Cosa si prova a scoprire che l’uomo che si ama è uno spietato assassino? È la terribile realtà vissuta da Eva Mikula tra la fine degli Anni ’80 e i primi Anni ’90. All’epoca la donna originaria della Transilvania era la compagna di Alberto Savi, passato tristemente alla storia come leader della sanguinosa Banda della Uno Bianca. Su di lei, in quel tempo, si disse di tutto, che era complice e vittima, consapevole e ignara. Nel tempo, Mikula ha raccontato la propria verità e svelato la sua versione dei fatti.
Chi è Eva Mikula
Eva Edit Mikula nasce a Baia Mare, piccola cittadina della Transilvania che dal mare è ben lontana (il nome significa “grande miniera”), nel 1975. Figlia di una famiglia afflitta da una povertà assoluta, attorno a lei figure maschili oppressive e incapaci di tenerezza: il padre è manesco, il fratello assente. A soli 15 anni Eva decide di lasciare quella casa in cui non fu mai capace di sorridere e, con una piccola valigia e il suo amato violino, oltrepassa i confini della Romania.
Arriva in Ungheria, si barcamena tra lavoretti diversi, fa la modella, la sera lavora in un locale come cameriera. È qui che, ancora minorenne e decisamente ingenua, incontra l’uomo che, agli occhi della stampa, la trasformerà in una dark lady. In Italia Eva Mikula assunse il ruolo di complice e sadica spettatrice, la sua vicinanza a uno dei criminali più sanguinosi della storia della cronaca nera nazionale l’ha privata a lungo della serenità. Oggi Eva si tiene ben lontana da microfoni e riflettori, continua a vivere in Italia e lavorare, gestisce un bar, ha qualche esperienza nell’immobiliare.
Il rapporto con la Banda della Uno Bianca
Ha soltanto 16 Eva quando conosce Fabio Savi, che di anni ne ha il doppio, oltre ad avere una moglie e un figlio. Lui fa avanti e indietro tra Italia e Ungheria, con lui la giovane Eva perde la verginità, poi scopre che la moglie non è affatto ex e lo lascia. Lui non demorde, la va a prendere e le regala le chiavi della casa di Rimini dove la porterà a vivere. Lei è ancora una bambina, è inesperta e soggiogata da quest’uomo esperto che le promette il mondo ma la priva di tutto.
Mikula conduce una vita da reclusa, passa tutto il giorno chiusa in casa in attesa del ritorno di Savi. Esce solo con lui, ma ciò non impedisce all’uomo di irrompere in scenate di gelosia e possessività. Lei non ha idea di quale sia il suo lavoro, fino a quando, orgoglioso e spavaldo, lui le mostra i primi articoli di giornale che raccontano delle prodezze della Banda della Uno Bianca. “Ora che lo sai, attenta a come ti comporti” la minaccia. Terrorizzata, Eva trova il coraggio di fuggire, ma passa ben poco tempo prima che Savi la convinca a tornare a casa.
Resta al fianco di quest’uomo terribile, ma prova a cambiarlo. Ogni volta che lo prega di smettere con le rapine, però, lui va su tutte le furie, si scaglia contro di lei e contro le cose a cui tiene di più. Eva Mukila e Fabio Savi sono insieme quando, nel 1994, in una stazione di servizio al confine con l’Austria, Fabio Savi viene arrestato e in seguito, colpevole dell’omicidio di 24 persone, condannato all’ergastolo.
La confessione a Belve Crime
Eva Mikula ha scritto più di un libro sulla sua storia di disamore con Fabio Savi. Tentò di partecipare alla prima edizione del reality La Talpa, ma fu fermata dall’Associazione dei famigliari delle vittime della Uno Bianca. Da allora, si è sempre tenuta lontana dai riflettori, fino a quando non ha accettato l’invito a Belve Crime, la versione dedicata alla cronaca nera del programma di Francesca Fagnani.
Sulla storia con Fabio Savi, Eva Mikula ha affermato: “All’epoca credevo fosse amore, oggi lo traduco in una mancanza di una figura paterna”. Si è difesa da chi l’accusa di essere stata complice, di denunciare aveva semplicemente paura, “mi puntava la pistola, diceva che mi avrebbe uccisa e gettata in un burrone”. E non ha celato il proprio rancore verso le famiglie delle vittime: “Io attendo delle scuse. Mi hanno insultata per una vita. Io potevo arrivare al punto di non esserci più. Per 30 anni sentirmi dire: ‘Vergognati’, è stata istigazione al suicidio. E questo ha inciso molto sulla mia vita”.