Frigidità è un termine ormai fuori uso, utilizzato spesso in modo inopportuno e anche offensivo. Indica una difficoltà della donna ad agire, reagire e stare nella sessualità. Una difficoltà che può provocare grande dolore e disagio e che può avere cause fisiche e psicologiche. Abbiamo chiesto a Sara Bui, psicoterapeuta e sessuologa all’interno dell’équipe miosessuologo.it, di spiegarci meglio di cosa si tratta, per non spaventarci, né provare vergogna o paura, al di là degli stereotipi.
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Cosa si intende per frigidità
“Il termine frigidità non viene più utilizzato in campo medico psicologico in quanto considerato estremamente dispregiativo nei confronti delle donne”, precisa subito la terapeuta. “Tuttavia, con questo termine si indica letteralmente una “freddezza” della donna nei confronti della sessualità, quindi un’assenza di desiderio sessuale e una mancata risposta eccitatoria. In base alla nuova classificazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5), la frigidità rientrerebbe in quello che è stato denominato “Disturbo del desiderio sessuale e dell’eccitazione sessuale femminile”. Può presentarsi sotto varie forme: come assenza di desiderio e di iniziativa nel rapporto sessuale; come assenza di fantasie erotiche; come assenza di eccitamento in risposta a stimoli erotici o nei rapporti sessuali e come assenza di sensazioni genitali durante il sesso”.
Cosa si sente
“Una donna che si trova a vivere questa condizione – continua Sara Bui- può non sperimentare desiderio o eccitamento sessuale. Nel primo caso la donna non ha desiderio di iniziare un rapporto sessuale o una situazione di intimità anche in presenza di stimoli sessuali attivanti, nel secondo caso non c’è un aumento del desiderio che porta all’eccitamento e quindi poi all’orgasmo. Se una donna che sta vivendo questa difficoltà viene coinvolta in un rapporto sessuale, quindi, non sperimenterà il piacere tipico della situazione, ma anzi potrebbe provare anche dolore o comunque desiderio di interrompere l’attività stessa”. È evidente che gli strascichi del non-desiderio si portano anche al di fuori delle lenzuola e la donna potrà sentirsi inadeguata, insicura e infelice anche nella sua relazione di coppia.
Le cause: corpo e mente
Le cause possono essere varie e di natura sia fisica che psicologica. “A livello fisico possono esserci degli squilibri ormonali (per esempio in menopausa) oppure una riduzione del tono muscolare della vagina. A livello psicologico, invece, possiamo rilevare disturbi d’ansia che influiscono negativamente sul desiderio e sull’eccitazione sessuale; fobie sessuali specifiche; idee legate alla religione o conflitti con il partner di natura non sessuale che però incidono e bloccano anche nell’intimità. Per questo è necessario un assessment accurato che prenda in considerazione tutti gli aspetti. All’inizio del percorso sessuologico si raccomanda sempre anche una visita ginecologica in modo da comprendere l’eventuale contributo fisiologico alla condizione e impostare un trattamento completo ed efficace”.
Rimedi: cosa si può fare
Partendo dalla rassicurazione, dallo sradicare i sensi di colpa e di inadeguatezza, ci sono diversi rimedi in risposta al disagio percepito. “L’intervento sessuologico deve essere adattato alle varie situazioni: se la condizione è dovuta ad aspetti puramente psicologici, questi verranno affrontati in terapia in modo che non rappresentino più un ostacolo alla sessualità della donna. Se invece ci sono anche aspetti organici che influiscono sulla condizione, allora è necessario un lavoro in équipe che prevede l’intervento medico per i problemi fisici e l’intervento del sessuologo per gli aspetti psicologici. L’intervento medico prevede generalmente un trattamento ormonale o una ginnastica del pavimento pelvico che aiuta la donna ad aumentare la sensibilità alle stimolazioni vaginali. L’intervento psicologico, invece, si basa sull’affrontare l’eventuale ansia legata alla sessualità e sull’aumento del desiderio sessuale attraverso materiale erotico di vario genere (libri, film) ed esercizi comportamentali che hanno lo scopo di avvicinare gradualmente la donna alla sfera sessuale”.
La reazione di lui
E lui, il partner, come reagisce al non desiderio della compagna? “Da parte di lui spesso c’è frustrazione – continua la sessuologa- perchè il non desiderio di lei impedisce una serena attività sessuale di coppia e poi perchè spesso tende ad autocolpevolizzarsi, pensando di essere il problema. “Non sono in grado di farle provare piacere o di stimolare il suo desiderio sessuale”: questi sono i suoi pensieri. Si entra così in un circolo vizioso in cui lui pensa di essere la causa, e lei si sente in colpa perchè percepisce in lui un sacrificio. Entrambi si sentono responsabili, non sanno come uscirne, ma non ne parlano perchè il parlarne aumenta la frustrazione. Le coppie con questo disagio arrivano in terapia in una situazione di stallo. Nella terapia di coppia allora si lavora sul desiderio di lei, ma anche sul vissuto di lui e sul suo autocolpevolizzarsi e non sentirsi in grado”. L’obiettivo è intanto provare a sciogliere il blocco, entrare nella condivisione in modo chiaro e onesto, per ritrovarsi nudi, in tutti i sensi.