Giovanna Bertòla fu una delle figure femminili più rappresentative e impegnate del Risorgimento italiano. Sin da piccola educata a letture di autori sostenitori della parità dei sessi, Giovanna Bertòla divenne una maestra amata e lodata. Ma il destino aveva in serbo per lei era un altro. La sua forte personalità e la mente raffinata la portarono ben più lontana di quanto lei stessa si sarebbe mai immaginata. Sino a diventare la portavoce delle donne in un momento storico in cui il femminismo moderno era ancora lontano.
La Voce delle donne
Giovanna Bertòla è una sorta di anticipatrice dei movimenti femministi che nella seconda metà del 1900 si sono affermati in tutto il mondo. Il suo impegno e la potenza delle sue azioni è ancora più incredibile se la si rapporta ai tempi in cui ella visse. L’obiettivo della Bertòla era fornire alle donne gli strumenti per potersi fare strada in un mondo di uomini. Così nacque La Voce delle donne, una rivista che ebbe in grande impatto a livello culturale e pedagogico. Il primo gennaio 1865 vide la luce il primo numero, con il programma di “educare, istruire, consigliare, parlare di diritti e di doveri” delle donne. Una novità assoluta nel paesaggio editoriale e un passo in avanti importante nella storia dei movimenti femminili.
I lavori di Giovanna Bertòla
Giovanna Bertòla si impegnò in prima persona nella scrittura di articoli e saggi a carattere sociale. I temi che spesso trattò erano vere e proprie denunce circa l’abitudine di sottopagare il lavoro femminile. Giovanna con i suoi lavori cercò sempre di invitare le donne a un impegno nella vita sociale e politica del Paese. La Bertòla e le collaboratrici si dedicarono all’educazione femminile e alla parità di genere affrontando con sempre maggiore decisione il tema dell’uguaglianza dei diritti. Purtroppo però la rivista chiuse i battenti dopo due anni, non senza avere lasciato un segno nei cuori dei circa diecimila abbonati che aveva in tutta Italia.
La fondazione di collegi femminili
Giovanna Bertòla non si fermò insieme alla sua rivista. Di lavoro da fare ce n’era troppo per arrendersi. Così, finita la fase editoriale, fondò e promosse l’istituzione di collegi femminili in varie regioni d’Italia.
Dopo avere viaggiato per tutta l’Italia nel 1868 a Reggio Calabria inaugurò il Collegio Convitto delle “nobili donzelle”, divenuto in seguito il Collegio “Vittoria Colonna”. Nello Statuto di fondazione di questo collegio, Bertòla espose le proprie concezioni educative dando una forte impronta personale all’organizzare della scuola.
L’educazione secondo Giovanna Bertòla
L’educazione fisica era alla base della sua struttura educativa. La Bertòla istituì anche una Commissione di Vigilanza, incaricata di invigilare sulla istruzione intellettuale, sulla condotta morale, sulla perizia nei lavori femminili, ed in generale sullo andamento della educazione impartita alle alunne. Permase la distinzione tra le discipline adatte agli uomini e quelle più confacenti alle donne, così come la visione della madre, angelo del focolare «destinata ad infondere nella mente e nel cuore de’ suoi figli i semi d’affetto e d’intelligenza, ad educarli e ad istruirli; formandoli utili a loro stessi, alla famiglia ed alla patria».
La Bertòla era di certo una pioniera rispetto ai suoi tempi, anche se oggi la sua visione risulterebbe anacronistica, ma bisogna tenere conto del pensiero dell’epoca. Infatti, per Giovanna Bertòla la donna doveva saper lavorare di uncinetto, occuparsi di giardinaggio, saper tener in regola i libri di amministrazione, conoscere le principali regole igieniche e di medicina, la grammatica, geografia, storia naturale, e avere infine una “profonda conoscenza della Storia sia civile che politica, e della lingua della sua nazione”. Certo è che 160 anni fa pensare che una donna avesse bisogno di istruzione era un sacrilegio e, sotto questo punto di vista, Giovanna Bertòla ha aperto le porte all’educazione femminile stravolgendo i dettami del tempo. Grazie alle sue lotte la strada per la parità di genere ha fatto passi avanti di grande rilievo.