Pranzo di Natale (e non solo), sei alimenti che proteggono il cuore e non debbono mancare

I consigli per mangiare bene senza appesantirsi a Natale. L'importante è non esagerare con le dosi e fare attenzione all'impiattamento

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 16 Dicembre 2024 18:41

Attenzione al cuore e alle arterie. Sono sottoposti a stress tutto l’anno, ma proprio durante il Natale possono veder accentuarsi, in qualche caso, i meccanismi che li mettono a rischio. Ricordate quindi di non smettere le cure se siete in trattamento per specifici fattori di rischio come ipercolesterolemia o ipertensione, tentate di ridurre la tensione di regali, appuntamenti ed occasioni varie e soprattutto fate attenzione a tavola.

Non esagerate con le dosi e, pur nella certezza di mangiare piatti tradizionali davvero utili, tenete presente che anche nelle ricette più ardite, gustose e colorate si può mettere qualche attenzione alla salute. Come? Una ricerca spagnola rivela come per proteggere il cuore anche estratti vegetali, ricchi di composti bioattivi potrebbero essere d’aiuto. Ovviamente non si tratta solamente di cibi, ma di veri e propri “estratti” studiati sotto il profilo biologico. Ma lo studio, apparso su Food Bioscience, offre comunque informazioni utili derivanti da studi in laboratorio e sulle persone.

Ecco i magnifici sei

Lo studio è stato condotto dal gruppo di ricerca guidato da Francesc Jiménez Altayó. Docente presso il Dipartimento di Farmacologia, Terapia e Tossicologia dell’Università di Barcellona. Come riporta una nota dell’ateneo, la ricerca si concentra sui meccanismi d’azione e sulle prove precliniche e cliniche di questi componenti che insistono sulla salute oltre che sui potenziali eventi avversi.

Tra le specie analizzate, sono riportate sei piante rappresentative e i loro principali componenti attivi: aglio (Allium sativum, con trisolfuro di diallile, allicina e S-allile [cisteina]), biancospino (Crataegus monogyna, con quercetina, apigenina e acido clorogenico), zafferano (Crocus sativus, con crocina e safranale), olivo (Olea europaea, con acido oleico, oleuropeina, idrossitirosolo e oleaceina), rosmarino (Salvia rosmarinus, con acido rosmarinico e acido carnosico) e vite (Vitis vinifera, con resveratrolo).

La revisione si è concentrata sui meccanismi farmacologici più importanti, tra cui le loro azioni antiossidanti, antinfiammatorie e vasodilatatrici, nonché la loro regolazione del metabolismo lipidico, che può essere rilevante per condizioni come l’aterosclerosi e l’ipertensione.

I risultati mostrano che questi componenti attivi sono promettenti nel potenziale trattamento dell’aterosclerosi e potrebbero ridurre il rischio di eventi cardiovascolari. Ma non basta. Oltre a disegnare il futuro la ricerca mostra quanto e come sia necessario allargare la base scientifica di questi rimedi tradizionali.

Ed ecco le raccomandazioni generali

Esagerare fa male. Ma a piccole dosi gli alimenti di pranzo e cena di Natale possono anche aiutare a star bene. Non ci credete? Proviamo a partire dalla coda del pasto.

Le noci sono ricchissime di acidi grassi essenziali, quelli che il corpo non è in grado di produrre da solo e deve necessariamente “trarre” dagli alimenti. Il ruolo di queste sostanze è fondamentale soprattutto per la formazione delle membrane cellulari, che funzionano come “dogana” per la cellula. E lasciando entrare quanto davvero utile, eliminando al contempo quello che si trova in eccesso all’interno dell’unità operativa dell’organismo o comunque può danneggiarla.

Né (a patto che sia davvero un’occasione, perché l’alcol non fa certo bene) va demonizzato un bicchiere di spumante, ovviamente di qualità. Contiene basse quantità di alcol e sostanze come i polifenoli che possono anche aiutare a combattere i radicali liberi.

Piuttosto, meglio fare attenzione agli zuccheri in eccesso. Favoriscono la glicosilazione, cioè il legarsi spontaneo e irreversibile di zuccheri, come ad esempio il glucosio o il fruttosio, alle proteine cellulari. Se provassimo a vedere con il microscopio cosa accade vedremmo che su ogni proteina cellulare c’è una specie di “chiave” che consente alla proteina stessa di “aprire” alla sostanza con cui deve legarsi.  E lo zucchero va a bloccare la serratura, senza più staccarsi. Il che obbliga la cellula a produrre nuovamente la proteina che non è più disponibile. Alla lunga, soprattutto nelle persone anziane, questo compenso sfianca la cellula che quindi muore.

È per questo che con gli zuccheri conviene fare attenzione, evitandoli lontano dai pasti. Nel nostro sangue ci sono normalmente cinque grammi di glucosio. In un cucchiaino e mezzo da caffè ce ne sono otto. Se la crescita del glucosio avviene fisiologicamente durante i pasti il pancreas produce insulina e tampona. Ma se l’aumento si verifica più volte nella giornata, si rischia che il pancreas si affatichi troppo e che i tessuti periferici siano sempre meno sensibili all’insulina, fino ad avere bisogno di quantità sempre maggiori di questo ormone.

I secondi digeribili

A ritroso parliamo di secondi. Per il secondo di carne, la classica faraona è molto ricca di proteine ed anche di vitamine, soprattutto B1, B2 B6 e PP. E non contiene molti grassi, al contrario di zampone e cotechino fatti mediamente da un terzo di carni suine magre, un terzo di cotenna depilata e un terzo di grassi di maiale.

Meglio consumarne poco, e dopo aver ben scolato il grasso, insieme alle lenticchie come piatto unico, per disporre di fibre necessarie alla digestione. Un unico consiglio per chi sceglie la carne: cuocetela bene e fatela seguire da un frutto, per aiutare le proteine presenti a “sciogliersi” e quindi favorire la digestione. In ogni caso, se potete, meglio preferire il pesce.

Se volete fare uno strappo esotico, semmai, sostituitelo con le alghe. Pesci ed erbe di mare mantengono fluida la membrana della cellula che la protegge dai radicali liberi. Il consumo regolare di pesce e alghe assicura un valido introito di omega-3 e quindi consente di mantenere fluida la membrana. A patto che però siano presenti sostanze antiossidanti, necessarie per evitare che gli acidi grassi diventino inutilizzabili.

Per cui è meglio accompagnare il pesce con piccole quantità di frutta e verdura, meglio se cruda, perché i vegetali sono ricchissimi di vitamine e minerali ad azione protettiva contro l’ossidazione. E ricordate che il classico salmone contiene acidi grassi Omega-3, ad azione protettiva per i vasi sanguigni. E che il salmone giovane ha meno grassi e proteine, che invece aumentano nell’animale più “anziano” e dopo la conservazione.

Per i primi (e non solo) attenzione ai piatti

Che siano tortellini, ravioli, pappardelle, tagliatelle o lasagne, cercate di non esagerare con dosi e condimenti. E fate attenzione al fenomeno di Delboeuf. Di cosa si tratta? È una reazione che potrebbe aiutarci, e non solo in queste settimane, a tenere sotto controllo il peso. In pratica, dobbiamo abituarci e farci guidare dagli occhi per tentare di frenare la gola. Lo strano fenomeno di che se e noi mettiamo due cerchi di dimensioni uguali uno vicino all’altro e uno dei due è all’interno di un anello, quello che presenta un contorno di colore diverso tende ad apparire più grande.

Indicazione pratica: anche il cibo di colore diverso rispetto al piatto viene visto come una sorta di “contorno” interno di un cerchio che appare più grande, portandoci a mangiare di più. Insomma, fate attenzione anche al servizio in cui presentate i manicaretti di stagione. anche il colore del piatto, qualora si associ a quello dell’alimento che si sta consumando potrebbe influire sull’introito calorico globale.

A consigliarlo è uno studio di qualche tempo fa delle Università di Groningen e della Cornell Università di Ithaca. Gli scienziati hanno provato a servire pasta con pomodoro o panna in piatti dello stesso colore dei sughi o di colore opposto rispetto al condimento. In genere, a prescindere dalla ricetta, chi si nutriva con portate e piatti della stessa caratteristica cromatica tendeva a mangiare il 22 per cento in più rispetto a chi invece “incrociava” i colori di piatti e ricette.