Natale, per i più piccoli, è quasi tutto nella magia dell’uomo con la slitta che, anche senza camino, entra nei nostri blindati appartamenti per lasciare tutto quello che i bambini e le bambine hanno poeticamente elencato nella letterina di Natale.
Le nostre case profumano di Natale ormai già da fine novembre e sino al 25 dicembre, un po’ per la spinta commerciale irrefrenabilmente anticipata a subito dopo Halloween ed un po’ perché la magia del mese più atteso dell’anno trasforma un po’ tutti noi in quei bambini e quelle bambine che, sotto l’abete, sognavamo il giocattolo dei nostri desideri.
Tra le attività natalizie con le quali intratteniamo i bambini nei freddi e piovosi week end, la preparazione dei classici biscottini speziati, i calendari dell’Avvento, sino alla lista dei regali in formato letterina per Santa Claus, la magia del Natale riscalda le nostre case ben oltre i giorni festivi.
Molti genitori si chiedono quanto durerà la magia natalizia che, negli anni, hanno tessuto con cura e felicità, alcuni si domandano fino a quando sia giusto che i propri bambini e le proprie bambine credano a Babbo Natale. Molti adulti si interrogano se debbano essere loro a svelare il mistero, con la conseguenza di negare per sempre la magia del Natale e se, omettendo la verità, rischino che i propri figli e le proprie figlie vivano male, un domani, la bugia bianca perpetrata negli anni.
Abbiamo chiesto alla dottoressa Clara Lapi, psicologa e psicoterapeuta ad orientamento cognitivo costruttivista relazionale, che si occupa principalmente di età evolutiva, adolescenti e giovani adulti e sostegno alla genitorialità, a Milano, cosa pensa della leggenda di Babbo Natale, perché ne siamo tutti affascinati e quando e come i bambini e le bambine debbano conoscere la verità. Quando dovranno cominciare a comunicare direttamente a mamma e a papà i regali che desiderano ricevere per Natale, senza troppi fronzoli ed attese davanti alla finestra o al camino.
Indice
Babbo Natale: le origini
Le origini di Babbo Natale, o Santa Claus, affondano le radici in antiche tradizioni e figure storiche. Come forse molti sanno, il nome ed il personaggio barbuto si ispirano al vescovo San Nicola di Myra, noto per la sua generosità e per i miracoli che gli sono stati riconosciuti. Ma è la cultura olandese che ha permesso la trasformazione da San Nicola in Babbo Natale, come lo conosciamo. In Olanda, infatti, tutt’oggi si festeggia Sinterklaas, protettore dei bambini/e, il 6 dicembre. Il 5 dicembre si svolge la serata di riunione in famiglia nella quale avviene uno scambio di regali. I piccoli ricevono un regalo da Sinterklaas mentre per gli adulti la tradizione è quella di scambiarsi regali con altri famigliari estratti a sorte.
Illustrazioni iconiche, poesie, fiabe, letteratura per bambini, ed una grossa spinta commerciale hanno definito, da noi ed in gran parte del mondo, Babbo Natale come quell’uomo di rosso vestito con renne ed elfi che collaborano tutti insieme per rendere i bambini più felici il 25 dicembre.
Perché crediamo a Babbo Natale
Sono pochissimi i bambini e le bambine cresciuti senza la magia ed il mistero di Babbo Natale. Il suo culto è talmente forte, radicato, che la letteratura ed il cinema gli hanno regalato anche un antagonista: verde, piuttosto brutto ed inizialmente poco simpatico, un avaro Scrooge Dickensiano che tutti noi abbiamo imparato a comprendere e ad amare: il Grinch.
Ma perché la credenza in Babbo Natale resiste di generazione in generazione?
“L’attesa dell’arrivo di Babbo Natale è il periodo dell’anno più desiderato dai bambini; è un momento magico che ha la capacità di connettere grandi e piccini, genitori e figli nello stesso mondo magico. È un rituale culturale rassicurante: un personaggio in cui credere che ci ama senza condizioni e porta i regali a tutti senza pretendere niente in cambio.
La favola di Babbo natale, così come la favola in generale, permette ai bambini di mescolare immaginazione e realtà, per superare paure evolutive e gestire la propria emotività.
Dai 2 ai 7 anni l’essere umano è dotato di un particolare stile di pensiero, il pensiero magico, che trova la sua funzione nel bisogno di dare senso alla realtà per renderla meno sconosciuta e più controllabile.
In pratica, il pensiero magico è quel tipo di ragionamento che fa sì che i bambini parlino agli oggetti, che li fa ripetere una certa parola o rituale di fronte a situazioni difficili, dall’esito incerto, perché “quella volta è andata bene”. Inoltre, questo tipo di pensiero può avere effetti molto utili per la gestione dell’ansia verso l’ignoto e verso eventi che risultano incontrollabili e per questo fonte di angoscia e paura. Ha una funzione rassicurante, propiziatoria (la speranza che certi eventi possano essere controllabili secondo i propri desideri) e conoscitiva del mondo circostante, altrimenti pauroso.
Con l’entrata alla scuola primaria, questo tipo di pensiero lascia pian piano spazio all’acquisizione del pensiero logico, uno stile di pensiero che rende la realtà razionale, prevedibile e che basa gli eventi su relazioni di causa-effetto, che di conseguenza avranno poco a che fare con la magia e la fantasia. Il passaggio non è però così netto: molti ragazzi e adulti mantengono ancora in memoria ricordi di convinzioni o la “speranza” che un evento fonte di spiccata ansia (per esempio un esame o un colloquio di lavoro) possa risolversi nel migliore dei modi, perché si è messo in atto un particolare rituale porta fortuna, si è indossato il nostro amuleto o si sono trovati tutti i semafori verdi durante il tragitto, per esempio.
In altri casi gli adulti, soprattutto, ragionando prevalentemente con il pensiero logico, rischiano di considerare alcuni di questi aspetti, soprattutto se protratti nel tempo, come appunto credere a Babbo Natale, come preoccupanti o indice di scarsa maturità del bambino. Il rischio è quello di stroncarli sul nascere rivelando loro la verità razionale e logica forse troppo prematuramente, svilendo le loro convinzioni e il bisogno di credere del bambino”.
Quando è giusto dire ai figli che Babbo Natale non esiste
Arriva, presto o tardi, il giorno in cui i bambini e le bambine comincino a porsi delle domande, a sospettare per quei pacchetti sotto l’abete addobbato, con il nome del negozio che ben conoscono. Sospettano a causa delle gaffe dei nonni, dei genitori, che parlano dell’acquisto fatto in quel tal negozio di giocattoli. A volte, cerchiamo di correggere il tiro suggerendo al bambino/a che Babbo Natale alcune cose le compra anche lui, che non costruisce tutto, oppure che qualcosa l’abbiamo messa anche noi sotto l’albero. Lo facciamo se i figli sono ancora molto piccoli o se in casa ci sono fratellini e sorelline lontani dal pensiero logico di cui parlava la dottoressa.
Ma, ad un certo punto, è lecito domandarsi per quanto tempo la storia di Babbo Natale debba popolare i loro sogni, e se siamo proprio noi a dover svelare la verità: Babbo Natale non esiste, i doni li comprano mamma e papà.
Ecco cosa ci suggerisce e come conclude la dottoressa Clara Lapi a tal proposito.
“Come spesso accade, i genitori possono contare sull’aiuto del gruppo dei pari, è spesso nel contesto scolastico o nel confronto con i coetanei che i bambini ricostruiscono e accettano la realtà dei fatti, poiché insieme appare meno triste e spaventosa.
Chiedersi quindi quando sia giusto o meno comunicare al bambino che Babbo Natale non esiste è un falso problema: crescendo, Babbo Natale diventerà una figura sempre meno concreta così che accettare la verità sarà ancora più semplice. Il suo alone di magia, il messaggio che tramanda di accettazione incondizionata e speranza come la capacità di unire grandi e piccini, rimarrà immutato a tutte le età”.