Mediterranea e planetary, le diete a base vegetale che allungano la vita e proteggono l’ambiente

Le diete mediterranea e planetary, che puntano sui vegetali, limitano i rischi cardiovascolari e allungano la vita: i risultati di uno studio

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 7 Aprile 2025 17:25

Puntate sull’alimentazione mediterranea. Ma non sottovalutate il valore di un modello alimentare simile, quello della Planetary Health Diet. In comune hanno il fatto di essere percorsi “Plant-Based” ovvero di basarsi soprattutto su alimenti di origine vegetale. E soprattutto, possono avere benefici sostanzialmente sovrapponibili per la sopravvivenza in salute delle persone e del ridotto impatto sull’ambiente, stando a quanto riporta uno studio presentato al convegno ESC Preventive Cardiology 2025, tenutosi a Milano.

L’alimentazione rappresenta una delle variabili fondamentali in chiave di benessere. Le stime indicano che in tutta la regione europea, una morte prematura su cinque potrebbe essere prevenuta da una dieta resa migliore dalle abitudini.

Cosa propongono Planetary Health Diet e dieta mediterranea

La Planetary Health Diet è stata sviluppata per ottimizzare la qualità della dieta globale mantenendo gli impatti ambientali della produzione alimentare entro limiti planetari sostenibili – segnala Mercedes Sotos Prieto dell’Università Autonoma di Madrid, autrice dello studio che in pratica ha messo a confronto i due modelli in termini di mortalità”.

La Planetary Health Diet prevede un apporto energetico di circa 2.500 calorie al giorno e si concentra principalmente su un elevato consumo di frutta e verdura, cereali integrali, legumi, noci e oli insaturi. Prevede inoltre un moderato consumo di latticini, verdure amidacee, pollame e pesce ed un basso consumo di grassi saturi, carne rossa e zuccheri aggiunti.

La dieta mediterranea è caratterizzata da un modello ricco di frutta e verdura (di stagione), legumi, cereali integrali e noci, con l’olio d’oliva come principale grasso alimentare, un maggiore consumo di carni bianche o magre rispetto a carni rosse o lavorate e un moderato consumo di latticini, pesce e uova.

Come si è svolto lo studio

Sono stati considerati i dati relativi all’assunzione di alimenti in 11.488 partecipanti allo studio sull’alimentazione e il rischio cardiovascolare in Spagna (ENRICA), reclutati tra giugno 2008 e ottobre 2010.4 L’indice PHD (ovvero della Planetary Health Diet)  (0-140 punti) è stato calcolato per ciascun partecipante in base al consumo di 15 gruppi alimentari: cereali integrali, verdure amidacee, verdure, frutta intera, latticini, carne rossa/lavorata, pollo e altro pollame, uova, pesce/crostacei, noci, legumi non di soia, alimenti a base di soia/soia, grassi saturi e trans aggiunti, oli insaturi aggiunti e zucchero e succhi di frutta aggiunti.

L’aderenza alla dieta mediterranea è stata valutata utilizzando il punteggio MEDAS a 14 item (0-14 punti), che si basa su componenti quali l’uso di olio d’oliva per cucinare e condire, il consumo di carne bianca e frutti di mare rispetto alla carne rossa, il consumo di frutta, verdura, legumi e noci e un basso apporto di latticini ad alto contenuto di grassi, prodotti da forno commerciali e bevande zuccherate/gassate.

L’impatto ambientale di ciascuna dieta è stato valutato utilizzando il database SHARP-Indicators (SHARP-ID), che include dati sulle emissioni di gas serra e sull’uso del suolo. I dati sulla mortalità sono stati ottenuti dal National Death Index of Spain.

Cosa emerge dalla ricerca e quali alimenti contano

I partecipanti allo studio avevano un’età media di 47,5 anni ed erano per il 52,5% donne. Nel periodo di osservazione, mediamente di 14,4 anni, ci sono stati 1.157 decessi per tutte le cause.  Una maggiore aderenza alla dieta PHD e alla dieta mediterranea è stata associata in modo simile a una minore mortalità per tutte le cause.  L’aderenza ad alcuni componenti della dieta PHD (frutta, latticini e oli insaturi) e della dieta mediterranea (noci, basso consumo di bibite e dolci) è stata associata in modo indipendente a una minore mortalità.

In termini di impatto ambientale, entrambe le diete avevano impronte simili. Per il PHD, il livello medio di emissioni di gas serra era di 4,15 kg di CO₂ al giorno e il livello medio di utilizzo del suolo era di 5,54 m2 per assunzione giornaliera di cibo.

Il livello medio di emissioni di gas serra per la dieta mediterranea, inclusi i latticini, era di 4,36 kg di CO₂ al giorno e il livello medio di utilizzo del suolo era di 5,43 m2 per assunzione giornaliera di cibo. “Una maggiore aderenza a entrambe le diete era associata in modo simile a una minore mortalità per tutte le cause e a un impatto ambientale comparabilmente basso, evidenziando i sostanziali vantaggi per la salute e per il pianeta derivanti dall’adozione di una di queste diete a base vegetale – ha segnalato la ricercatrice spagnola”.

Quanto pesano le malattie cardiovascolari e come contrastarle

Hanno costi “monstre”, diretti e indiretti, per 42 miliardi di euro l’anno e una ricaduta sulla aspettativa di vita degli italiani che, per la prima volta, li rende meno longevi: ciò nonostante, le malattie cardiovascolari faticano a trovare il giusto spazio nell’agenda di governo per l’attivazione di politiche di prevenzione intese come investimento e non solo come un costo. Rappresentano, infatti, la principale causa della riduzione dell’aspettativa di vita dal 2011 al 2021 in molti paesi europei.

Uno studio internazionale, guidato dall’Università dell’East Anglia nel Regno Unito e pubblicato di recente sulla rivista The Lancet Public Health, ha registrato un sostanziale rallentamento nella crescita dell’aspettativa di vita in Europa, compresa l’Italia, a partire dal 2011. Dal 2019 in poi, in concomitanza con la pandemia, l’aspettativa di vita è invece iniziata a diminuire.

In particolare, in Italia si è registrata una riduzione media annua di 0,36 anni, pari a oltre 4 mesi. A contribuire a questa inversione di tendenza l’aumento dei principali fattori di rischio cardiovascolare, come obesità, ipertensione, colesterolo alto, dieta poco sana, fumo e sedentarietà, nonché assenza di screening e una eccessiva burocrazia per i piani terapeutici che hanno smesso di migliorare l’aspettativa di vita dal 2011 in poi.

Tuttavia, oltre la metà delle malattie cardiovascolari è prevenibile con modifiche allo stile di vita e controllo dei fattori di rischio. Lo conferma uno studio appena pubblicato su The Lancet, che ha evidenziato come diagnosi precoci e programmi di prevenzione, permetterebbero di ridurre entro il 2050, il tasso di decessi per aterosclerosi dell’82%, salvando a livello globale 8,7 milioni di vite l’anno.

Per questo è fondamentale e non più rinviabile dare attuazione al Piano Strategico Nazionale per la Salute del Cuore sviluppato dalla Federazione Italiana di Cardiologia (FIC), con il sostegno della Società Europea di Cardiologia, e in collaborazione con la Società Italiana di Cardiologia (SIC) e l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO).

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.