascio di insulina da parte del pancreas. Una volta però che il sistema metabolico non riceve lo zucchero per il quale si era attivato, si interrompe all’improvviso, e questo suo continuo “accendi-spegni”, a lungo andare, potrebbe causare un’alterazione del metabolismo degli zuccheri, favorendo così lo sviluppo di insulino-resistenza, che sappiamo essere l’anticamera del diabete.

Inoltre, i dolcificanti modificano il senso di fame e sazietà. Quando si mangia lo zucchero ci si sente più sazi e appagati, ma questo con i dolcificanti non accade. Al contrario è molto più probabile che queste sostanze dal sapore dolce stuzzichino l’appetito, spingendo a mangiare di più.  Motivo per cui le calorie che sono state evitate prediligendoli al posto dello zucchero, verranno magari recuperate facilmente inserendo qualche spuntino di troppo. Questo si chiama “effetto compensazione dei cibi light“.

Altro risvolto negativo dei dolcificanti artificiali potrebbe essere quello di alterare la flora batterica intestinale, causando sintomi come stitichezza, diarrea, gonfiore, digestione rumorosa e flatulenza. Inoltre è ormai confermata la stretta relazione tra salute del microbiota e prevenzione di patologie metaboliche e non solo.

L’alimentazione dovrebbe quindi moderare l’assunzione di cibi e bevande troppo zuccherine (ma anche troppo edulcorate), preferendo alimenti naturali come la verdura e la frutta. Con l’aiuto di un nutrizionista è possibile creare un percorso dietetico e alimentare, che permetta di ridurre la dipendenza dagli zuccheri in modo graduale e senza ricadute su tono dell’umore, energia e vitalità dell’organismo.

Fonti bibliografiche