Pressione, come misurarla bene per ridurre i rischi di “false” ipertensioni

La pressione va misurata seduti su una sedia coi piedi appoggiati per terra e la schiena sostenuta

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

L’ipertensione, si sa, è uno dei principali killer per l’apparato cardiovascolare. Con la sua azione sulle arterie, che col tempo diventano più rigide e meno elastiche, mette a rischio cuore, cervello e reni. E quindi incrementa i pericoli di andare incontro a infarto, ictus e malattia renale cronica. Per questo è fondamentale controllarla regolarmente, specie se i valori sono sopra la norma. Ma bisogna farlo nel modo giusto. In questo senso una ricerca americana rivela che a volte la pressione viene misurata con la persona in posizione impropria, quindi con rilevazioni che possono ingannare.

Perché l’ipertensione è pericolosa

L’ipertensione è estremamente pericolosa per le arterie coronariche, e quindi per il cuore, perché negli anni rende i vasi meno flessibili e più rigidi, facilitando la formazione delle placche lungo le pareti arteriose. Questo porta ad una maggior fatica del cuore ad adattarsi alle maggiori richieste dell’organismo, e quindi ad un superlavoro che alla fina può sfiancare il cuore.

Esiste infatti un rapporto diretto tra valori di pressione e ischemia (cioè carenza di ossigeno) al cuore. Quanto più sale, e da lungo tempo, la pressione, tanto maggiore è il rischio di andare incontro ad infarto. Per difendersi bisogna misurare regolarmente la pressione dal proprio medico e quando il problema viene scoperto, tenerlo sotto controllo con i farmaci e con qualche semplice regola: poco sale a tavola, peso regolare, niente fumo, pochi alcolici, attività fisica regolare.

Come si dovrebbe misurare la pressione

Ricordando che è fondamentale seguire con cura le terapie indicate dal medico, magari assumendo i trattamenti in precisi momenti della giornata per non dimenticarli (ad esempio quando si va in bagno la mattina) magari anche mettendo il classico “ping” sullo smartphone per ricordarsi le terapie, il controllo dei valori è fondamentale. Oltre al monitoraggio del medico si può automisurare la propria pressione arteriosa, con strumenti automatici e validati, sempre usando il braccio e non il polso e restando in posizione seduta, in ambiente tranquillo e ben riscaldato, due-tre volte la settimana in orario disparato.

Importante è anche misurarla almeno ogni tre mesi pochi istanti dopo essersi alzati, per scoprire un’eventuale ipotensione ortostatica, con cali di pressione quando si passa da sdraiati in posizione eretta. Questa situazione, soprattutto nell’anziano, rende ragione del rischio di svenimenti che si può osservare in quell’età e non solo.

Milioni di persone con pressione sanguigna normale potrebbero essere erroneamente classificate come aventi una pressione sanguigna troppo alta a causa del posizionamento improprio durante le misurazioni, suggerisce una nuova ricerca.

Perché la posizione di rilevazione è importante per svelare l’ipertensione

Una ricerca americana rivela come spesso si faccia l’errore di misurare la pressione in posizioni non proprio corrette. Questo approccio potrebbe aumentare il rischio di andare incontro ad errori. Per una lettura accurata, come consigliano le linee guida dell’American Heart Association e dell’American College of Cardiology, il paziente dovrebbe essere sia seduto su una sedia con i piedi appoggiati sul pavimento, la schiena sostenuta e il braccio che indossa il bracciale per la pressione arteriosa sostenuto all’altezza del cuore.

Invece accade che le rilevazioni vengano effettuate con il malato seduto sul lettino, a gambe penzolanti e con la schiena che non si appoggia. Il che potrebbe influire sui valori ed aumentare la possibilità che si rivelino possibili ipertensioni anche quando non presenti. A segnalarlo è una ricerca presentata alla conferenza annuale dell’American Heart Association di Filadelfia.

Cosa rivela lo studio

La ricerca ha preso in esame 150 adulti divisi in tre gruppi. Nel primo la pressione è stata misurata su un lettino da esame ad altezza fissa e poi su una poltrona da esame con posizionamento regolabile. Nel secondo sono state adottate le stesse posizioni ma in ordine inverso. Nel terzo le due rilevazioni sono state assunte sulla sedia. La media di tre misurazioni effettuate sul lettino è stata confrontata con la media di quelle effettuate sulla sedia.  Risultato: sul lettino degli esami la rilevazione è risultata mediamente di 7 millimetri di mercurio più alta per la massima (ovvero la sistolica) e di 4,5 per la diastolica, la pressione minima, rispetto a quanto rilevato sulla sedia. Una differenza significativa, non si può negare.

Come scoprire se si è ipertesi

I valori ottimali di pressione dovrebbero mantenersi sotto i 120 millimetri di mercurio per la massima e gli 80 per la diastolica, ma si accettano tranquillamente (pur se ogni persona presenta condizioni di rischio cardiovascolare specifici e quindi i limiti accettabili vanno adattati caso per caso) anche valori che arrivano a sfiorare i 130 di sistolica e gli 85 di minima.

Poi si passa nel pianeta della pre-ipertensione o pressione normale-alta, che  colpisce circa il 30% della popolazione adulta italiana con valori pressori compresi tra 130 e 139 millimetri di mercurio di massima e tra 85 e 89 millimetri di mercurio per la minima. Si tratta di una condizione che va monitorata, soprattutto considerando che tende ad interessare in particolare i giovani adulti, under-50, che magari riferiscono questi incrementi pressori anche minimi alla tensione e agli impegni pressanti.

Questa situazione non crea quasi mai disturbi particolari, come del resto l’ipertensione, ma può avanzare nel tempo dando luogo ad un incremento del rischio. Basti pensare che anche solo un modesto incremento dei valori pressori di 2 millimetri di mercurio sopra i livelli consigliati può essere correlato ad un incremento di casi di infarto (7%) e ad un 10% di ictus, come riportato anche dalle indicazioni della Società Europea di Cardiologia (ESC) e dalla Società Europea dell’Ipertensione (ESH).