Può l’amore essere eterno, può l’amore travolgere e risiedere in due corpi distinti accomunandoli oltre la fine della loro esistenza? Se si guarda alla storia di Abelardo ed Eloisa, la risposta sembrerebbe essere un sì. Il loro è un sentimento lontano nel tempo, che scosse le loro anime e le dipinse di colori incomprensibili agli occhi di chi, osservandoli, urlava allo scandalo.
Sì, perché correva l’anno 1100 a Parigi quando Abelardo (Pietro Abelardo) iniziò a distinguersi: era un dotto, un uomo che si muoveva tra letteratura, storia e filosofia. Sapeva tutto del pensiero umano, Abelardo, delle belle parole e della poesia, al punto da affermarsi come uno degli uomini più sapienti del tempo.
La sua sapienza era pari solo a un’altra sua dote, pare: la bellezza. Abelardo era corteggiatissimo, perché il suo bell’aspetto era esaltato dalla sua grazia e dalla sua eleganza. Eppure era serio, sembrava non aver tempo per le frivolezze. Proprio per questo venne scelto da un uomo di nobili origini, tale Fulberto, per dare lezioni alla nipote Eloisa.
È il 1116 e la giovane Eloisa ha solo diciassette anni: è senz’altro bella, con una pelle candida e lunghi capelli a incorniciarle il viso. Ma è lo sguardo che inchioda Abelardo. Uno sguardo vivo, brillante, curioso. Uno sguardo che si distingue da quello di altre giovinette della stessa età, votate all’istruzione per dovere e non per passione.
Eloisa è già colta, ma apprende voracemente. Insegue il sapere e sembra incantata dalla logica e dalla teologia, tanto care ad Abelardo. Lui capitola. Si innamora perdutamente, nonostante tra i due ci sia una grande differenza d’età: ben ventidue anni. La passione li accende, le lezioni diventano via via un pretesto per incontri sempre più focosi.
Entrambi si lasciano andare e Abelardo compone versi struggenti, tanto musicali e incantevoli da diffondersi velocemente per tutta la città. C’è chi mormora, chi intuisce. E alla fine, anche il nobile Fulberto comprende che tra il dotto e la nipote si sta consumando qualcosa che, per i tempi, era del tutto inaccettabile. Caccia via Abelardo, ma è troppo tardi: Eloisa è già incinta e lo comunica ad Abelardo, che decide di rapirla.
Approfittando dell’assenza di Fulberto, Abelardo si reca nella dimora di Eloisa. Le tende la mano ed è un attimo: i due fuggono verso Pallet, il paese natale del dotto. Qui Eloisa partorisce il suo bambino, che viene chiamato Astrolabio, ovvero rapitore di stelle. Abelardo, però, si sente in colpa. Temendo di aver fatto un torto a Fulberto, propone alla famiglia di Eloisa un matrimonio. E vissero felici e contenti? Purtroppo no.
Abelardo, infatti, era un chierico e non poteva davvero sposarsi. Doveva dunque svolgersi un matrimonio segreto, solo per tranquillizzare gli animi e far sì che lui potesse svolgere ancora il suo lavoro. Eloisa non è d’accordo. Teme che questo matrimonio possa, in realtà, essere un dolore per il suo Abelardo, cui è estremamente devota. Ciononostante, il matrimonio si fa. La notizia, come prevedibile, si diffonde e Abelardo decide, per preservare sé stesso ed Eloisa, di mandarla in convento.
Visto quanto accaduto, la famiglia di Eloisa si vendica e, nella notte, evira Abelardo. I due innamorati non si vedranno mai più. Astrolabio verrà affidato alla famiglia di Eloisa, che prenderà i voti e si farà monaca, mentre Abelardo tornerà alla sua vita ecclesiale. Ancora per un po’, Eloisa proverà dei sentimenti e tenterà di aver contatti con Abelardo, che invece si chiuderà in una vita spirituale e la riprenderà nel momento in cui lei rievocherà la loro passione.
Solo la morte riunirà i due innamorati, facendo bruciare ancora quel sentimento: Eloisa, infatti, lascia disposizione di essere sepolta insieme a quello che fu il suo grande amore. Ed è così che, ancora oggi, riposano.