Tra contraddizioni e debolezze: perché il movimento body positive ha fallito

Tra strumentalizzazione, sensi di colpa e spettacolarizzazione dei difetti per vendere e parlarne a tutti i costi. Cosa resta davvero del movimento body positive?

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Il dibattito culturale sulla body positivity tiene alta l’attenzione dei media, e non solo, da anni ormai. Complici personalità dello stars system e influencer senza peli sulla lingua che si esprimono a favore della diversità, delle curve, dei corpi plus-size e più in generale di tutti quegli aspetti fisici che, fino a questo momento, sono stati etichettati come difetti. Meglio ancora se nascosti.

C’è chi poi ha cavalcato l’onda, come succede con le cose che funzionano. È il caso di aziende, più e meno note, che hanno creato campagne pubblicitarie ad hoc promuovendo la vera bellezza, quella lontano dalla perfezione alla quale ormai eravamo abituate.

Ma individuare un problema non vuol dire risolverlo. E dopo oltre un decennio di dibattiti, fotografie sui social e modelle curvy sui cartelloni pubblicitari, la situazione non è cambiata poi molto. Le donne sono ancora insoddisfatte del loro corpo come dimostra l’ossessiva ricerca di espedienti per apparire più giovani, belle, magre. Perfette.

Una tendenza mainstream

Se è vero che tempo fa si poteva facilmente impallidire davanti alla bellezza e alla perfezione delle modelle scelte per i programmi televisivi o per i cataloghi, è vero anche che negli ultimi tempi le cose si sono ribaltate. Insomma, accettare quei chili in più, o difetti come le smagliature e la cellulite, non implica per forza l’infelicità. Nè tantomeno allontana dai quei privilegi che sembrano appartenere solo a chi è magro e bello.

È stato questo il messaggio che si è voluto trasmettere inserendo la presenza di donne “normali” all’interno di programmi tv e sulle copertine dei giornali. Tralasciando il discorso sulla normalità e sulla bellezza, che seguono rispettivamente standard oggettivi e soggettivi, l’obiettivo del movimento body positive era quello di cambiare il modo in cui il corpo veniva percepito dalla società in generale.

E sì, i personaggi con fisici abbondanti e formosi ora appaiono anche nei film, non solo come emarginati o soggetti di trasformazione dall’anatroccolo al cigno, ma come donne forti, indipendenti e di successo. In grado di amare e di essere amate. Ma non ci è voluto poi molto affinché anche questa normalità divenisse oggetto di standardizzazione.

Diventata una tendenza mainstream, la body positive ha visto, nuovamente, la mercificazione del corpo delle donne. La monetizzazione e la politicizzazione da parte dei marchi e delle figure pubbliche ha fatto sì che si creassero altre esclusioni. La presenza sempre più prepotente di modelle dal fisico a clessidra, ma col nasino all’insù e le labbra carnose ha creato altri standard di bellezza: donne con le curve e con qualche taglia in più ma estremamente bellissime.

Certo le aziende hanno smesso di utilizzare Photoshop, così come le influencer hanno trovato il coraggio di mostrarsi senza filtri, ma da quando il body positive è diventata una tendenza, abbracciata furbamente dal marketing il suo messaggio è stato completamente stravolto. Perché non basta prendere volti come Ashley Graham e proporli un po’ ovunque quando, nonostante le taglie in più, la modella resta sempre una ragazza con un viso oggettivamente bello. E no, non tutte possiamo identificarci in lei.

La spettacolarizzazione dei difetti

Anche i difetti, così tanto osannati, mostrati e messi sotto i riflettori, sono diventati oggetti di uno spettacolo. E questo non è messo in scena per diffondere il messaggio del body positive, quanto più come qualcosa destinato a diventare il protagonista di uno show. Così i difetti non vengono sdoganati, ma spettacolarizzati. E questo dovrebbe farci sentire meno sole o meno insoddisfatte di un difetto che ci appartiene?

A tutto questo si aggiunge anche un’altra riflessione troppo spesso sottovalutata. Perché soffrire per un difetto fisico deve essere per forza sbagliato? C’è chi riesce ad accettare il proprio corpo e a considerare le imperfezioni un punto di forza, caratteristiche univoche e peculiari. Ma chi ha deciso che per tutti deve valere la stessa cosa? Ci sono persone che vogliono dimagrire, o ricorrere agli interventi estetici, non per forza per assecondare gli stereotipi della società, ma per se stesse.

La costrizione dell’accettazione del proprio corpo, pena il grande senso di colpa e l’esclusione (che di per sé è un paradosso), è l’ennesima dimostrazione di quanto anche un movimento così positivo, abbia in realtà un lato oscuro.

L’insoddisfazione

Una ricerca condotta qualche anno fa dall’American Psychological Association, ha confermato che ancora tante, troppe donne, e molto più della controparte maschile, sono insoddisfatte del loro corpo. Una condizione, questa, che porta inevitabilmente allo sviluppo di disordini alimentari, stress e depressione.

La ricerca ha preso in esame oltre 200 studi effettuati dal 1981 al 2021 ed è emerso che, nei primi anni Duemila, ci sarebbe stata un’inversione di tendenza significativa. In particolare, la preoccupazione del peso corporea sarebbe stata minore rispetto al picco raggiunto, invece, negli anni ’90.

Secondo un’altra ricerca condotta dalla Royal Society, è emerso che le donne messe a confronto con modelli di perfezione, soprattutto fisicamente parlando, crea disagio e insoddisfazione. Al contrario, invece, la massiccia presenza di figure normopeso o sovrappeso, può ridurre questa condizione generale di frustrazione nei confronti del proprio corpo.

Tuttavia non possiamo dimenticare il confronto con la realtà e come, anche le altre persone, ci facciano sentire meno o più belle in base al nostro corpo. Basti pensare alla trasformazione fisica di Adele a seguito del suo dimagrimento, e al clamore e all’entusiasmo generale delle persone che la considerano sicuramente più bella senza i chili in eccesso. Insomma, anche il dimagrimento fa notizia, quando in realtà questo non dovrebbe essere neanche motivo di discussione.

Anche in Italia, recentemente, abbiamo assistito ad un fenomeno simile a seguito della metamorfosi della cantante Noemi, celebrata anche dalla star nell’omonimo album. In questo caso, però, è stata lei stessa a demonizzare quei chili di troppo parlando della frustrazione provata nei confronti di un corpo in sovrappeso.

Esiste una soluzione?

Le considerazioni fatte fino a questo momento restituiscono uno scenario piuttosto complesso non senza incognite e riflessioni. Di strada da fare ce n’è ancora tanta. E la soluzione potrebbe essere proprio quella di smettere di mercificare ed esporre a tutti i costi il corpo delle donne. Che ognuna di noi si ritagli il suo spazio dove vivere pacificamente, senza subire mancanze di rispetto e giudizi, senza avere tutte quelle pressioni addosso, per un motivo o per un altro.

In questo scenario così controverso, però, si fa spazio una nuova scuola di pensiero che potrebbe rivoluzionare per sempre il modo di pensare il corpo: amarlo senza pensarci poi troppo. Il movimento prende il nome di body neutrality e si fa portavoce dell’importanza di imparare a focalizzare le energie e i pensieri su quello che il corpo ci consente di fare, e non sulla sua estetica.

Il movimento portato alla ribalta dalla life coach Anne Poirier, invita ad amare il proprio corpo senza lasciarsi ossessionare da esso. Sarà questa la soluzione?