Diabete di tipo 1, controllarlo a dovere allunga la vita

Le complicanze renali e cardiovascolari associate al diabete di tipo 1 accorciano le aspettative di vita: come agire per evitare rischi

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

In Italia, ogni anno, ci sono circa 5000 nuovi casi di diabete di tipo 1. Questa condizione è caratterizzata da una reazione autoimmunitaria che porta a distruggere le cellule pancreatiche che normalmente producono insulina, con la conseguente impossibilità da parte dell’organo di fornire l’ormone al corpo. Il risultato è che per questi soggetti è necessario somministrare insulina dall’esterno.

Riconoscere la patologia e controllarla a dovere è però fondamentale per far sì che sul fronte della durata della vita non ci siano ripercussioni legate a questa forma di diabete. È un messaggio positivo quello che giunge dagli esperti della Società Italiana di Diabetologia ed Endocrinologia Pediatrica in occasione della Giornata Mondiale del Diabete che si celebra il 14 novembre.

Quanto conta la diagnosi precoce per il diabete di tipo 1

Gli studi sono chiari. Se il diabete di tipo 1 insorge sotto i 10 anni, più facilmente in teoria si associa a complicanze renali e cardiovascolari, che accorciano l’aspettativa di vita. E non di poco. Si parla di 18 anni in meno rispetto alle coetanee sane, per le donne che si ammalano da bambine e 14 anni in meno per gli uomini che si ammalano da bambini, rispetto a chi non ha il diabete. Ma questi dati vano riletti alla luce delle acquisizioni più recenti che dicono come si possano evitare questi rischi grazie alle nuove tecnologie, alla telemedicina e ai team diabetologici pediatrici specializzati. A segnalarlo è uno studio svedese pubblicato di recente su The Lancet Regional Health – Europe.

Lo studio dimostra come dai 45 anni in poi l’aspettativa di vita delle persone con diabete di tipo 1 senza complicanze renali e cardiovascolari è uguale se non addirittura migliore rispetto a quella dei coetanei sani. Il rischio di ictus, infarti e insufficienza cardiaca invece è fino a 5 volte più elevato se la malattia non è adeguatamente sotto controllo e l’aspettativa di vita diminuisce pure se la diagnosi arriva prima dei 10 anni.

Tuttavia anche in chi si è ammalato nella prima infanzia a fare la differenza è soprattutto la prevenzione delle complicanze croniche con una gestione del diabete adeguata fin dal momento della diagnosi, che deve essere precoce, ai primi segni della malattia, per evitare che la glicemia alta possa comportare danni.

Diagnosi precoce e prevenzione delle complicanze croniche sono i due pilastri fondamentali per garantire alle persone con diabete di tipo 1 una vita lunga e in salute –interviene, , Valentino Cherubini, tra i maggiori esperti di diabete di tipo 1 in età pediatrica, presidente Eletto SIEDP e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica dell’Ospedale Salesi di Ancona. I dati mostrano che c’è tuttora una riduzione dell’aspettativa di vita in chi riceve la diagnosi nella prima infanzia, entro i 10 anni, ma questo accade soprattutto se non c’è un’adeguata gestione della malattia e quindi negli anni compaiono problemi cronici come l’insufficienza renale o i danni vascolari, che aumentano la mortalità cardiovascolare per infarto, ictus, scompenso cardiaco.

Scongiurare tutto questo è possibile riconoscendo la malattia ai suoi primi segnali, per evitare che comporti danni, e gestendo la glicemia al meglio: oggi tutto questo è possibile grazie alla tecnologia, la telemedicina, l’educazione terapeutica da parte di un team pediatrico specializzato e dedicato che comprenda diabetologo, pediatra, infermiere, dietista, psicologo”.

L’importanza di gestire i rischi per cuore e reni

I dati dello studio osservazionale svedese, pubblicato di recente su The Lancet Regional Health – Europe e condotto su oltre 45.500 persone con diabete di tipo 1 messe a confronto con più di 220.000 persone della popolazione generale, dimostrano che la mortalità è fino a 5 volte più elevata nei diabetici. Ma questa tendenza non si osserva in tutte le persone. A fare la differenza sono i problemi cardiaci o renali: i pazienti con oltre 45 anni senza complicanze croniche hanno un’aspettativa di vita uguale se non perfino migliore rispetto alla popolazione sana.

“Questi risultati indicano chiaramente che una corretta gestione del diabete di tipo 1 fino dalla diagnosi, con un’attenta prevenzione delle complicanze, può garantire una vita in salute a lungo – osserva Mariacarolina Salerno, presidente Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) e professore Associato di Pediatria all’Università Federico II di Napoli – Esiste ancora un gap nell’aspettativa di vita delle persone con diabete di tipo 1, ma questo può essere colmato se si evitano le complicanze connesse alla malattia con una maggiore attenzione allo stile di vita, fin da piccolissimi, e migliorando il controllo glicemico servendosi di tutte le strategie abbiamo oggi a disposizione, dai diversi tipi di insulina alle tecnologie per il monitoraggio glicemico, fino al pancreas artificiale”.