Correva l’anno 1891 quando, dopo aver assistito a una grande manifestazione di protesta da parte di un gruppo di operai, Giuseppe Pellizza da Volpedo decise di realizzare il suo più grande capolavoro, uno dei quadri più celebri del nostro Paese.
Il quarto stato era, ed è ancora questo, molto più di un semplice dipinto, ma una vera e propria istantanea reale di un periodo storico e culturale che stava cambiando l’Italia. Del resto ciò che l’artista si era imposto, sin dall’inizio della sua carriera, era quello di raccontare la verità.
Una verità fatta di eventi, luoghi e persone che trova la sua massima manifestazione proprio in quel quadro che è diventato il simbolo della lotta operaia e della seconda rivoluzione industriale. Lo stesso dipinto che ci permette, seppur in maniera fugace, di conoscere la storia dei protagonisti della vita di Pellizza, tra i quali anche quella di Teresa Bidone, musa e moglie dell’artista.
Il quarto stato
Il quarto Stato è una di quelle opere d’arte destinate a restare nella storia del nostro Paese. Il dipinto prese vita nella mente dell’artista già nel 1891, e si concretizzò prima con la realizzazione delle opere Ambasciatori della fame e Fiumana.
Non contento dei risultati raggiunti con questi due dipinti, dal punto di vista tecnico e artistico, e alla luce dei nuovi avvenimenti ai quali lo stesso aveva assistito, nel 1898 scelse di dedicarsi al suo lavoro più grande, inconsapevole, forse, che quel quadro si sarebbe trasformato in un manifesto operaio a posteriori.
Quello che desiderava il Pellizza era raccontare il volto più vero e autentico delle manifestazioni operaie, quelle fatte di richieste e di diritti. Lavorando singolarmente sugli uomini, e attingendo alle sue conoscenze personali, l’artista italiano riuscì a immortalare una lotta universale, quella del quarto stato, appunto.
Il 1901 è l’anno dell’ultima modifica, Il quarto Stato sarà presentato poi l’anno successivo al mondo intero in occasione della Quadriennale di Torino. Oggi l’opera è conservata all’interna della Galleria d’Arte Moderna di Milano.
Gli uomini de Il quarto stato e Teresa Bidone
Negli anni di realizzazione del quadro, Pellizza fu mosso da un solo obiettivo, quello di raccontare la realtà nella sua più autentica genuinità. Voleva quindi protagonisti reali, distanti da quelli che appaiono in Fiumana dove le figure sono sfocate e non identificabili.
Così Giuseppe Pellizza da Volpedo attinge dalla sua personale realtà per scegliere quei volti che guidano il popolo. Individua nei protagonisti nel quadro Luigi Dolcini, che di professione faceva il contadino e Giacomo Bidone, un falegname di Volpedo. Insieme a loro, situati in primo piano, cattura l’attenzione la figura di una donna. Si tratta di Teresa Bidone, la musa e la moglie dell’artista.
Della fugace esistenza di Teresa purtroppo sappiamo molto poco. Quello che è certo è che fu musa di Pellizza, sua modella per il dipinto Pensieri. Sappiamo anche che l’artista scelse di trascorrere la sua vita insieme a lei, sposandola nel 1892, ma che il destino aveva scelto altro per la coppia.
Teresa, che era già mamma di due bambine, morì nel 1907 durante il parto del suo terzogenito. Anche il piccolo non riuscì a sopravvivere. La sua presenza, nel quadro, è probabilmente la più importante testimonianza della vita di Teresa Bidone.
La donna, nel quadro, è rappresentata al fianco dei due uomini sopracitati e tiene in braccio un bambino. Non è solo la rappresentazione ideale del figlio che il Pellizza non ha avuto, ma anche in questo caso si tratta di una persona realmente esistita. Il suo nome era Luigi Albasini e la sua storia è conservata gelosamente da un suo pronipote che oggi vive a Volpiano.