Dacia Maraini nasce a Fiesole (Firenze) il 13 novembre 1936. Il padre Fosco è un famoso etnologo di origine inglese, mentre la madre Topazia, pittrice, discende da un’importante famiglia appartenente alla nobiltà siciliana. Nel 1938 la famiglia Maraini va a vivere in Giappone in quanto Fosco sta studiando la popolazione degli Hainu. Nel 1943 il governo nipponico, sulla base degli accordi presi con la Germania e con l’Italia, pretende che i coniugi firmino l’adesione alla Repubblica di Salò. Fosco e Topazia rifiutano e le conseguenze sono immediate: tutta la famiglia, incluse le tre figlie, viene internata in un campo di concentramento dislocato a Tokyo. Sono tre anni di fame estrema, fino a quando nel 1946 vengono liberati dagli americani. Nella sua collana di poesie “Mangiami pure” (1978) Dacia narrerà gli stenti e le terribili sofferenze sopportati in quegli anni. A seguito della liberazione, i Maraini soggiornano in Sicilia, a Bagheria. È qui che la futura scrittrice comincia gli studi.
L’unione familiare dura poco. L’antropologo Fosco si trasferisce a Roma, mentre la moglie e le tre figlie vivono a Palermo. Dacia Maraini, già con il sogno di dedicarsi alla scrittura, vorrebbe seguire il padre, ma questo può avverarsi solo al compimento dei diciotto anni. A Roma, la giovane conclude il liceo e comincia a lavorare come segretaria. Ottiene anche i primi incarichi come giornalista, tanto che a ventuno anni è una delle fondatrici della rivista “Tempo di letteratura”. Nel frattempo scrive racconti anche per altre riviste, quali “Nuovi Argomenti”, “Paragone”, “Il Mondo” e comincia ad appassionarsi al teatro. Con altri scrittori, fonda il Teatro del Porcospino. La grande novità di questo nuovo luogo di cultura è il fatto che vi vengono rappresentate solo opere italiane agli esordi, quali per esempio i lavori di Goffredo Parise e di Carlo Emilio Gadda. Risale a questo periodo l’incontro con Alberto Moravia che, innamoratosi di Dacia, lascia la moglie Elsa Morante. Vivranno insieme fino agli inizi degli anni Ottanta.
La realtà nuova nella sua opera è l’adozione di un punto di vista femminile consapevolmente alternativo. Il suo primo romanzo breve, “La vacanza” (1962), narra l’iniziazione alla vita e al sesso di un’adolescente romana negli anni della guerra: la protagonista, che parla in prima persona, ha un atteggiamento di indifferenza fredda e passiva che ricorda Alberto Moravia, amico, compagno e protettore della scrittrice ai suoi esordi. Ma lo stile è più asciutto e incisivo di quello del maestro. Possiamo qui ricordare solo qualche esempio della sua produzione successiva, vasta, multiforme e tuttora in corso. Nel 1963 esce “L’età del malessere” e nel 1967 “A memoria”; nel 1966 esce anche una collezione di poesie con il titolo “Crudeltà all’aria aperta”. La prospettiva femminile si fa più polemica nei racconti raccolti in “Mio marito” (1968) e diventa adesione appassionata al femminismo nelle poesie di “Donne mie” (1974).
Interpreta anche le esigenze nate dalla crisi culturale del Sessantotto tentando una letteratura che dia direttamente voce alle esperienze degli emarginati: nasce così “Memorie di una ladra” (1973), autobiografia ricavata dalle confidenze della protagonista registrate, con un minimo intervento della scrittrice. Da questo testo, viene tratto il film “Teresa la ladra” (1973) con protagonista Monica Vitti. Intanto Dacia Maraini continua ad impegnarsi in un’intensa esperienza teatrale, documentata poi in “Fare teatro” (1974). Nel 1973 fonda, con altre donne, il Teatro della Maddalena e comincia a scrivere diversi testi pensati per il palcoscenico. Ricordiamo tra gli altri “Maria Stuarda”, che ha un notevole successo in tutto il mondo, “Manifesto dal carcere”, “Dialogo di una prostituta con un suo cliente” e “Stravaganza”. A partire dall’esordio del 1967, Dacia Maraini ha dato alla luce decine di opere teatrali; molte di queste sono ancora oggi portate in scena sia nel Vecchio Continente che negli USA.
Nel 1973 pubblica “Donne in guerra” mentre nel 1980 viene dato alle stampe “Storia di Piera”. Sono due successi: il primo viene tradotto in diverse lingue, mentre il secondo, scritto con Piera degli Esposti, diventa un film con protagonista Marcello Mastroianni. Nel 1984 esce “Il treno per Helsinki”, che ha per tema la malinconica ricerca dei fervori giovanili, e nel 1985 “Isolina”, la commovente narrazione della vita di una giovane donna all’inizio del Novecento. Nel 1990 è la volta di “La lunga vita di Marianna Ucrìa”, un romanzo che ottiene un grande successo sia tra il pubblico che tra i critici: vince, infatti, numerosi premi tra i quali il Campiello. Nel 1991 Dacia Maraini si dedica ad una collana di poesie “Viaggiando con passo di volpe” ed all’opera “Veronica, meritrice e scrittora”. Nel 1993 torna ai ricordi d’infanzia con “Bagheria” e nel 1994 affronta il tema della violenza sulle donne con “Voci”. Tematiche, quelle dell’infanzia e delle donne, che non abbandona mai.
Dedica “Un clandestino a bordo” (1996) al tema dell’aborto, mentre i racconti di “Buio” (1999) a quello della violenza sui bambini; la raccolta di racconti vince il Premio Strega. Nel 1997 esce “Dolce per sè”, nel 1998 l’intervista “E tu chi eri?” e la raccolta di poesie “Se amando troppo”. Nel 2001 pubblica il saggio “Amata scrittura” e “La nave per Kobe”, romanzo che ripercorre la sua infanzia in Giappone; nel 2003 scrive “Piera e gli assassini” con il contributo di Piera degli Esposti. Nel 2004 Dacia Maraini dà alle stampe “Colomba”. Negli ultimi anni pubblica “I giorni di Antigone” (2006), “Il gioco dell’universo” (2007), “Il treno dell’ultima notte (2008), “La ragazza di via Maqueda (2009), “La seduzione dell’altrove” (2010), “La grande festa” (2011), “L’amore rubato” (2012), “Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza” (2013) e “La bambina e il sognatore” (2015). Dal punto di vista strettamente personale, sappiamo che Dacia Maraini è vegetariana ed una fervente sostenitrice dei diritti degli animali.