Indice di Massa Corporea: perché bisogna misurare anche la pancetta

Se il girovita misura più di 88 centimetri è necessario cambiare alimentazione e fare più attività fisica. Quali sono i rischi del grasso sulla pancia

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

IMC. Indice di Massa Corporea o BMI. Ovvero rapporto tra peso e altezza. Se siete abituate a considerare solamente questo parametro per stabilire il benessere, probabilmente dovrete ricredervi. O almeno dovrete aggiungere altri parametri per comprendere il vostro rischio metabolico e cardiovascolare. A chiedere la revisione delle linee guida italiane, alla luce delle recenti modifiche delle linee guida americane, sono gli esperti della Società Italiana di Endocrinologia (SIE) in occasione del congresso nazionale.

Che la circonferenza addominale sia particolarmente efficace nel definire il rischio, d’altra parte, è risaputo. E quindi occorre utilizzare di più questo parametro. Per questo gli specialisti della Società Italiana di Endocrinologia  propongono di integrare il BMI o IMC con altri parametri, in particolare con la valutazione del grasso viscerale tramite la misura del giro vita e la stima della composizione corporea misurata dal plicometro.

Diagnosi più precise di sovrappeso e obesità

“Secondo i dati di una recente ricerca l’utilizzo esclusivo del BMI porterebbe a classificare erroneamente come non obesi milioni di americani perché basare la diagnosi di obesità solo su questo parametro biometrico, espresso come il rapporto tra peso e altezza, conduce a sbagliare metà delle diagnosi e a sottovalutare il peso nel 53% dei casi e, di conseguenza, a trascurare interventi terapeutici e cambiamenti nello stile di vita necessari per la salute – segnala Anna Maria Colao, presidente SIE e ordinario di Endocrinologia all’Università Federico II di Napoli”.

I limiti e l’enorme numero di abbagli dell’IMC come unico parametro per la diagnosi di obesità sono stati evidenziati da uno studio della Rutgers University su 9.784 adulti di età compresa tra i 20 e i 59 anni, classificati come obesi sulla base dei risultati di un esame chiamato “assorbimetria raggi x a doppia energia” (DEXA), in grado di stimare accuratamente la composizione corporea.

I risultati hanno mostrato che ben il 53% dei soggetti è “sfuggito” alla diagnosi quando valutati solamente con il BMI. In pratica, basando la valutazione solo sul BMI, oltre la metà dei partecipanti obesi ha ottenuto come risultato un “falso negativo”.  “Quando poi i ricercatori hanno aggiunto alla valutazione con il BMI anche solo il parametro relativo alla circonferenza della vita le valutazioni errate si sono ridotte del 23% – sottolinea Colao -. In pratica, una volta considerati entrambi i criteri, BMI e circonferenza vita, solo il 31% delle persone obese è ‘sfuggito’ alla diagnosi.

Il principale limite del BMI è che non distingue tra acqua, massa ossea, massa muscolare e tessuto grasso né tra accumulo di grasso viscerale, la cosiddetta ‘pancetta’, e grasso sottocutaneo, non tenendo così conto dell’influenza di genere. Le donne, infatti, hanno più grasso sottocutaneo rispetto agli uomini, localizzato su fianchi e cosce, che è meno dannoso per la salute rispetto al grasso addominale, che i maschi accumulano più facilmente nelle sezioni centrali del corpo. È evidente dunque che utilizzare un unico parametro che non tiene conto di queste sostanziali differenze porta sia a sovrastimare erroneamente l’obesità nelle donne che a sottovalutarla negli uomini, con una pericolosa distorsione della comprensione da parte dei medici del rischio di malattia e mortalità legate all’obesità”.

Come si misura il girovita

Prendete un metro da sarto. Ponetelo intorno all’addome, nella sua parte più prominente. Se siete sopra gli 88 centimetri (per i maschi ovviamente la quota permessa è più elevata), prevedete un piano che sia fatto di attività fisica, magari per rinforzare gli addominali, e un’alimentazione che riduca le calorie. Il tutto, anche se la bilancia sembra comunque segnalarvi che il peso è sotto controllo. Non conta infatti solamente quanto tessuto adiposo si ha nell’organismo, ma anche come questo è distribuito. E l’adipe che si concentra nella pancia non è solamente antiestetica, ma può addirittura diventare una sorta di “organo” a sé stante, con un’attività metabolica che le cellule adipose localizzate in altre sedi, come ad esempio le cosce, non hanno.

Qualche esempio? Le cellule adipose che si trovano all’interno della pancia ed intorno ai visceri possono facilitare i processi infiammatori, far salire il colesterolo LDL (quello cattivo che tende a depositarsi nei vasi), addirittura favorire l’aumento della sensazione di appetito agendo su una particolare sostanza regolatrice, la leptina. Insomma, per le donne il grasso che si deposita nell’addome può essere una minaccia per la salute, da combattere con grande attenzione. Tanto che donne di peso normale ma con un accumulo di tessuto lipidico nell’addome possono avere – dopo la menopausa – un rischio di mortalità più elevato rispetto alle coetanee che, pur se a parità di peso, si trovano È infatti il grasso depositato sulla pancia a far aumentare la mortalità, più del peso di per sé.

Attenzione dopo la menopausa

A segnalare l’importanza di questa semplice valutazione, pur se con il limite di concentrare l’attenzione sulle donne in menopausa, è una ricerca apparsa su Nutrition, Obesity and Exercise coordinata da Sun Yangbo. Lo studio ha preso in esame i dati relativi a  una popolazione di oltre 156.000 donne in menopausa, raccolti nell’ambito del Women’s Health Initiative Study.

Il parametro che deve mettere in allarme sono gli 88 centimetri di circonferenza addominale. Confrontando i dati di chi raggiungeva o superava questa soglia (per conoscerla basta un metro da sarto), con quelli relativi a donne di peso normale, senza obesità centrale, (a parità di caratteristiche demografiche, stato socioeconomico, fattori legati allo stile di vita e stato ormonale), in quelle che avevano la “pancia” il rischio per tutte le cause di mortalità è risultato aumentato del 31 per cento; mentre tra le donne in sovrappeso ma senza obesità centrale, il rischio risultava aumentato solo del 16 per cento. Anche tra le donne normopeso, quelle con punto vita superiore a 88 cm presentavano rispetto a quelle con circonferenza vita normale, un rischio di mortalità cardiovascolare aumentato del 25 per cento e di mortalità per tumori del 20 per cento.