Ci risiamo, la storia ciclica del gossip è infinita e costellata di corsi e ricorsi storici. Non si fa in tempo a scrivere articoli su quanto sia ingiusto scatenare tempeste mediatiche che vadano a gettare nel torbido la vita privata altrui, che si ritorna al punto di partenza.
In questo caso la vicenda è ancora più deprecabile, dal momento che si torna di già a parlare di Raoul Bova. La rivelazione? Ha pranzato con una persona di sesso femminile. Tanto basta per scatenare gossip e titoli “acchiappaclick”. In questo caso l’altra persona è Beatrice Arnera che, come il suo collega, poco tempo fa aveva chiesto rispetto per la sua sfera privata. Richieste al vento, puntualmente ignorate.
Raoul Bova e Beatrice Arnera, pranzo insieme
Nel mondo del giornalismo si tenta da anni di portare avanti numerose “battaglie” comunicative. Tutto parte da domande che affondano le radici in maniera profonda nella nostra contemporaneità:
- perché certe espressioni dovrebbero essere retaggio del passato?
- perché determinati approcci alle notizie sono dannosi per il pubblico e il sistema tutto?
- perché le donne sono spesso private di cognome e professione nei titoli (e non solo)?
- perché lo sport femminile è sempre relegato in seconda pagina, su carta, online e in televisione?
Si potrebbe proseguire a lungo ma ne aggiungiamo soltanto un’altra: perché un uomo e una donna non possono condividere dei momenti insieme senza che si presuma ci sia un interesse di tipo romantico?
Raoul Bova e Beatrice Arnera sono colleghi che condividono il set di Buongiorno, mamma. Hanno deciso di pranzare insieme e stanno scontando questa colpa. La macchina del gossip è stata messa in funzione e, per quanto basata sul nulla, ha prodotto una storia.
Non conta che sia vera o falsa, non conta che abbia una seconda o terza puntata. Conta soltanto il click. Attirare la curiosità morbosa e spingere al commento, alla discussione e al giudizio. Dall’altra parte però ci sono due persone che stanno fronteggiando momenti delicati e meritano rispetto (lo meriterebbero a prescindere).
Il prezzo da pagare
Ma quali “baci galeotti” pensate ci siano stati se non quelli cordiali tra due conoscenti/amici che si ritrovano. Quali abbracci se non quelli che doniamo a chiunque faccia parte della nostra “cerchia” come forma d’affetto e cortesia.
Con l’automatismo del punta e scatta che abbiamo sviluppato negli anni Duemila, ci sarebbe online un album intero. Un fotoromanzo con tanto di nuvolette con i dialoghi aggiunti. Come se non bastasse, si decide anche di diffondere un po’ di informazioni extra su questo pranzo del peccato. Dalla città al nome del locale, così che i due debbano evitare di tornarci in seguito, qualora volessero.

Ma questo è il prezzo da pagare per la notorietà. È la punizione per chi in tempi di crisi può lavorare “senza faticare”. Ti meriti d’essere indicato come “manzo che si rimette al centro della stalla”, così come dall’altra parte ci si merita un “fascinosa trentenne”. Uno specchio devastante di chi siamo, vogliosi di drammi altrui per ignorare i propri, capaci di ridere e spettegolare di un pianto, presunto o reale che sia, di un uomo impegnato in una conversazione privata. E mai come in questi casi, chi scrive e chi legge condividono la stessa colpa.