Osteoporosi, chi salta la colazione e cena tardi rischia di più: lo studio giapponese

Saltare la colazione e cenare tardi costituirebbero un fattore di rischio autonomo dell'osteoporosi: cosa dice la ricerca e come proteggerci

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

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Non facciamo attenzione solamente a introito di calcio e vitamina D, oltre che al controllo del peso, se vogliamo prevenire le fratture da osteoporosi. Perché tra le buone abitudini che dobbiamo tenere c’è anche la necessità di guardare con cura non solo quanto mangiamo, ma anche quando facciamo i nostri pasti. Perché lo stile di vita a tavola, indipendentemente da alimenti e dosi, potrebbe comunque avere importanza.

Soprattutto, cerchiamo di non saltare la colazione, limitandoci al caffè in tutta fretta, e a non cenare troppo tardi. Queste due abitudini, infatti, potrebbe influire sui rischi, almeno stando a quanto riporta una ricerca giapponese apparsa su Journal of Endocrine Society.

Il tutto, sia chiaro, ricordando che se su alcuni aspetti di rischio per le ossa non possiamo agire (parliamo dell’età, del genere e della familiarità), per altri gli stili di vita sono fondamentali. Pensate a fumo, abuso di alcol, cattiva qualità del sonno e sedentarietà, solo per vitare alcuni elementi.

Quanto rischi chi non fa colazione e cena di notte

La letteratura scientifica ha già mostrato come l’abitudine di saltare la prima colazione sia correlata con una minore densità minerale ossea, con dati che a volte mostrano anche un maggior rischio di fratture. Lo studio nipponico è andato oltre.

Per chiarire la relazione tra rischio di fratture da osteoporosi, frequenza di consumo della prima colazione e tempi di assunzione della cena, gli autori di questo studio (primo nome Hiroki Nakajima dell’Università di Nara) hanno analizzato i dati di 927.130 soggetti di età pari o superiore a 20 anni, estratti dalla banca dati DeSC.

Questa sorgente di informazioni contiene dati sanitari e amministrativi di circa 11 milioni di persone, che si sono sottoposti a un controllo sanitario tra il 2014 e il 2022 e che sono stati seguiti per una durata media di 2,6 anni. Durante il periodo di osservazione si sono verificate 28.196 fratture osteoporotiche maggiori (anca, avambraccio distale, vertebra o omero).

L’analisi ha rivelato che, anche dopo l’aggiustamento per i principali fattori potenzialmente confondenti, il rischio di fratture era significativamente più alto tra chi aveva l’abitudine per più di 3 volte a settimana di saltare la colazione o di cenare tardi, e cioè meno di 2 ore prima di coricarsi. La combinazione delle due abitudini ha mostrato un effetto additivo, con un rischio ancora maggiore per chi adottava entrambi i comportamenti rispetto a chi non adottava nessuno dei due. L’analisi ha inoltre permesso di confermare altri fattori di rischio per la salute delle ossa, come il fumo e l’appartenenza al genere femminile, che potrebbero ampliare il ruolo dell’alimentazione.

Il peso dello stile di vita sulla genesi dell’osteoporosi

Lo studio mostra quindi come l’abitudine di saltare la colazione e/o cenare tardi andrebbe considerata un fattore di rischio indipendente, da aggiungere agli altri sopracitati. Ma soprattutto conferma come in qualche modo lo stile di vita conti nella genesi della malattia.

Per tentare di spiegare l’associazione tra colazione non fatta, cena ritardata e salute dell’osso gli esperti ipotizzano anche un possibile impatto negativo sull’osso dovuto all’alterazione dei ritmi circadiani che regolano il metabolismo osseo e all’aumento dei livelli di cortisolo e dello stress ossidativo in caso di consumo tardivo della cena. Le ricerche future dovrebbero auspicabilmente approfondire la relazione tra tempi di consumo dei pasti e metabolismo osseo e valutare l’efficacia di interventi mirati a correggere le abitudini alimentari per la prevenzione delle fratture.

Nel frattempo, teniamo presente che l’osteoporosi in termini generali è legata al mutamento della struttura dell’osso che col tempo diventa più fragile e quindi si può “rompere” più facilmente, è uno dei problemi di salute più temuti per la donna, anche se ovviamente può colpire anche l’uomo.

Per la donna il passaggio dalla vita fertile a quella post-menopausale fa da spartiacque, visto il calo degli ormoni estrogeni che sono un naturale regolatore del metabolismo osseo nel gentil sesso. Il meccanismo che crea il danno osseo appare fondamentalmente legato ad uno squilibrio nel normale metabolismo delle cellule che normalmente fanno sì che l’osso mantenga sempre la sua robustezza e la sua elasticità.

Ogni giorno, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, lavorano infatti nel nostro organismo i “costruttori” di osso cui si contrappongono le cellule che invece hanno il compito di “demolire” le parti vecchie del tessuto perché siano sostituite. I primi si chiamano osteoblasti, le seconde osteoclasti. Il lavoro di queste “operai” specializzati è perfettamente organizzato finché la produzione degli ormoni estrogeni è sufficiente, perché questi lavorano come “controllori” biochimici. Con la menopausa, periodo in cui si verifica questo deficit ormonale, l’azione degli osteoclasti si fa via via più incisiva e gli osteoblasti non sono più in grado di sostituire il tessuto osseo perduto. Risultato: l’osso diventa progressivamente sempre più debole (osteoporosi) e quindi si “rompe” con maggior facilità.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.