Frasi di Liliana Segre, per non dimenticare una delle pagine più buie della storia

Liliana Segre è sopravvissuta alla Shoah, e le sue parole sono un insegnamento per tutti noi: ecco le sue frasi più profonde, per ricordare l’orrore dell’Olocausto

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Giulia Sbaffi

Web Content Editor

Appassionata di belle storie e di viaggi, scrive da quando ne ha memoria. Quando non è in giro o al pc, riempie di coccole i suoi amati gatti.

Liliana Segre è una delle voci più influenti di una pagina di storia che non dovremmo mai dimenticare: nata a Milano nel 1930, da una famiglia di ascendenza ebraica, ha vissuto sulla sua pelle l’orrore della Shoah. Era solamente una ragazzina quando è stata deportata ad Auschwitz assieme al papà, e solo lei è riuscita a fare ritorno a casa. Vittima delle leggi razziali, come milioni di altre persone ebree (e non solo) dell’epoca, oggi continua a diffondere la sua testimonianza per far sì che nessuno possa mai cancellare dalla memoria quello che è accaduto.

Su DiLei abbiamo raccolto alcune delle sue citazioni più belle e toccanti, frasi che arrivano dritte al cuore e fanno male, ma che ci aiutano anche a riflettere sull’importanza di ricordare il male che il mondo ha già vissuto, nella speranza che un orrore del genere non succeda mai più. Le parole di Liliana Segre sono un grande insegnamento per tutti noi, ed ecco perché dobbiamo ascoltarle e farle nostre.

Frasi di Liliana Segre per riflettere

Liliana Segre non è mai venuta meno a quello che lei stessa ha sempre sentito come il suo compito: continuare a raccontare la sua storia per sensibilizzare le nuove generazioni contro il razzismo e l’odio. Ecco alcune delle sue citazioni più profonde, per riflettere su drammi che sembrano così lontani da noi, eppure non sono mai stati così vicini.

  • Siate sempre come la farfalla gialla che vola sopra i fili spinati.
  • Mi fa impressione quando senti di barconi affondati nel Mediterraneo, magari 200 profughi di cui nessuno chiede nulla. Persone che diventano numeri anziché nomi. Come facevano i nazisti. Anche per questo non ho mai voluto cancellare il tatuaggio con cui mi hanno fatto entrare ad Auschwitz.
  • Non mandate i vostri figli in gita ai campi di sterminio. Lì si va in pellegrinaggio. Sono posti da visitare con occhi bassi, meglio in inverno con vestiti leggeri, senza mangiare il giorno prima, avendo fame per qualche ora.
  • Ho visto insegnare l’odio, mi ha guarito l’amore.
  • Se si ammettono le parole dell’odio nel contesto pubblico, se si accoglie lo hate speech nella ritualità del quotidiano, si legittimano rapporti imbarbariti. Io l’odio l’ho visto. L’ho sofferto. E so dove può portare. Per questo vado a parlare con gli studenti. Gli racconto un passato figlio dell’odio e del rancore disumano e loro mi ascoltano con un’attenzione di cui non smetto di essergli grata.
  • Ad Auschwitz non scegliemmo di attaccarci ai fili elettrificati per scegliere la morte, che sarebbe arrivata in un secondo. Noi scegliemmo la vita, parola importantissima che non va sprecata e non va mai dimenticata nemmeno un minuto. Non bisogna perdere neanche un minuto di questa straordinaria emozione che è la vita. Perché nel tic-tac, che è il tempo che scorre, il tic è già tac.
  • Ero già una donna libera da anni quando lessi il libro di Primo Levi, e capii che questo sentimento fortissimo, che mi aveva accompagnato durante tutto quel tempo, era stato lo “stupore per il male altrui”. Io non lo avevo mai capito fino in fondo e non avrei saputo dirlo con le mie povere parole. lo fece Primo Levi, e con pochissime parole. “Tutto lo stupore per il male altrui”.
  • Ho paura della perdita della democrazia, perché io so cos’è la non democrazia. La democrazia si perde pian piano, nell’indifferenza generale, perché fa comodo non schierarsi, e c’è chi grida più forte e tutti dicono: ci pensa lui.
  • A me hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero. L’accoglienza rende più saggia e umana la nostra società.
  • Quando ho conosciuto Sergio Mattarella e abbiamo parlato, eravamo tutti e due con i capelli bianchi, alle spalle anche lui ha avuto un dramma che ti segna la vita, ci siamo ritrovati come un fratello e una sorella. Ho letto anch’io cos’hanno scritto in rete, quando gli hanno augurato la fine di suo fratello mi sono venute in mente le minacce contro di me da bambina. Rispondevo al telefono e una voce mi chiedeva: “Perché non muori? Perché non morite?”. Questi cattivi sentimenti ci sono sempre stati, il web li amplifica, ma non è solo una questione di mezzi d’espressione. Ci sono tempi che consentono a queste persone di comportarsi così. C’è stato un tempo dopo la guerra, dopo l’orrore di milioni di morti, che queste parole e questi comportamenti sono sembrati sparire. Sono arrivate altre esigenze, la gente ha pensato all’arricchirsi, a farsi notare. La bellezza, il consumismo, il successo, essere qualcuno, sono diventati degli idoli. Poi gli idoli cadono e nel vuoto sono tornate parole antiche.
  • Non dite mai che non ce la potete fare, non è vero. Io ho sperimentato sulla mia pelle quanto l’uomo sia capace di lottare per rimanere attaccato alla vita. Non appoggiatevi a nessuno: dovete trovare la forza in voi stessi per andare avanti e raggiungere i vostri obiettivi, superando le difficoltà.
Frasi di Liliana Segre. Ho visto insegnare l’odio, mi ha guarito l’amore.
“Ho visto insegnare l’odio, mi ha guarito l’amore.”

Liliana Segre, frasi sull’indifferenza

L’indifferenza fa male, l’indifferenza uccide: eppure c’è chi continua a girare la testa dall’altra parte, rifuggendo agli orrori che ancora molta gente continua a vivere sulla propria pelle. Liliana Segre, che dell’indifferenza è stata vittima, ha pronunciato parole che rimangono scolpite a fuoco nella nostra mente e nei nostri cuori.

  • Coltivare la memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.
  • L’indifferenza, sì. A volte, quasi sempre, è più grave della violenza. Perché dalla violenza uno sa che si deve difendere e si prepara, magari poi non ci riesce, però è preparato. Invece l’indifferenza di chi volta la faccia dall’altra parte, di chi non ti saluta più, di chi non si ricorda più di telefonarti, di chiederti come stai e dirti: “Sono vicino a te in questo momento che sei in disgrazia”, è pesantissima, gravissima. Fa male.
  • Indifferenza. Gli orrori di ieri, di oggi e di domani fioriscono all’ombra di quella parola. La chiave per comprendere le ragioni del male è racchiusa in quelle cinque sillabe, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore.
  • La vittima deve essere coraggiosa e denunciare, mentre chi sta intorno non deve essere indifferente e stare con il bullo che sembra più forte. I nazisti ad Auschwitz erano i bulli di allora.
  • L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza.
  • L’indifferenza è complice. È quella che ha fatto dire a milioni di persone in tutta Europa: “Ma io non lo sapevo. Io non avevo capito”.
  • Prima, durante e dopo la mia prigionia mi ha ferito l’indifferenza colpevole più della violenza stessa. Quell’indifferenza che ora permette che Italia ed Europa si risveglino ancora razziste: temo di vivere abbastanza per vedere cose che pensavo la storia avesse definitivamente bocciato, invece erano solo sopite.
  • L’indifferenza porta alla violenza, perché l’indifferenza è già violenza.
  • Chi entra nel Memoriale della Shoah trova scritta una parola: indifferenza.
  • Il 9 dicembre 1943, con mio padre e due cugini, fummo nelle mani di orribili contrabbandieri, non troppo diversi dagli scafisti di oggi. Pagammo 45 mila lire per andare oltre il confine e altre mille per trascorrere la notte sotto un tetto. La Svizzera però ci respinse. E allora si susseguirono il carcere di Varese, San Vittore a Milano, il binario 21, Auschwitz-Birkenau, per la sola colpa d’essere nati.
  • La solitudine del perdente, la solitudine del malato, del povero, dell’emarginato, è lì che scatta l’indifferenza. E come siamo pronti a salire, invece, sul carro del vincitore…
  • Spesso mi chiedono come sia potuto succedere. E io rispondo sempre con questa parola: indifferenza. Se pensi che una cosa non ti riguardi e ti volti dall’altra parte, è lì che inizia l’orrore.
Frasi di Liliana Segre. L’indifferenza porta alla violenza, perché l’indifferenza è già violenza.
“L’indifferenza porta alla violenza, perché l’indifferenza è già violenza.”

Frasi di Liliana Segre sulla memoria

La Shoah non è solamente una pagina di storia che non possiamo permetterci di dimenticare: è una tragedia che deve rimanere impressa nella nostra mente, affinché nulla di tutto quello che è successo possa accadere di nuovo. Ecco le più belle frasi di Liliana Segre sulla memoria e sull’importanza di ricordare.

  • Io sono una delle pochissime ancora in vita che ricorda. Perciò torno spesso in questo posto. Ogni volta è un pensiero sul passato molto coinvolgente. E per questo desidero che diventi un posto conosciutissimo, almeno dai milanesi. [In riferimento al Memoriale della Shoah in Piazza Safra 1, a Milano]
  • Non lo posso dimenticare. Io sono la memoria di quello che è successo.
  • Sono una delle ultimissime sopravvissute al mondo, e con pessimismo e realismo dico che la Shoah sarà trattata in un rigo nei libri di storia, poi non ci sarà più neanche quello.
  • Se ogni tanto qualcuno sarà candela accesa e viva della memoria, la speranza del bene e della pace sarà più forte del fanatismo e dell’odio dei nostri assassini.
  • Un Paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani. La memoria è un bene prezioso e doveroso da coltivare. Sta a noi farlo. A che serve la memoria? A difendere la democrazia.
  • Il presidente ha voluto onorare, attraverso la mia persona, la memoria di tanti altri in questo anno, 2018, in cui ricorre l’ottantesimo anniversario delle leggi razziali. Sento dunque su di me l’enorme compito, la grave responsabilità di tentare almeno, pur con tutti i miei limiti, di portare nel Senato della Repubblica delle voci ormai lontane che rischiando di perdersi nell’oblio.
  • La memoria è un vaccino che ci fa essere cittadini migliori.
  • Ora che, per motivi di calendario, carnefici e vittime di quella stagione stiamo morendo uno dopo l’altro, noi pochi sopravvissuti siamo in prima linea. Spesso siamo lodati, ma veniamo anche criticati, trattati da pazzi. O anche da bugiardi. Viviamo in un brutto momento in cui i negazionisti, che vogliono far dimenticare e vogliono cancellare la memoria, si fanno sempre più avanti, e sempre più forti.
  • Sconfessate la menzogna. Diventate candele della memoria.
  • Questo è il mio segnalibro del futuro: conoscere la storia del proprio tempo per evitare di ricadere in certi errori e orrori, aprendo la propria mente al valore autentico di termini come “tolleranza”, “accoglienza”, “interculturalità”, “solidarietà”.
Frasi di Liliana Segre. Non lo posso dimenticare. Io sono la memoria di quello che è successo.
“Non lo posso dimenticare. Io sono la memoria di quello che è successo.”

Le testimonianze di Liliana Segre

Liliana Segre, che nel 2018 è stata nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha più e più volte raccontato la sua testimonianza per far sì che nessuno possa dimenticare cosa sia stato l’Olocausto. Sono parole devastanti, che leggere fa male. Ma non possiamo permetterci di cancellarle, per non correre il rischio che qualcuno possa viverle di nuovo sulla propria pelle.

  • Nel 1944, quando fummo deportati a Birkenau, ero una ragazza di 14 anni, stupita dall’orrore e dalla cattiveria. Sprofondata nella solitudine, nel freddo e nella fame. Non capivo neanche dove mi avessero portato: nessuno allora sapeva di Auschwitz.
  • La giornata era scandita dall’essere lavoratori schiavi, che però era una fortuna rispetto a quelle che facevano parte dei commandi – così venivano chiamati. Credo che una delle ragioni per cui ce l’ho fatta, è stata di lavorare al coperto dentro la fabbrica. Quelli obbligati ad altri lavori, a scaricare le pietre da un camion, scavare delle buche che gli altri riempivano, erano quei lavori che servivano per uccidere senza sprecare né le munizioni né lo Zyklon B.
  • Quel viaggio è stato importantissimo per la mia struttura di donna, per capire le persone intorno a me, per stringermi a mio padre, per sentire i pianti di tutti, per sentire le preghiere dei più religiosi. Il viaggio durava una settimana. Alla fine, io mi ricordo questo silenzio. Non conosciamo più il silenzio, che può essere così portante per stare con se stessi, per godere di una cosa bellissima, ma anche per condividere la vicinanza della morte, quando si sta per morire. Fu così per quasi tutte le persone di quel trasporto: eravamo 605, tornammo in 22.
  • Poi c’era la notte. E la notte dei lager è una cosa di cui non si parla mai. E la notte dei lager è invece importantissima, perché si sentono le grida di quelli che vanno al gas, si sentono i richiami delle mamme che perdono i bambini, i bambini in tutte le lingue d’Europa, dei mariti che han perso le mogli. E noi sapevamo dove andavano: era la notte.
  • Nei campi di sterminio rimasi sola, e non rividi più mio padre. Chi è stato ad Auschwitz ha sentito per anni l’odore di carne bruciata: non te lo togli più di dosso. E poi rimani sempre quel numero.
  • Le guardie si spogliarono buttando le armi. Una pistola mi arrivò vicino ed ebbi la forte tentazione di sparare ad una guardia. Avevo visto morire tanti per la sola colpa di essere nati. Ma capii che non ero come lui. Ero libera.
  • Quando sono stata liberata io, ormai era primavera avanzata. Era la fine di aprile, forse i primi di maggio. Sulla liberazione di Auschwitz ho letto solo in un secondo momento, quando sono tornata alla vita cosiddetta civile.
  • Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall’inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza.
Frasi di Liliana Segre. Chi è stato ad Auschwitz ha sentito per anni l’odore di carne bruciata: non te lo togli più di dosso. E poi rimani sempre quel numero.
“Chi è stato ad Auschwitz ha sentito per anni l’odore di carne bruciata: non te lo togli più di dosso. E poi rimani sempre quel numero.”