Donne e uomini, forse, non parlano esattamente la stessa lingua. Ovvero, condividono il medesimo idioma della loro zona geografica, ma a un certo punto la comunicazione tra loro si fa confusa, frammentaria, carente. Ne abbiamo la conferma quando stiamo esponendo una questione importante con il nostro partner e lui assume un’espressione vacua e assente, come se avesse di fronte qualcuno che parli in fenicio. Come riuscire a suscitare una reazione alle nostre parole e soprattutto, capire se lui se recepisca realmente qualcosa?
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Bassa soglia dell’attenzione
Nell’immaginario popolare sono le donne ad essere ciarliere e chiacchierone. L’uomo non si perde in tanti discorsi complicati – a meno che non sia un filosofo invitato come opinionista in una trasmissione di Rai3. Inoltre la sua soglia d’attenzione è minata da centinaia di stimoli esterni, come anche la nostra. Recenti ricerche hanno evidenziato che bastano solo 8 secondi perché l’interlocutore sganci il contatto e molli l’ascolto, distraendosi con altri pensieri. Il motivo? Siamo tutti così bombardati di info, notifiche, aggiornamenti, distrazioni digitali che riusciamo sempre meno a gestire il filo di un discorso reale. Ma le donne ci riescono meglio degli uomini, perché sono abituate a essere multitasking: sanno dare attenzione a più azioni contemporaneamente. Possono controllare whatsapp facendo altre 27 cose, come far addormentare un bambino, scrivere un report per l’ufficio, dare la pappa al gatto, leggere la recensione di una serie tv che le interessa e, naturalmente, parlare.
Questione di voce
È noto che per l’uomo è difficile fare due cose insieme: quindi sentire e ascoltare (che sono due azioni diverse) gli risulta complicato. La spiegazione è innanzitutto scientifica. Sembra che la forma delle corde vocali femminili produca suoni molto complessi e articolati che coinvolgono tutta l’area uditiva del cervello di lui, provocandogli stanchezza e fatica. La voce maschile, invece, ne stimola solo una piccola parte e cattura in modo più semplice l’attenzione. Sarà per questo che l’uomo smette di ascoltare (ovvero recepire e capire) ciò che dice la partner, avvertendo – invece che il suo discorso – solo una specie di rumore bianco.
Discorsi emotivi differenti
Noi donne usiamo un sacco di parole. Inoltre diamo spazio ai sentimenti, alle emozioni, alle sensazioni. Gli uomini hanno poca dimestichezza con queste cose: hanno in testa altro, come il campionato di calcio, una grana da risolvere in ufficio, la fantasia sessuale che vorrebbero proporci, lo scaffale Ikea che devono montare. Noi parliamo di sentimenti e loro pensano alle brugole. Noi riveliamo le emozioni e loro si emozionano per la nuova auto hybrid appena uscita. Così può accadere che non ascoltino, ovvero non si predispongano al contatto emotivo e alla comprensione. Eppure devono farlo, se tengono alla nostra intesa di coppia.
Noi analitiche, loro pratici
Due persone che condividono la vita, i progetti, i sentimenti hanno bisogno di scambiarsi idee, informazioni, opinioni, per costruire la propria storia insieme. Ma comunicare non significa solo parlare di quale sport far praticare ai bambini o di come riparare il rubinetto del bagno senza finire sul lastrico, ma anche dei rispettivi problemi personali, delle paure, dei sogni, insomma di tutto ciò che riguarda la sfera emotiva. La donna si relaziona con questo campo in maniera più analitica, mentre l’uomo lo fa in modo più pratico. Se noi siamo furiose per la scorrettezza che ci ha fatto una collega (che lui neanche conosce) e ci sfoghiamo con un diluvio di parole e lacrime, potrebbe accadere che dopo qualche minuto lui ci dica “Mandala a quel paese, fine del problema” chiudendo il collegamento audio. “Ma ti rendi conto di cosa mi ha fatto?” ribadiremo noi, e lui annuirà in automatico, tenendoci la mano, mentre pensa a quale pizza ordinare al delivery.
Esistono modi e toni giusti?
Gli uomini che ci lasciano parlare dei tuoi problemi più complicati e profondi, impegnandosi ad ascoltarti davvero, si chiamano psicoterapeuti e dopo 45 minuti li dobbiamo pagare. Noi meritiamo di meglio, ma dobbiamo avere il know how. Un trucco per comunicare bene con lui è cercare di ridurre i tempi e le quantità di parole che impieghiamo nei dialoghi. Possiamo affrontare qualsiasi argomento, se siamo concise, precise e con un tono di voce normale. Lui si sentirà coinvolto e stimolato a risponderci, constatando che si tratta di un discorso pratico organizzato secondo lo schema problema>analisi>soluzione. È chiaro che parlargli dei diverticoli di nostra mamma o della nuova stagione di “Grey’s Anatomy” forse non lo tocca più di tanto.
Le circostanze adatte
Non essere ascoltate quando ne abbiamo bisogno è un fatto che ci ferisce profondamente. Quindi lui deve essere disposto ad ascoltarci a orecchie bene aperte soprattutto se ci sentiamo stanche, demotivate, sopraffatte dagli impegni, trascurate, infelici. E se abbiamo delle preoccupazioni sulla nostra salute o quella di eventuali figli. Un uomo e una donna che si amano possono e devono condividere tutti i “lati oscuri” delle loro esistenze. Perché nessun altro, oltre loro due, potrà affrontare ciò che li destabilizza, li preoccupa, li allontana. Ma, dal momento che siamo noi le prime a parlare, creiamo le circostanze adatte per farci ascoltare. Intanto, non proviamoci quando:
- Noi o lui siamo appena tornati a casa dal lavoro dopo una giornata infernale.
- Ci siamo seduti a tavola per la cena e siamo affamati.
- È mattina presto, siamo svegli da poco e in ritardo su tutto.
- Ci siamo appena messi a letto e siamo stanchi tutt’e due.
- Abbiamo iniziato il nuovo episodio della serie tv che piace ad entrambi.
- Ci sono i piccoli che sgambettano in giro per casa.
Le parole per dirlo
Aspettiamo quel quarto d’ora perfetto solo per noi, in cui possiamo isolarci dal mondo e affrontare un discorso insieme. Attenzione alle parole: iniziare con “Dobbiamo parlare” induce in lui una reazione simile a quella della gazzella quando capisce che il leopardo l’ha puntata. Meglio un “Allora, lo sapevi che…. (ho proprio bisogno di riposo, sono triste perché mia sorella si separa, tua madre mi ha detto che non so badare alla famiglia, ti vedo lontano e indifferente, che cos’hai?)”. Se si sente coinvolto e partecipe, lui si sentirà al contempo gratificato e considerato: “Che ne pensi?” è la domanda che lo tira in ballo e lo rende protagonista. Scuotere il nostro partner con un “Ma mi stai ascoltando?” lo farà tornare a quando aveva 7 anni e la maestra lo riprendeva perché si distraeva. Forse farebbe stare male anche noi!
Ognuno ascolta a modo suo
Ma poi siamo proprio sicure-sicure che lui non ci ascolti? Magari lo fa in silenzio, senza reazioni significative, con lo sguardo assorto che pare perso dietro chissà quali pensieri. Invece ci sta ascoltando con il cuore e magari non riesce a trovare le parole per risponderci. Accettiamo allora di parlare, talvolta, a qualcuno che sembra non sentirci affatto, ma che magari si sta solo dando tempo per comprendere ciò che stiamo dicendo e trovare il modo di aiutarci concretamente. Amarsi è anche rispettare i reciproci modi di esprimersi e di comunicare, ma anche di perdersi dietro a pensieri personalissimi che ci portano lontana la mente. Accade pure a noi, se lui ci parla di qualcosa che ci appare poco interessante o superfluo. L’importante è poi ritrovarsi, anche in silenzio, ma con i cuori in collegamento diretto.