Immaginate una tavolozza di colori. Con tante variabili. C’è chi ha un colorito più roseo, chi invece tende maggiormente al candore. A creare questo cocktail cromatico concorrono diversi ingredienti come l’emoglobina, l’ossiemoglobina, la melanina e il carotene. Così si disegna il classico colorito di ognuno di noi. Tutto bene. Ma a volte questo meccanismo s’inceppa. E possono nasce vere e proprie discromie. Una di queste è la vitiligine.
Che va riconosciuta e tratta di conseguenza, offrendo ad ogni paziente una cura mirata, anche perché si può manifestare associata ad altre patologie e può impattare anche sulla psiche. Lo ricordano i pazienti, che hanno messo a punto cinque punti che compongono un vero e proprio “manifesto” per migliorare la gestione della patologia.
Indice
Perché occorre saperne di più
L’associazione di pazienti ANAP Onlus – Associazione nazionale “Gli Amici per la Pelle” ha raccolto in un Manifesto le cinque azioni da intraprendere per ottimizzare la gestione di questa patologia.
Il motivo? “Purtroppo c’è ancora molta disinformazione sulla vitiligine – spiega Ugo Viora, Presidente dell’Associazione. Questa condizione viene spesso ricondotta alla sola sfera estetica, quando si tratta di una vera patologia cronica autoimmune, con un forte impatto psico-sociale sui pazienti, la metà dei quali è rappresentata da minori e giovani adulti: ansia e depressione risultano rispettivamente il 72 per cento e il 32 per cento più diffuse rispetto al resto della popolazione e il ricorso a percorsi di terapia è 20 volte più frequente.
Il Manifesto nasce con l’intento di fare chiarezza sulla vitiligine e lanciare un appello alle istituzioni affinché vengano intraprese le azioni necessarie per supportare i pazienti e le loro famiglie”.
Una patologia complessa
Sulla complessità della patologia interviene anche Mauro Picardo, Coordinatore della Task Force per la vitiligine della SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse): “in quanto malattia autoimmune, con un decorso spesso progressivo, la vitiligine è frequentemente associata ad altre problematiche come le malattie tiroidee, le malattie infiammatorie croniche intestinali, il diabete mellito e l’alopecia areata. La creazione di percorsi di presa in carico è fondamentale, specialmente ora che la ricerca ha aperto nuovi scenari terapeutici, potenzialmente rivoluzionari”.
Cosa dicono le macchie sulla pelle
Sulla pelle possono comparire iperpigmentazioni e ipopigmentazioni. Ci sono macchie normalmente più innocue, come quelle caffè-latte dei bambini, che solo in qualche caso (è il medico che deve dirlo) possono essere espressione di patologia.
Altri esempi di iperpigmentazioni localizzate comuni ma di cui non allarmarsi sono il melasma (tipico della gravidanza o conseguenza della pillola contraccettiva), o comunque gli eccessi di colorazione che possono seguire a fatti infiammatori della pelle.
Il melasma o cloasma in particolare si manifesta come un alone bruno e diffuso in genere sulla fronte, ai lati del naso, sulle guance, sopra il labbro superiore, sul mento e sul décolleté. Ed è diverso dalle cosiddette lentigo solari, sono invece macchie tondeggianti che di solito compaiono nelle zone maggiormente esposte al sole e a scottature, come dorso delle mani, collo, schiena. A volte, infine, la pelle presenta macchie non solo più colorate, ma anche biancastre.
In questi casi si parla di ipopigmentazioni. In questo senso va inquadrata la vitiligine, che si manifesta con chiazze depigmentate della cute. Come detto ha probabile origine autoimmune e può associarsi ad altre patologie con la stessa causa quali la tiroidite, il diabete, l’alopecia areata, la celiachia e che vanno pertanto escluse. Altra forma comune di depigmentazione in chiazze è quella che si associa alla pitiriasi versicolor che non deve destare nessuna preoccupazione non essendo contagiosa né esprimendo malattie di altra natura. L’importante, come sempre è chiedere consiglio al medico, senza confondere possibili zone meno pigmentate con micosi in autodiagnosi.
I cinque punti del manifesto
Ecco, in sintesi, quanto propongono i pazienti nel “manifesto”.
- Occorre riconoscere la vitiligine: la vitiligine è una patologia cronica autoimmune e sistemica, spesso progressiva. In quanto patologia sistemica, è tipicamente associata ad altre patologie come la tiroidite autoimmune, il diabete autoimmune, l’artrite reumatoide o la depressione. Queste caratteristiche rendono la vitiligine una patologia complessa, che necessita di essere adeguatamente gestita in maniera multidisciplinare e personalizzata.
- Bisogna eliminare lo stigma: lo stigma nei confronti delle persone con vitiligine persiste, portando a isolamento sociale e disagi psicologici con aggravamento di ansia e depressione. La promozione della corretta informazione sulla vitiligine nella popolazione generale è fondamentale per abbattere lo stigma, così come è importante portare avanti iniziative di awareness che promuovano una maggiore consapevolezza sulla patologia e sul vissuto dei pazienti che ne sono affetti.
- Assicurare l’accesso equo e tempestivo alle cure: i pazienti hanno diritto ad accedere ai migliori standard di terapia sulla base del proprio quadro clinico, beneficiando dei progressi medico-scientifici senza barriere legate a fattori geografici e/o socio-economici.
- È necessario creare reti regionali e percorsi di cura integrati: la creazione di reti regionali dermatologiche e di percorsi dedicati per l’individuazione, la presa in carico e il trattamento dei pazienti con vitiligine sono essenziali per garantire una gestione coordinata ed integrata della patologia, con un approccio multidisciplinare che può generare effetti positivi anche sul Sistema-Salute nel suo complesso.
- Ci vuole un supporto psicologico. la vitiligine ha un impatto significativo sulla sfera famigliare, sociale e lavorativa delle persone che ne sono affette, con pesanti ripercussioni sulla qualità di vita e sulla salute mentale dei pazienti, in particolare sui minori e sugli adolescenti. Il riconoscimento di questo burden da parte delle istituzioni è centrale nella costruzione di percorsi di presa in carico adeguati, pertanto, è auspicabile che il supporto psicologico sia parte integrante di questi modelli, per contribuire a mitigare ansia e depressione e migliorare la salute complessiva dei pazienti.