Cibi funzionali, probiotici e prebiotici: cosa sono e benefici degli alimenti nutraceutici

Una dieta ricca di cibi funzionali può migliorare il livello di benessere generale. Ecco quali sono questi alimenti e perché fanno così bene

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Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

Cosa sono

Gli alimenti sono definiti funzionali quando al di là delle loro proprietà nutrizionali (valore calorico, apporto in macro e in micronutrienti) hanno la capacità di influire positivamente su una o più funzioni fisiologiche e questa loro capacità è scientificamente dimostrata. Gli alimenti funzionali o functional foods riescono a migliorare il nostro stato di salute contribuendo a ridurre il rischio di insorgenza delle malattie. Per poter attribuire ad un alimento la definizione di “alimento funzionale” è necessaria una solida evidenza scientifica. In genere si parte dall’osservazione empirica che riconosce a quel dato alimento proprietà benefiche per la nostra salute. Un passo importante è l’identificazione dei principi attivi. Lo scopo ultimo di queste indagini è quello di arricchire quegli alimenti in cui tali sostanze sono già naturalmente presenti. Si parla allora di alimenti funzionali arricchiti. Gli alimenti funzionali supplementati sono quelli che originariamente non possedevano una specifica valenza salutistica ma che l’hanno acquisita a seguito dell’aggiunta del principio attivo.

Utilità e benefici

Il crescente interesse per la salute ha spinto l’industria alimentare a investire nel fiorente settore degli alimenti funzionali. In un’epoca in cui l’obesità e le patologie grasso-correlate hanno assunto proporzioni epidemiche è cresciuto anche l’interesse per la salute. Il modello alimentare più diffuso è quello della dieta occidentale (Western Diet) caratterizzata da un eccesso calorico e dall’abbondanza di grassi saturi e di zuccheri semplici. Quella occidentale è una dieta ricca in valore energetico ma povera di valore nutrizionale. A questo modello si contrappone quello della Natural Diet nella quale abbondano gli alimenti funzionali creati da Madre Natura. L’industria alimentare, investendo in questo settore, ha creato alimenti funzionali supplementati non più di sole vitamine come si usava un tempo ma di sostanze di terza generazione quali l’inulina e altri Frutto-OligoSaccaridi (FOS), i probiotici, i flavonoidi ed altre sostanze ad azione antiossidante. Le benefiche proprietà delle sostanze di terza generazione sono state scoperte in epoca relativamente recente. Tra i principi attivi contenuti negli alimenti funzionali vanno citati:

  • le fibre alimentari che agiscono come prebiotici;
  • il ferro;
  • la carnosina;
  • la vitamina B12;
  • gli acidi grassi polinsaturi (omega-3 e omega-6);
  • gli steroli vegetali;
  • i probiotici naturalmente contenuti negli alimenti latto-fermentati.

Cibi funzionali e alimenti nutraceutici sono la stessa cosa?

Il termine nutraceutico, coniato nel 1989 da Stephen L. De Felice, è composto da nutrizione e farmaceutica. Secondo la legislazione vigente i prodotti nutraceutici possono essere definiti come “preventivi delle malattie croniche, migliorativi della salute, ritardanti il processo di invecchiamento, favorenti la longevità o sostenitori di alcuni apparati o funzioni corporee.” Qualsiasi affermazione che compaia sull’etichetta o che venga impiegata i fini pubblicitari o commerciali e secondo la quale il consumo di un determinato alimento può essere benefico per la salute è un’indicazione sulla salute o Health Claim. Ad esempio, si potrebbe affermare che un prodotto alimentare può contribuire a rafforzare le difese naturali dell’organismo oppure a migliorare la capacità di apprendimento. Queste sono dette indicazioni “funzionali generiche”. Vi sono poi le affermazioni sulla diminuzione del rischio di contrarre una malattia. Ad esempio “gli steroli vegetali hanno dimostrato di ridurre i livelli di colesterolo, fattore di rischio per lo sviluppo di cardiopatie coronariche”.

Gli alimenti funzionali fanno parte dei nutraceutici assieme ai supplementi dietetici, vale a dire agli integratori alimentari. Negli integratori alimentari il principio attivo è contenuto all’interno di una capsula, di una compressa o di una formulazione liquida. L’alimento funzionale, potendo essere consumato nella dieta in maniera quotidiana, diviene veicolo degli stessi principi attivi contenuti nei supplementi dietetici.

Tra gli alimenti nutraceutici ci sono:

  • la pasta arricchita con il betaglucano dell’orzo, un principio attivo capace di ridurre i livelli di colesterolo;
  • il pomodoro nero ricco di antociani, sostanze dal forte potere antiossidante;
  • il kefir perché particolarmente ricco di probiotici.

Probiotici: cosa sono?

In accordo con le linee guida del Ministero della Salute i probiotici si definiscono come “microrganismi vivi e vitali che conferiscono benefici alla salute dell’ospite quando consumati in adeguate quantità come parte di un alimento o di un integratore”. Oltre a questa definizione ne esiste una seconda che riguarda direttamente l’alimento o l’integratore. Secondo questa definizione possiamo parlare di alimenti o integratori probiotici se questi “contengono, in numero sufficientemente elevato, microrganismi probiotici in grado di raggiungere l’intestino, moltiplicarsi ed esercitare un’azione benefica per lo stato di salute/benessere dell’uomo”. Si capisce da questa seconda definizione che un probiotico può far bene se è in grado di colonizzare l’intestino. L’aggettivo vitale contenuto nella prima definizione sta a significare che i batteri devono essere in grado di restare vivi e di proliferare anche dopo l’assunzione e l’ingestione da parte del consumatore. Nella definizione si parla anche di quantità adeguate. La ricerca scientifica ha infatti ampiamente dimostrato che c’è un vantaggio salutistico solo quando il probiotico viene somministrato ad un dosaggio corretto. Oggi si ritiene che un probiotico sia valido quando il singolo ceppo batterico in esso contenuto sia presente a un dosaggio non inferiore ad un miliardo di individui batterici vivi e vitali. Per tutti quei preparati che sono formulati prevedendo una numerosità per singolo ceppo inferiore ad un miliardo di batteri non si può parlare, dunque, di probiotico ma più propriamente di integratore alimentare di fermenti lattici.

I principali ceppi batterici contenuti negli integratori probiotici sono:

  • Bifidobatteri (Bifidobacterium breve, Bifidobacterium longum, Bifidobacterium infantis, Bifidobacterium animalis subsp. lactis);
  • Enterococcus faecium;
  • Lattobacilli (Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus plantarum, Lactobacillus casei, Lactobacillus paracasei, Lactobacillus rhamnosus GG);
  • Escherichia coli di Nissle.

Ora la domanda è: possiamo pensare di trovare questi stessi ceppi batterici e in tale numerosità all’interno di uno yoghurt? Purtroppo non è così. Gli starter moderni sono a base di Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus. Entrambi questi batteri sono termofili. Questo significa che sono attivi ad una temperatura superiore ai 42-43 °C e sono in grado di fare lo yoghurt in 40 minuti circa, cosa che li rende convenienti per l’industria alimentare. Al contrario i probiotici impiegano almeno 8 ore a una temperatura di 37°C. I primi non sono capaci di attecchire nel nostro intestino perché non resistono all’acidità gastrica e perché trovano un ambiente freddo (37°C anziché 42-43). Possiamo dire, dunque, che lo yoghurt è senza dubbio un buon alimento ma i suoi batteri non colonizzano l’apparato digerente. Diverso è il caso del kefir prodotto a temperatura ambiente.

Cosa sono e come agiscono i prebiotici

I prebiotici sono fibre alimentari solubili e non solubili normalmente contenute negli alimenti di origine vegetale. Dal punto di vista chimico sono dei carboidrati complessi che noi non siamo in grado di scomporre in zuccheri semplici. Per questo motivo le fibre alimentari vengono anche definite carboidrati indigeribili. Queste sostanze raggiungono inalterate il grosso intestino e qui vengono metabolizzate dalla flora batterica intestinale favorendone l’accrescimento numerico. I batteri residenti nel colon producono a partire dalle fibre alimentari degli acidi grassi a catena corta e tra questi l’acido butirrico. A livello intestinale, l’acido butirrico ricopre importanti funzioni. Se da un lato rappresenta una fonte energetica importantissima per le cellule della mucosa intestinale, dall’altra inibisce la proliferazione delle cellule tumorali svolgendo un possibile effetto protettivo nei confronti del cancro del colon-retto. Tra i prebiotici vanno citati i fruttoligosaccaridi o FOS, fibre solubili presenti in diversi frutti, verdure e piante comuni. Un esempio di FOS è l’inulina di cui sono particolarmente ricchi:

  • le cipolle;
  • l’aglio;
  • i carciofi;
  • le banane;
  • i porri;
  • gli asparagi;
  • il topinambur.