Strage di Sinnai, la storia di Beniamino Zuncheddu tra innocenza ed ergastolo

Condannato all'argastolo per la strage di Sinnai, che ha visto l'uccisione di tre pastori, Beniamino Zuncheddu si è sempre professato innocente. Ecco la sua storia

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Anno 1991: la comunità di Sinnai è scossa dalla notizia di un triplice omicidio. Una vera e propria tragedia che fa il giro dell’Italia e che trova presto un movente e un colpevole. Le vittime sono Gesuino e Giuseppe Fadda, padre e figlio che gestiscono un ovile, e Ignazio Pusceddu, un loro dipendente. A ucciderli sarebbe stato Beniamino Zuncheddu, anzi sicuramente è stato lui. Lo è per il tribunale che davanti a quelle che sembrano prove schiaccianti condanna l’uomo all’ergastolo per triplice omicidio. Lui, però, si dichiara innocente e lo farà fino al 2023, anno della sua scarcerazione.

La strage di Sinnai

È conosciuta e ricordata come strage di Sinnai, quel fatto di cronaca che ha visto la morte di tre pastori. Come sono andate le cose, quel giorno di 32 anni fa, lo ricordano nel dettaglio i quotidiani dell’epoca.

Sono quasi le 18, quell’8 gennaio del 1991, quando qualcuno si reca all’ovile di Cuile is Coccus. Lo fa con uno scopo ben preciso: quello di uccidere i proprietari. Sono gli anni in cui i contrasti tra i pastori infuocano i gossip locali con storie più o meno preoccupanti. La faida del Sinnai vede due protagonisti: la famiglia Fadda, che diventerà presto vittima di un tragico destino, e quella di Zuncheddu, originaria di Burcei e proprietaria dell’ovile Masone Scusa.

Le conseguenze dell’astio tra le due famiglie sono sotto gli occhi di tutti e sono testimoniate da chi vive sul territorio. Minacce di morte, liti violente e risse, e poi ancora bovini e cani uccisi brutalmente. Non è difficile ipotizzare che la morte dei pastori di Cuile is Coccus sia collegata proprio a quella faida.

Così ecco che la ricostruzione diventa chiara, avallata anche dalle dichiarazioni dell’unico testimone oculare dell’omicidio. Beniamino Zuncheddu, anni 27, sale a bordo del suo vespino intorno alle 18.00 per raggiungere Cuile is Coccus, imbraccia un fucile e uccide il suo acerrimo nemico, il capofamiglia Gesuino. Poi, per portare a termine il suo piano di vendetta, si scaglia contro Giuseppe Fadda, suo figlio. Fa lo stesso con i due dipendenti dell’ovile: spara. Uno dei due, genero del proprietario, però sopravvive.

Un movente, un colpevole

Le indagini si concentrano subito sulla faida tra le due famiglie di allevatori locali. Le forze dell’ordine arrivano quindi a Beniamino Zuncheddu che non solo viene inserito subito nella lista degli indagati, ma viene sottoposto a stato di fermo per mancanza di alibi.

Passano i giorni, che si trasformano in settimane, e la svolta del caso arriva grazie a Luigi Pinna, l’unico superstite di quella che ormai è stata ribattezzata come la strage di Sinnai. Nonostante l’uomo abbia sempre dichiarato di non poter riconoscere l’assassino, perché coperto in volto da una calza, dopo cinquanta giorni dal triplice omicidio cambia la sua versione e riconosce, come assassino, Beniamino Zuncheddu.

Il movente c’è ed è sotto gli occhi di tutti. Nella faida tra le famiglie, anche Beniamino fa la sua parte. Qualche giorno prima della strage, infatti, è proprio lui a rivolgere l’ennesima minaccia ai proprietari dell’ovile a Cuile is Coccus. Grazie alle parole dell’unico testimone oculare, e alla mancanza di alibi forti e confermati, Beniamino Zuncheddu viene accusato come unico colpevole della strage e condannato all’ergastolo.

32 anni di proclamata innocenza

Dal 1991, a oggi, Beniamino Zuncheddu si è sempre dichiarato innocente. Ha trascorso gli ultimi 32 anni della sua vita all’interno dei carceri di Badu ’e Carros, Buoncammino e Uta, fornendo sempre la stessa versione, quella di estraneità ai fatti. Sempre in stato di stretta sorveglianza, negli ultimi due anni l’uomo ha ricevuto il permesso di semilibertà, e quindi di poter lavorare fuori dal carcere di giorno e di tornare in cella la sera. Ha un’alternativa, però, quella di confessare per ottenere la libertà condizionale. Eppure non lo ha mai fatto, perché lui si professa innocente.

A credere alla sua autoproclamata innocenza è l’avvocato Mauro Trogu che chiede al procuratore generale di riaprire il caso con un processo di revisione. I dubbi su quella condanna basata sull’unico testimone oculare sono tanti. Il primo riguarda la modalità della strage che, forse, presupponeva l’intervento di più persone. Anche le tempistiche sembrano avvalorare la tesi dell’innocenza di Zuncheddu. A questi si aggiunge anche il fatto che Beniamino aveva un problema alla spalla e che quindi difficilmente sarebbe riuscito ad aggredire i quattro pastori da solo.

Il dubbio che le indagini siano state in qualche modo guidate verso il 27enne assume dei tratti più definiti quando, grazie a delle intercettazioni ambientali concesse con la revisione del caso, si scopre che Luigi Pinna, unico superstite e testimone oculare, sarebbe stato indotto da un poliziotto a fare il nome di Zuncheddu prima di essere interrogato dal magistrato.

A fronte di questa verità, le dichiarazioni di Pinna, la cui testimonianza è stata la prova di colpevolezza, vengono considerate inattendibili.

Novembre 2023: Beniamino Zuncheddu è un uomo libero

Nel mese di novembre del 2023, la Corte d’Appello sospende provvisoriamente la pena di ergastolo nei confronti di Beniamino, rendendolo così un uomo libero dopo 32 anni di carcere. Riconoscendolo come “processo meramente indiziario”, i giudici hanno sospeso la pena in attesa della sentenza definitiva. Fino a quel momento, che è più vicino che mai, Beniamino Zuncheddu non può lasciare il paese.

Ma ora lui è a casa, di nuovo, dopo anni di assenza. È stato accolto a Burcei, dove è tornato dopo una lunga assenza, con una grande festa organizzata da chi ha sempre creduto in lui e da chi lo ha atteso per tutti questi anni. “Sono molto contento. È una gioia enorme, una sensazione incredibile. È tutto bellissimo, davvero difficile da spiegare a parole” ha dichiarato l’uomo a Irene Testa, garante per i detenuti. “Non so cosa farò per prima cosa” – ha poi aggiunto – “Ora sto pensando alla libertà e a non tornare mai più in cella. Aspetto il giorno della sentenza per arrivare a quella verità che ho sempre dichiarato e chiesto“.

A restituire la libertà che l’uomo ha perso per 32 lunghi anni, sono stati i giudici della Corte di Appello di Roma che nel 2020 hanno accolto la richiesta dell’avvocato Mauro Trogu. La prossima udienza, l’ultima del processo di revisione, è stata fissata al 19 dicembre.