Spondiloartrite, come nasce, come si cura e quale attività fisica aiuta

Il termine spondiloartrite indica diverse patologie infiammatorie croniche che riguardano soprattutto la colonna vertebrale: sintomi e cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 4 Novembre 2024 12:36

Ne parliamo al singolare. Ma sarebbe più corretto definire al plurale la spondiloartrite, visto che con questo termine si definiscono diverse patologie infiammatorie croniche che interessano soprattutto, ma non solo, la colonna vertebrale.

Ovviamente il controllo del dolore e dell’infiammazione rappresenta l’obiettivo fondamentale dell’approccio di cura, con un occhio di riguardo per la possibile presenza di altre malattie che possono associarsi. Ma oggi convivere con la malattia limitando i rischi di sviluppare disabilità serie (come purtroppo avveniva in passato) è possibile.

Lo confermano gli esperti che si sono riuniti a Padova in occasione del congresso è dedicato il Congresso SpA & Sport, promosso da Roberta Ramonda, dell’UOC di Reumatologia, Dipartimento di Medicina – DIMED Università degli Studi di Padova e vicepresidente della Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia (FIRA).

Come nasce e chi colpisce

Le spondiloartriti come detto rappresentano un gruppo vasto ed eterogeneo di patologie infiammatorie croniche che interessano principalmente la colonna vertebrale e le articolazioni sacro-iliache, ma possono colpire anche le articolazioni periferiche, con coinvolgimento della membrana sinoviale, della capsula e della cartilagine articolare, dei tendini e del liquido sinoviale.

Oltre alle manifestazioni articolari, le spondiloartriti possono essere associate a patologie extra-articolari, quali la psoriasi, l’uveite (infiammazione a carico di alcune strutture dell’occhio), o le malattie infiammatorie croniche intestinali, come la malattia di Crohn o la rettocolite ulcerosa.

“Le spondiloartriti colpiscono 14,3 persone ogni 100.000 adulti con una netta prevalenza del sesso maschile (3 a 2) e un’età di insorgenza intorno ai 18-35 anni – spiega l’esperta. Se non riconosciute in tempo e trattate precocemente possono causare progressivamente gravi disabilità, con importanti conseguenze fisiche, psicologiche, sociali, lavorative ed economiche.  Diventa quindi fondamentale attivare percorsi diagnostici e terapeutici efficaci”.

Come nasce e si manifesta la spondiloartrite

Il sintomo principale comune a tutte queste forme è il dolore lombare, associato a rigidità e difficoltà nei movimenti, di fondamentale importanza, quindi, l’attenta valutazione di queste manifestazioni ai fini di una corretta diagnosi. Al momento non si è ancora compreso l’esatto meccanismo che porta allo sviluppo delle spondiloartriti magli studi scientifici si stanno concentrando su più fronti.

La ricerca scientifica sta indagando, ad esempio, le cause legate alla spondilite, con interessamento in particolare delle vertebre, e ha messo in evidenza il ruolo fondamentale dello stato infiammatorio intestinale conclamato o subclinico come contributo al processo infiammatorio del danno articolare.

“Studi recenti hanno dimostrato che alterazioni nella composizione del microbiota intestinale possono predisporre sviluppi infiammatori sistemici e influenzare la risposta immunitaria, contribuendo così all’insorgenza e alla progressione della malattia – fa sapere Francesco Ciccia,  Ordinario di Reumatologia presso l’Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli e membro del Comitato Scientifico FIRA.

La disbiosi, caratterizzata da uno squilibrio tra microrganismi benefici e patogeni, può rafforzare i meccanismi immunologici coinvolti nella spondilite, attivando una risposta infiammatoria esagerata. Comprendere questi fenomeni può offrire nuove prospettive terapeutiche, spingendo a puntare anche su interventi mirati a modulare il microbiota e ridurre l’infiammazione intestinale”.

Anche la genetica è chiamata in causa dagli ultimi studi. Si sa da tempo, per esempio, che la presenza di un gene (HLA-B27) predispone allo sviluppo della spondilite anchilosante e di altre patologie immunomediate (tra cui diabete, sclerosi multipla e Crohn).

Le ricerche più attuali hanno inoltre messo in evidenza che una variante differente per un solo aminoacido (B*2709) diffusa nell’Italia meridionale non conferisce predisposizione alla malattia. Dal confronto tra le due varianti, riteniamo di poter risalire in futuro alla scoperta del meccanismo che causa questa patologia – precisa Alberto Cauli, ordinario di Reumatologia dell’Università di Cagliari, Direttore della Reumatologia dell’AOU di Cagliari”.

Come si cura la spondiloartrite

Il progresso della ricerca scientifica ha già permesso di sviluppare terapie sempre più innovative ed efficaci per il trattamento di queste patologie grazie ai farmaci biotecnologici che contrastano le citochine e proteine pro-infiammatorie (anti TNF alfa, anti CTLA4 e anti JAK), oltre a quelli tradizionali. In ogni caso, la terapia delle spondiloartriti si è arricchita permettendo ai pazienti di ottenere risultati impensabili sino a 10-15 anni fa.

La possibilità di raggiungere uno stato di benessere definito come remissione è attualmente possibile in un numero sempre più elevato di pazienti – rileva spiega Roberto Caporali, Direttore Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche ASST Pini-CTO di Milano, Università di Milano. Questa si può ottenere però solo se vi è una diagnosi e un trattamento precoce della malattia. Ad oggi permane un ritardo diagnostico ancora troppo lungo: è necessario lavorare molto sul riconoscimento dei sintomi di malattia e sull’invio precoce dei pazienti alla valutazione reumatologica per poter aumentare la quota di pazienti che possano raggiungere la remissione e riacquistare una normale qualità della vita”.

Il valore della giusta attività fisica

Per il miglioramento della qualità di vita dei pazienti è fondamentale adottare una terapia multidisciplinare che presti una particolare attenzione anche all’esercizio fisico, al potenziamento muscolare, alla fisiochinesiterapia e a un adeguato stile di vita anche dal punto di vista nutrizionale.  Lo conferma Andrea Ermolao, Direttore dell’U.O.C. Medicina dello Sport e dell’Esercizio Università di Padova.

“I benefici principali potenzialmente includono il miglioramento della mobilità articolare, della postura e della flessibilità, elementi fondamentali per contrastare la rigidità tipica della malattia – segnala.

L’attività fisica regolare, in particolare esercizi di allungamento, rafforzamento muscolare e attività aerobiche a basso impatto, come il nuoto o il ciclismo, possono ridurre il dolore, l’infiammazione e la progressione della malattia, migliorando anche la qualità della vita. Tuttavia, è essenziale che il programma di esercizio sia individualizzato in base alle condizioni cliniche e funzionali del paziente”