C’era una volta (e c’è ancora) la prova della verginità

Lenzuoli macchiati di sangue e stesi fuori ai balconi, prove del fazzoletto e certificati: ecco cos'è il test della verginità e perché deve cessare definitivamente

C’era una volta, neanche molto tempo fa, una tradizione nostrana che aveva a che fare con l’onore di un uomo e con quello delle famiglie coinvolte. La stessa tradizione che però ledeva allo stesso tempo la dignità delle donne. Si trattava di una prova, quella del lenzuolo macchiato di sangue, che veniva esposta con orgoglio quando il rapporto sessuale veniva consumato dopo la prima notte di nozze.

Non si trattava di un momento intimo e sentimentale, ma di qualcosa da condividere con i parenti, con gli amici e con tutto il Paese, affinché tutti venissero a conoscenza della purezza della sposa, affinché tutti testimoniassero che l’onore dell’uomo era stato preservato.

Quella era la prova della verginità, ma anche della discriminazione, un pregiudizio e una violenza emotiva e silenziosa che colpiva le donne del nostro Paese e che ancora oggi stigmatizza gran parte del mondo femminile.

Verginità ieri e oggi

L’usanza del lenzuolo macchiato di sangue la conosciamo tutti, anche solo per quelle vecchie storie che vengono ancora oggi raccontate. Questa tradizione era molto radicata nell’Italia di qualche anno fa, soprattutto nelle zone al sud dello stivale. Come abbiamo anticipato, questa prova era strettamente legata all’onore personale, che non poteva essere solo dichiarato ma doveva anche essere dimostrato. Era necessario, quindi, dire ad alta voce e far sapere che la sposa era illibata, perché se non lo era, allora, era chiaro che non era degna di diventare moglie e poi madre.

Succedeva così, quindi, che dopo la prima notte di nozze le suocere raggiungevano l’abitazione dei neo sposi per avere la prova che stavano aspettando, la stessa che poi veniva esposta in finestra o in balcone affinché tutti potessero ricevere la conferma.

Oggi, e per fortuna, la tradizione è caduta in disuso, anche se non è passato molto tempo da quegli episodi sporadici che ci hanno fatto sprofondare in quei retaggi culturali di una tradizione maschilista, violenta e discriminatoria che è un vero e proprio attacco a tutte le donne.

È del 2012, per esempio, quella storia drammatica della 13enne macedone residente a Venezia e promessa in sposa, che è stata violentata dal suo futuro marito per dimostrare la sua purezza, con tanto di lenzuolo macchiato di sangue esposto a fine rapporto.

Oggi, per fortuna, di storie così attaccate alla società maschilista e patriarcale che ha dominato per troppo tempo il nostro Paese non ne sentiamo più. Ma questo non vuol dire che non esistano. Perché sì, se il lenzuolo è solo un amaro ricordo che appartiene al BelPaese, ci sono altri territori del mondo in cui la prova della verginità, spesso sottoscritta anche dal ginecologo con tanto di rilascio di certificato, è una realtà. Una vera e propria violenza mossa ai danni delle donne che deve essere fermata!

Il docu-reality sul test delle verginità nella comunità rom

Nel 2021 veniva mandato in onda, sulla rete privata francese Tfx, un docu-reality che parlava del test della verginità alla quale le ragazze rom sono sottoposte. Migliaia di giovanissime promesse spose, infatti, sono vittime di una tradizione antichissima che sopravvive ancora in alcuni luoghi del mondo. Nel caso specifico del documentario si parlava di una comunità che popola il sud del Paese, e più precisamente Perpignano.

In quell’occasione, migliaia di telespettatori hanno scoperto la cerimonia del fazzoletto che viene perpetuata proprio poco prima delle nozze. L’usanza vuole che le donne più sagge e anziane della famiglia, si accertino della verginità della sposa con un controllo fai da te. La prova tanto attesa arriva con dopo aver la conferma dell’integrità dell’imene che viene a sua volta esaminato con un fazzoletto di cotone.

Se la prova non viene superata, è evidente, la sposa non è degna di diventare tale e il matrimonio può essere annullato. Il motivo, ancora una volta, affonda le radici nell’onore maschilista che sente il bisogno di essere rassicurato dalla purezza della donna.

In Francia, così come nel resto del mondo, il documentario in questione ha generato orrore, critiche e commenti da parte di donne e uomini. C’è da aggiungere, però, che ancor prima della trasmissione del documentario in questione l’Assemblée Nationale ha approvato una legge che prevede il divieto dei test di verginità durante la preparazione al matrimonio.

Era stato il governo Macron, già qualche anno fa, a ritenere abominevole la pratica dei certificati di purezza ai quali alcune donne sono ancora sottoposte. Ma è lo stesso nel resto del mondo?

Il certificato sulla verginità

Sono tante, anzi tantissime, le voci che si fanno sentire per abolire i test e i certificati della verginità. Non solo perché queste pratiche sono pericolose, a livello fisico e mentale, ma anche perché è arrivato il momento di abbattere totalmente la credenza che il valore di una donna sia stabilito solo ed esclusivamente dal sanguinamento dopo il rapporto.

In Pakistan, per esempio, fino a qualche anno fa il test della verginità era una vera e propria costante che non lasciava scampo a nessuna donna. Per fortuna, però, la Corte Suprema di Lahore, ha stabilito il divieto di questa prova. Eppure questo non è un risultato che possiamo dire di aver ottenuto all’unanimità. Nonostante l’opposizione di medici, ginecologi e ostetriche, sono ancora tante le richieste che il personale ospedaliero deve affrontare proprio rispetto al certificato di verginità.

La conferma arriva anche da un sondaggio condotto dai ricercatori del Baylor College di Houston e della Cornell University di New York che ha confermato che il 10% dei ginecologi hanno avuto a che fare con almeno una famiglia che aveva richiesto il suddetto certificato per la loro figlia.

Cos’è esattamente ve lo spieghiamo subito. Si tratta di un’attestazione rilasciata a seguito di un controllo che si basa sull’accertamento dell’integrità dell’imene. Un’azione, questa, che non solo è umiliante e traumatica, ma che oltretutto non ha nessun fondamento scientifico.

La credenza di associare l’imene alla verginità, e che appartiene a molte culture, è completamente infondata. L’imene, infatti, può essere più resistente o meno, può cambiare nel tempo, può essere sviluppato o non esserci proprio, ma soprattutto non si tratta di una parte che riveste e ottura la vagina, per cui non viene rotto durante il primo rapporto sessuale.

Quello che invece succede è che, in occasione del primo rapporto sessuale, l’imene venga stimolato e quindi può provocare un sanguinamento. Ma questo può esserci come no. Motivo per il quale la prova della verginità non può sussistere.