Può capitare dovunque: in una corsia del supermercato, in autobus, durante un viaggio in treno, al mattino presto al bar, nella sala d’attesa del medico. Accade così, senza preavviso, e ci sorprende per la sua gradevolezza: ci siamo messe a parlare con qualcuno quasi senza accorgercene. A ben guardare, questa azione infrange un bel po’ di (sacrosante) regolette che ci portiamo dietro, a cominciare da quella che ci hanno sempre ripetuto fin da piccole, ovvero “Non parlare agli sconosciuti”, ma anche “Fatti gli affari tuoi”, “Non ti fidare di nessuno”.
Ci pensiamo mentre siamo nei camerini del grande store di abbigliamento chiacchierando con la signora simpatica che ci ha chiesto un parere su come le sta la camicia a righe che si sta misurando, e ci accorgiamo che… sì, stiamo parlando con una sconosciuta; sì, ci stiamo facendo gli affari suoi e della sua camicia; sì, ci stiamo fidando di lei perché a nostra volta le abbiamo chiesto se ci sta bene il tubino nero che ci stiamo provando.
Indice
Perché ci piace parlare con chi non conosciamo
Libertà di interazione
Uno studio condotto dagli psicologi Nicholas Epley e Juliana Schroeder, dell’Università di Chicago, ha dimostrato che parlare con gli sconosciuti ci rende più felici di quando lo facciamo con conoscenti e familiari. Il motivo? Le persone a cui siamo legate conoscono tante cose di noi e la relazione che abbiamo con loro, appunto, ci “lega” a comportamenti e aspettative usuali tra chi ci è vicino per vincolo di amicizia o di parentela. Tutto questo, se da un lato contribuisce a consolidare la nostra rete di affetti e sicurezze, dall’altro ci sottopone al rischio di essere giudicate come pure di contrariare qualcuno con un’azione che può ritenere offensiva o comunque sbagliata. Che fatica!
Con chi non conosciamo, invece, siamo liberi di interagire senza timori né timidezze perché non sa nulla di noi, non ha un legame affettivo con noi e non può giudicarci – e anche se lo fa, non ce ne importa perché molto probabilmente non ci rivedremo mai più.
Sincerità spontanea
Insomma, parlare con la vicina di sedile sull’autobus è in qualche modo liberatorio: tra di noi il giudizio rimane sospeso e, paradossalmente, c’è una sincerità che non ci possiamo permettere tanto spesso con la cerchia degli amici e dei parenti. Con loro c’è un “prima” e ci sarà un “dopo”: conoscono i nostri pregi e anche i nostri difetti, quello che abbiamo fatto o come la pensiamo su determinati argomenti.
Ogni cosa che faremo o diremo rimarrà nei nostri reciproci ricordi, contribuendo a rinforzare la nostra immagine o a comprometterla.
Istanti delle vite degli altri
Secondo un’indagine eseguita dalla psicologa Elizabeth Dunn dell’Università della British Columbia, che si occupa di studi sulla felicità, parlare con gli sconosciuti rende più felici perché ci si comporta con maggiore scioltezza. Oltretutto questo incrementa la sensazione di appartenenza alla comunità “umana”. Parlare con gli altri, anche per poco tempo e sporadicamente, ci dà anche la possibilità di vedere flash delle loro vite, come in una specie di film costruito con tanti frammenti delle realtà altrui.
Ogni pezzettino delle loro storie ci può arricchire: il racconto della signora rumena che ci descrive la favolosa Transilvania (“È bellissima!”), il ricordo della donna anziana che ci parla del suo primo amore (“Suonava la batteria in un complesso, allora si chiamavano così…”), la rivelazione del ragazzo timido che ci svela il suo progetto (“Mia madre non lo sa ma io andrò a lavorare in Australia”).
Gratitudine e leggerezza
Quando si chiacchiera con gli sconosciuti si prova una specie di gratitudine mista a leggerezza: gli argomenti sono di solito abbastanza inconsistenti, superficiali, e ci consentono di fare discorsi anche frivoli (“Questo mese il tempo è stato terribile!”, “Il martedì al super fanno gli sconti”, “Non ci sono più le belle canzoni di una volta”). Eppure, con la ragazza seduta vicino a noi in sala d’attesa del medico, ci sorprendiamo a parlare dei nostri problemi d’amore più seri e in pochi minuti ci confessiamo luci e ombre delle rispettive vite.
Sappiamo bene che, uscite di qui, non vedremo mai più quella ragazza e non penseremo a ciò che ci ha detto, ma abbiamo comunque stabilito un contatto che è andato oltre il muro della diffidenza reciproca che normalmente innalziamo per ribadire la distanza di sicurezza tra noi e il prossimo.
Confidenze e segreti
Nulla ci lega agli sconosciuti con cui ci fermiamo a discorrere per quei tre minuti che ci separano dal fuggire via verso i reciproci impegni. Eppure ci fa piacere aprirci con loro: è una sospensione temporanea dal “cerimoniale” quotidiano dei rapporti con gli amici e i parenti, ai quali non diremmo mai e poi mai il nostro desiderio segreto o un giudizio super-negativo sui loro comportamenti.
In una ricerca riguardante le relazioni con gli estranei realizzata da Mario Luis Small, sociologo dell’Università di Harvard, alla domanda “Con chi ti sei confidato l’ultima volta?”, circa la metà degli intervistati ha risposto che non era una persona importante per loro, ma un barista, un parrucchiere o un vicino di sedile in aereo.
Diciamo di tutto (e di più)
Confidarci con un estraneo ci fa sentire più sollevate anche sulle nostre piccole “illegalità” ed errori. Ad esempio, non potremmo mai confessare ad una delle nostre conoscenti le ragioni di un flirt clandestino di cui il nostro partner ignora l’esistenza: tempo tre minuti e verrebbe a saperlo grazie alla solerzia di amiche indiscrete. E sarebbe impossibile rivelare a un parente che abbiamo un problema sul lavoro senza che, il giorno dopo, tutti i familiari non ci diano già per disoccupate.
Ecco che la nostra rete effimera di relazioni temporanee si rivela un luogo perfetto per alleviare anche i pesi della coscienza che ci portiamo dentro.
Comunicazione… imprevedibile
Il “plus” che hanno gli estranei è l‘imprevedibilità, al contrario di chi conosciamo bene che è fin troppo prevedibile. Non sapendo niente di loro, non siamo in grado di anticipare cosa ci racconteranno o come potranno reagire. Questo rende tutto più interessante! A nostra volta, conversando con qualcuno che non sa chi siamo, quali studi abbiamo fatto, che tipo di esperienze ci hanno messo alla prova, ci sentiamo autorizzate a parlare senza remore.
Un piccolo “miracolo”
Quando ci fermiamo a parlare con gli estranei avviene quello che, ironicamente, possiamo definire un piccolo miracolo: stacchiamo lo sguardo dal cellulare, dove spiamo incessantemente le vite virtuali degli altri (complete di fake, copia-e-incolla, filtri bellezza) e ci avviciniamo alla vita reale di un essere umano, in 3D, che si muove, sorride, interagisce con noi e ci ascolta.
Ma è bene tenere alta la guardia
Intavolare conversazioni con gli estranei crea occasioni di comunicazione che ci fanno bene, ma che – come tutte le azioni inerenti le relazioni umane – vanno “maneggiate con cura”. Un discorso casuale può condurre a una vera amicizia, ma può anche comportare dei rischi. Cerchiamo quindi di fare attenzione al nostro interlocutore, evitando di rivelare informazioni sensibili (dove abitiamo, quali sono i nostri orari) ma anche di esporci su argomenti critici (religione, politica, orientamento sessuale).
Ascoltiamo ma non crediamo a tutto quello che ci dirà: ognuno di noi si dipinge un po’ diverso da com’è in realtà, per apparire migliore o indurre comprensione e solidarietà. Consideriamo le chiacchiere con gli estranei come un piccolo regalo piacevole che ci fa la vita, senza sopravvalutarle né ritenerle inutili. Che si parli del meteo o della ricetta del ragù, di quanto gli uomini siano mascalzoni o di come convincere il gatto a fare il bagno, il bello è parlarci, comunicare, ascoltarci, partecipi di quella grande connessione che coinvolge tutti gli esseri umani.