Agorafobia: cos’è, sintomi e trattamento

L'agorafobia è la paura di ritrovarsi in spazi aperti e pubblici. Con l'aiuto dell'esperta, scopriamo come si manifesta, quali sono le cause, quali conseguenze può comportare e cosa fare per trattarla

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Antonella Lobraico

Editor specializzata in Salute & Benessere

Specializzata nella comunicazione online, ha collaborato con testate giornalistiche, uffici stampa, redazioni tv, case editrici e agenzie web in progetti su Salute e Benessere.

Pubblicato: 28 Luglio 2022 11:31

Eventi traumatici o particolarmente stressanti, in alcuni casi, possono contribuire allo sviluppo, ad esempio, di attacchi di panico o a provocare una sensazione di malessere. La paura infatti di trovarsi di fronte a questo tipo di situazioni, può condurre il soggetto a non voler uscire dalla propria abitazione, ad evitare di andare in luoghi affollati o che gli creino ansia, come:

  • andare sui mezzi pubblici, nei musei, nei centri commerciali;
  • stare in coda al supermercato;
  • restare solo fuori casa.

Si tratta di una condizione che prende il nome di agorafobia e che, il più delle volte, si manifesta come complicazione del disturbo di panico.

Come indicato dall’Istituto Superiore di Sanità, in generale l’agorafobia si manifesta per lo più tra i 18 e i 35 anni ed è circa 2 volte più frequente nella popolazione femminile. Con il supporto della Dottoressa Federica D’Avanzo, Psicologa e Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Psicoanalitica dell’Adolescente e del Giovane Adulto, vediamo che cos’è l’agorafobia, quali sono i sintomi e come affrontarla.

Che cos’è

«Il termine agorafobia proviene dal greco ἀγορά (Agorà) = “piazza” + il suffisso -fobia, da φόβος (phóbos) = “terrore”, “paura”. È la paura di ritrovarsi in spazi aperti e pubblici, da cui sarebbe difficile scappare o in cui si ha il timore di non ricevere aiuto. Recenti ricerche portano a concludere che, in chi soffre di agorafobia, la paura degli spazi aperti e o dei posti pubblici non sia primaria, ma la conseguenza di una paura sottostante, cioè la paura di avere una crisi di ansia o di stare male fisicamente, indipendentemente dai luoghi in cui si manifesta», spiega la dottoressa.

Sintomi

«L’agorafobia si struttura quando la persona inizia a evitare situazioni e luoghi ansiogeni. Le situazioni maggiormente evitate sono luoghi affollati, spazi aperti, autobus, treni, ma anche spazi chiusi e posti lontani da casa o dove è difficile ottenere aiuto. Il soggetto evita questi posti prevalentemente per tre ragioni:

  1. crede che possano causare i suoi attacchi di panico. Ad esempio, evita i centri commerciali perché è accaduto più volte che lì stesse male;
  2. per paura delle conseguenze sociali che potrebbe avere;
  3. per non trovarsi in situazioni in cui avere un attacco di panico sarebbe pericoloso, ad esempio smette di guidare la macchina perché perderebbe il controllo e sarebbe esposto al rischio di un incidente.

L’agorafobia si può manifestare in presenza o assenza del disturbo di panico. Nel primo caso la persona teme che si presenti l’attacco di panico nelle situazioni ansiogene. Nel secondo caso, il timore è che si presentino sintomi fisici invalidanti e imbarazzanti (ad esempio perdere il controllo della vescica o vomitare in pubblico)», continua la dottoressa D’Avanzo.

I sintomi possono variare da persona a persona. Di solito però, quando questi si manifestano si avvertono:

  • dolore al petto;
  • iperventilazione;
  • tachicardia;
  • vertigini;
  • sensazione di svenimento;
  • difficoltà a deglutire.

Anche la gravità della stessa agorafobia cambia in base al soggetto: per cui ci sono individui che non riescono a varcare la soglia di casa, altri invece che riescono a spostarsi seppur per brevi distanze.

Cause

«Ogni persona ha la sua storia e il significato della strutturazione sintomatologica è da ricercare negli accadimenti di vita della persona».

Come già accade per altri disturbi, anche l’agorafobia può avere cause scatenanti differenti o possono essere coinvolti fattori psicologici e biologici combinati tra loro.

Fattori di rischio e conseguenze

L’agorafobia può essere innescata anche per via di alcuni fattori, ad esempio di natura psicologica come:

  • abuso di alcol o di sostanze stupefacenti;
  • relazioni in cui si viene controllati dal proprio partner;
  • disturbi di origine psicologica come ad esempio l’anoressia, la bulimia, la depressione;
  • traumi vissuti durante l’infanzia;
  • eventi stressanti come può esserlo la perdita del lavoro e/o di una persona cara, un divorzio, un tradimento.

«In taluni casi i comportamenti di evitamento possono arrivare a compromettere la vita sociale e lavorativa, al punto da evitare in modo assoluto le situazioni fonte di paura o vivendole in uno stato di ansia elevata», precisa la dottoressa.

Come trattarla?

«È importante rivolgersi a un professionista della salute mentale, affinché venga fatta un’adeguata diagnosi e impostata la terapia più adeguata. Il lavoro in psicoterapia dovrebbe occuparsi di aiutare la persona a:

  • acquisire strategie per il controllo della sintomatologia;
  • indagare i pensieri e le cognizioni legate al sintomo e agli evitamenti;
  • ricostruire l’origine del sintomo, ricercandolo nella storia affettiva ed emotiva», conclude l’esperta.

Spesso, può essere difficile parlare apertamente delle proprie paure, ma uno specialista della salute mentale rappresenta a tutti gli effetti una figura in grado di supportare il soggetto e di aiutarlo ad affrontare la situazione.

Il primo passo da compiere in questo caso, è prendere coscienza del disturbo, informarsi su di esso e iniziare ad apprendere i possibili cambiamenti da adottare nel proprio stile di vita che vadano ad agire sulla sintomatologia. L’agorafobia può essere infatti trattata in modi differenti: molto dipende dai sintomi, dalla gravità della stessa e da cosa l’ha scatenata. Sarà il medico, dopo aver effettuato la diagnosi, ad indicare il trattamento più idoneo da seguire.

Come sottolineato dall’Istituto Superiore di Sanità, circa un terzo dei soggetti che ne soffrono ottengono una guarigione completa e circa la metà degli individui vede i sintomi migliorati, che però possono ripresentarsi in modo importante in presenza di stress.