Věra Čáslavská, storia di un’atleta dimenticata

La storia di Věra Čáslavská è un esempio di resistenza, coraggio e determinazione, una donna di grande valore che merita di essere ricordata

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Sonia Surico

Content Editor e Storyteller

Laureata in Scienze della Comunicazione e con un Master in Seo Copywriting. Per lei, scrivere è un viaggio che unisce emozioni e conoscenza.

Pubblicato: 15 Agosto 2023 08:00

In un mondo spesso dominato da compromessi e conformismo, esistono ancora persone di raro coraggio e dignità incommensurabile. Individui che, di fronte all’ingiustizia, scelgono di resistere piuttosto che subire in silenzio.

Sono anime indomabili che, pur consapevoli dei rischi, preferiscono perdere tutto piuttosto che diventare complici di ciò che non ritengono giusto.

Oggi vogliamo raccontarvi la vita di una delle più grandi campionesse nella storia della ginnastica artistica: Věra Čáslavská. Una donna coraggiosa che ha osato sfidare l’Unione Sovietica, manifestando apertamente il suo dissenso.

Pur avendo a portata di mano tutto, soldi e successo, ha scelto una strada diversa. Non quella segnata da ciò che si può guadagnare, ma da ciò che non si è disposti a perdere, rinunciando a tutto pur di preservare la cosa più preziosa: sé stessa.

Věra Čáslavská, la ginnasta ribelle

Classe 1942, in 11 anni di carriera ha conquistato 11 medaglie olimpiche, inclusi 7 ori. Non solo, ha anche vinto 10 medaglie ai Campionati del mondo e ben 13 al Campionato europeo. Ha ottenuto il titolo di “Atleta dell’anno” in Cecoslovacchia per ben 4 volte e nel 1968 è stata riconosciuta come la “migliore atleta del mondo“.

Nata a Praga, il suo percorso sportivo inizia con il pattinaggio, ma è nella ginnastica artistica che emerge il suo vero talento. Il debutto internazionale avviene nel 1958 ai Campionati mondiali a Mosca. Da quel momento inizia a farsi notare ottenendo i suoi primi riconoscimenti individuali. Vince l’oro nel volteggio e l’argento alla trave ai Campionati europei di ginnastica artistica femminile, ottenendo le meritate medaglie.

A stravolgere l’esistenza fortunata di Věra ci pensa la storia. Nel 1968, quando lo spirito del cambiamento porta una ventata di speranza democratica in Cecoslovacchia, dimostra il suo coraggio non solo come atleta, ma anche come cittadina.

Nel momento in cui la Primavera di Praga si trasforma in un autunno di repressione, non esita a esprimere il suo dissenso firmando il Manifesto delle Duemila Parole, un documento che esprimeva la disapprovazione nei confronti del Partito Comunista al potere, chiedendo, invece, riforme democratiche.

Questa sua presa di posizione attira l’antipatia del regime, che la considera ormai una dissidente. Quando le forze del Patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia, la situazione si fa ancora più tesa. Věra è costretta a nascondersi nei boschi della Moravia per sfuggire a possibili ritorsioni e arresti da parte del governo. “Sono rimasta completamente isolata per tre lunghissime settimane“, affermò in un’intervista al Los Angeles Times molti anni dopo.

Le difficoltà che deve affrontare sono immense. Ogni giorno si allena al massimo delle sue possibilità, sfruttando strumenti di allenamento non convenzionali. Usa un tronco d’albero come trave e un prato come pedana; per temprare le sue mani e potenziare le braccia, spala carbone e solleva sacchi di patate.

Nonostante tutto, riesce ad arrivare in Messico per partecipare alla competizione. Il suo talento si traduce in tre medaglie d’oro, una conquistata nel volteggio, una nel concorso individuale e una alle parallele. Inoltre, si aggiudica due medaglie d’argento nel concorso a squadre e alla trave. Un risultato eccezionale che la consacra come una delle migliori atlete della gara.

Sebbene fosse la favorita del pubblico e della giuria al corpo libero, si ritrova inaspettatamente a condividere il primo posto con la russa Natalia Kuchinskaya, a causa delle pressioni che l’URSS esercita sui giudici. Le due ginnaste si trovano così a spartire ingiustamente il gradino più alto del podio. Ma in quel momento, Věra compie un gesto che cambierà la sua esistenza per sempre.

Il coraggioso atto di protesta di Věra Čáslavská

Durante le Olimpiadi del 1968 a Città del Messico, si verifica un evento che resterà per sempre nella storia olimpica.

Mentre l’inno sovietico risuona e la bandiera con la falce e il martello viene issata, Věra gira la testa verso destra, distogliendo lo sguardo. Questo atto di sfida coraggioso, “il gran rifiuto“, le costa la fine della sua carriera.

Trascorre gli anni successivi emarginata da tutte le competizioni e considerata “ingrata” dal regime. Le sue apparizioni pubbliche si riducono progressivamente, la sua voce e il suo talento vengono soffocati.

Tuttavia, nel 1980, le viene riconosciuto un onore di grandissimo prestigio: l’Ordine Olimpico del Comitato Olimpico Internazionale. Solo dopo la caduta del muro di Berlino, le onorificenze che le erano state negate iniziarono finalmente ad essere riscattate, restituendole il merito che tanto le spettava.

Věra Čáslavská muore il 30 agosto 2016. Dopo la sua scomparsa viene inserita nella Hall of Fame della ginnastica mondiale, ma il suo gesto è stato ormai quasi dimenticato. Una storia che rimane ancora sconosciuta a molti. La sua eredità, però, va al di là delle medaglie e dei titoli. In tempi bui, lei è stata una luce brillante e la voce della resistenza contro l’oppressione.

Věra Čáslavská
Fonte: Getty Images
Věra Čáslavská, Olimpiadi 1968, Messico