Meduse, ricci e pesci pericolosi: pronto soccorso al mare

Bicarbonato, impacchi di aceto e acqua ossigenata: i rimedi contro i pericoli del mare. E quando è meglio andare al pronto soccorso

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Spiaggia, sole, tuffi, passeggiate sul bagnasciuga. Nel “pacchetto”, a volte, può essere compresa anche qualche piccola disavventura, legata ad esempio al contatto ravvicinato con una medusa o con la punta di una tracina celata nella sabbia. Come comportarsi? Ecco qualche semplice consiglio per il pronto soccorso tra le onde.

Meduse, occhio anche a distanza di tempo

Prima di tutto, sfatiamo un mito. Da noi, per fortuna, non ci sono le meduse che in altre acque possono risultare anche mortali se entrano a contatto con il corpo umano. Il problema può essere presente ad altre latitudini, ad esempio nel sud-est dell’Asia o in Oceania. Nelle onde del Mediterraneo girano altre meduse, che a volte non sono nemmeno urticanti. In tutti i casi, a detta degli esperti, solo raramente è necessario ricorrere al pronto soccorso.

Il contatto con questi abitanti del mare, sia chiaro, non è piacevole perché i tentacoli possono rilasciare un composto urticante che al contatto con la pelle determina estremo dolore e bruciore, lasciando spesso una vera e propria impronta. Possono comparire veri e propri ponfi, simili a quelli dell’orticaria. Ma dopo una mezz’ora il bruciore si riduce  e rimane  solo una fastidiosa sensazione di prurito.

Attenzione però: a volte possono anche comparire reazioni ritardate. Non ci si accorge quasi dell’avvenuto contatto con la medusa: ma a distanza di settimane possono comparire lesioni arrossate, apparentemente senza spiegazione, legato proprio a quell’incontro non gradito.

Sul fronte dei rimedi, non esistono antidoti specifici per questi veleni che tuttavia sono termolabili, cioè si degradano alle alte temperature. Il consiglio è di uscire subito dall’acqua e poi lavarsi la parte colpita con acqua di mare, e non con acqua dolce. Così si puliscono le aree della pelle che possono ancora avere attaccate parti di medusa, ma soprattutto si diluisce la tossina non ancora penetrata all’interno. Ovviamente poi si provvede ad un’attenta disinfezione con bicarbonato, anche se i rimedi popolari segnalano l’utilità dell’ammoniaca o degli impacchi d’aceto.

Secondo gli studiosi oltre ad evitare di grattarsi non serve applicare sulla parte una pietra, strofinare con sabbia calda, lavare con ammoniaca, aceto o alcol. C’è il rischio di aumentare l’infiammazione della parte colpita. Importante è invece fare attenzione: se la reazione della pelle si diffonde, se compaiono sudorazione, pallore o addirittura se si sviene. In questi ovviamente occorre andare al pronto soccorso.

Per gli “aculei” pulizia accurata

Rimanendo sui fondali sabbiosi, una passeggiata tra le onde per sfruttare l’effetto acquagym può nascondere l’insidia della spina dorsale della tracina. Per questo si può anche  fare conoscenza – sgradita – anche con la spina dorsale della tracina, un pesce che di solito vive in fondali bassi (spesso molto vicina a riva) e sabbiosi.  A rischio sono quindi le tante persone che scelgono di fare acquagym per tenersi in forma, o comunque chi ama camminare a lungo nell’acqua bassa.

Nell’aculeo della spina è contenuto un veleno che nell’uomo fortunatamente non è letale, ma la puntura può far decollare un intenso dolore che, seppur raramente, può portare addirittura a svenire. In generale, comunque l’area del piede interessata diventa molto gonfia e fa particolarmente male. Il pronto soccorso prevede di medicare la ferita con acqua ossigenata o simili, ricordando che la tossina inoculata dalla tracina è termolabile. Per questo occorre immergere la parte colpita in acqua calda (alla massima temperatura sopportabile facendo attenzione a non provocare ustioni!) per quasi un’ora.

Se compaiono sintomi come tachicardia, difficoltà alla respirazione, nausea, difficoltà di movimento dell’arto colpito occorre rivolgersi al 118 o farsi accompagnare al pronto soccorso.

Più difficile è invece trovarsi ad affrontare la spina di uno scorfano, perché questo pesce predilige i fondali più profondi e vive soprattutto tra gli scogli. Sempre tra gli scogli, si può mettere improvvidamente mano o piede su un riccio di mare, che si “difende” dal contatto con gli aculei.

Cosa fare? Occorre  togliere con una pinzetta o con un ago gli aculei rimasti conficcati nella pelle, ovviamente previa attenta disinfezione. Se infatti non si procede ad un’adeguata pulizia dell’area interessata, c’è il rischio che si formino granulomi nella parte interna della pelle intorno alla zona in cui l’aculeo si è infiltrato. Anche in questo caso, però attenzione: se nelle nostre acque non ci sono particolari problemi, la puntura di riccio di mare può risultare ben più problematica da trattare quando si scelgono come mete l’Oceano indiano o il Mar Rosso.