Il razzismo, la morte e la rinascita: la storia di Luca Mongelli

Nel 2002 Luca aveva solo 7 anni quando è stato trovato senza sensi e nudo nella neve. Il coma, la discriminazione, le verità nascoste, la rivalsa: questa è la sua storia

Foto di Virginia Leoni

Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

Non va dimenticata la storia di Luca Mongelli, una vicenda che prende le mosse da un fatto di cronaca avvenuto più di vent’anni fa e che ancora oggi fa male. Aveva sette anni quando la sua vita è cambiata, quando in una fredda serata invernale è accaduto l’inaspettato e Luca è finito in coma. Tre mesi e mezzo dopo, poi, si è risvegliato e ha cercato di spiegare cosa fosse accaduto, ma non è servito a nulla. Lo davano per morto ed è rinato, ma quello che gli è accaduto resta ancora oggi senza risposta e senza che i colpevoli siano stati identificati.

Luca Mongelli, cosa gli è accaduto più di venti anni fa

C’era freddo la sera del 7 febbraio 2002 a Veysonnaz, il piccolo paesino svizzero dove la famiglia Mongelli viveva e dove il papà aveva un ristorante italiano. Era quella la sera durante la quale la vita di Luca e dei suoi cari è cambiata per sempre. Infatti il piccolo, all’epoca aveva sette anni, è stato ritrovato senza vestiti, con dei segni addosso e privo di sensi.

All’epoca viene dato per morto, i medici non avevano lasciato speranza ai genitori, dovevano essere donati i reni e il fegato, ma la sua mamma non si è arresa. E ha avuto ragione, perché tre mesi e mezzo dopo Luca Mongelli ha riaperto gli occhi e ha parlato dei “cattivi”, quelli che lo hanno aggredito.

Perché c’è un’ombra che sembra allungarsi sulla storia di Luca e della sua famiglia ed è quella del razzismo, quella di persone che – forse – non li volevano lì: i Mongelli erano migranti, italiani all’estero per lavoro.

Una pista che però non è stata seguita, nonostante le parole del protagonista di questa vicenda che, quando si è svegliato dal coma il 28 maggio del 2002, ha detto di essere stato aggredito da tre uomini. Anche il fratello più piccolo, Marco, che era rimasto nascosto dietro un albero, aveva disegnato tre persone che infierivano su di lui.

Ma per i giudici era stato il cane, Rocky, il loro cucciolo di pastore tedesco, che era con i due bambini al momento della tragedia. Era stato lui nonostante non ci fossero segni di morsi e gli abiti gli fossero stati tolti per essere lasciati lì, sulla neve.

La morte e la rinascita di Luca

Lo davano per morto eppure Luca si è risvegliato, è rinato. E non solo nel momento in cui ha riaperto gli occhi dopo il coma, perché al di là dell’orrore che ha vissuto, la sua vita è andata avanti. Con la sua famiglia è tornato a vivere in Puglia, a Giovinazzo, ha studiato e si è laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Bari.

Un combattente, proprio come la sua mamma che non ha mai smesso di lottare. Neppure quando il parere dei medici era avverso: Tina in risposta durante i tre mesi e mezzo del coma è stata nella sua stanza a parlargli, come ha ricordato in una recente intervista rilasciata al TgR della Rai. E la famiglia non si è arresa continuando a cercare di scoprire la verità su quanto è accaduto quella sera di febbraio di più di 20 anni fa.

Luca Mongelli non vede ed è costretto sulla sedia a rotelle, ma la sua forza è grande e lo ha portato prima al diploma al liceo Classico e poi alla laurea. Ha anche scritto un libro, insieme a Francesco Minervini, il titolo è Finalmente urlo in cui racconta la sua vicenda