Simona Molinari: “La donna è mobile perché capace di emanciparsi. E lo racconto sul palco”

Simona Molinari ci ha parlato del suo spettacolo "La Donna è Mobile" dove racconta le grandi figure femminili che hanno aperto la strada a tutte noi

Foto di Federica Cislaghi

Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Pubblicato: 26 Giugno 2025 11:11

Simona Molinari torna sul palco con un progetto nuovo e sorprendente, La Donna è Mobile. Uno spettacolo teatrale-musicale che fonde canto, narrazione, ironia e riflessione storica che vuole essere un tributo alle donne dell’arte, raccontando la figura femminile attraverso la letteratura, la musica e le sue infinite sfumature.

Un viaggio che parte dalla celebre aria del Rigoletto, La donna è mobile, per decostruire stereotipi secolari e dare voce alle donne che hanno fatto la storia senza mai essere raccontate veramente.

La Donna è Mobile debutta il 27 giugno a Pisa. Le date successive sono: 18 luglio – Ancona, 25 luglio – Piacenza, 13 agosto – Selinunte, 2 settembre – Cosenza, 21 settembre – Cagliari.

Scritto dalla stessa Simona Molinari insieme alla giornalista e autrice Simona Orlando, lo spettacolo vuole rappresentare la versatilità, la forza e la libertà espressiva delle donne come interpreti, compositrici e narratrici di emozioni, troppe volte dimenticate dal mondo e il cui valore molto spesso non è stato riconosciuto. Ne abbiamo parlato con lei.

Di cosa parla questo spettacolo? Qual è il messaggio che vuoi dare con La Donna è Mobile?
È un racconto dell’evoluzione della figura femminile nel mondo artistico, in particolare nella musica. Non solo da un punto di vista espressivo, ma anche sociale e culturale. Il punto è: perché le donne hanno iniziato così tardi a scrivere, a produrre, a dirigere? Quali ostacoli hanno affrontato, e quali compromessi hanno dovuto accettare per esistere sulla scena? Questo spettacolo è nato dalla mia esigenza personale di capirlo. Ho collaborato con Simona Orlando alla stesura del testo: io le ho raccontato cosa volevo dire, e lei ha fatto una ricerca ricchissima, piena di scoperte che nemmeno io conoscevo. È stato un processo illuminante. È un modo per ringraziare tutte quelle donne che ci hanno aperto la strada.

Il titolo dello spettacolo richiama l’aria del Rigoletto, La donna è mobile. Come mai questa scelta?
È un titolo ironico e provocatorio. Nell’opera di Verdi  ha un’accezione negativa, legata alla volubilità femminile. Ma io ho voluto capovolgerla: quella mobilità, intesa come capacità di adattamento e profondità, è ciò che ha permesso alla donna di emanciparsi. È proprio da lì che inizia lo spettacolo.

Com’è strutturato lo spettacolo?
È un percorso in tre fasi. La prima è leggera, ironica, popolare, quasi comica. Inizia con leggerezza, invitando lo spettatore a entrare senza sentirsi giudicato. Poi si passa a un tono più intenso, più riflessivo, in cui emergono le discriminazioni, le storie dimenticate, le ingiustizie. E infine arriva il momento più emozionale, intimo, quasi poetico. Il finale è un invito alla consapevolezza condivisa, anche per gli uomini. Perché se è vero che è una presa di coscienza femminile, è anche un dialogo con l’altro: non un’accusa, ma una richiesta di alleanza.

Quindi non è solo un concerto: canti, ma reciti anche?
Sì, è proprio un ibrido tra teatro e musica. Ci sono lunghi monologhi, costruiti come narrazione continua, e mi sono scoperta ad amarli. Raccontare, spiegare, evocare: è qualcosa che già facevo nei miei live, ma qui è più consapevole, più strutturato. E tutto è molto sentito. Mi diverto e mi emoziono nel farlo, anche perché ogni parola nasce da una storia vera, da una donna che ha lottato per il suo spazio.

Come avete scelto le figure femminili da raccontare?
Abbiamo scelto donne che, in modo spesso silenzioso, hanno rivoluzionato la percezione del femminile. Donne che hanno aperto varchi, anche solo con il modo di stare su un palco. Alcune sono famose, altre dimenticate: musiciste che si firmavano con nomi maschili, cantautrici cui veniva negato il diritto d’autore, artiste jazz discriminate perché nere, povere e donne. Parliamo anche di come il linguaggio contribuisce a queste gabbie: una donna artista era una “soubrette” – che in francese significa “servetta” – mentre un uomo con le stesse qualità veniva chiamato cantante, attore, professionista.

Da Natalia Ginzburg a Mary Shelley e Nina Simone, sono molte le donne di cui raccontate: ce ne è una in cui ti identifichi maggiormente?
Sì, con Milly. Era era una cantante, attrice, performer italiana. Sul palco giocava con l’ironia, diceva cose forti ma in modo elegante, con leggerezza. Riusciva a esprimere sé stessa senza imitare l’uomo. Ed è quello che cerco anch’io: essere una comunicatrice autentica, senza dover snaturare il mio linguaggio. Perché stare su un palco da donna, davvero da donna, è complesso. Non si tratta di imitare un modello maschile, ma di rivendicare una voce nostra.

Lo spettacolo è già andato in scena?
Sì, abbiamo fatto una prima “di prova” a Bellinzona, in Svizzera, e da lì è nato il tour vero e proprio [dal 27 giugno 2025 a Pisa ndr]. Ora ci saranno delle prime date in Italia, poi riprenderemo in autunno. Il progetto vive in parallelo con il mio Kairos Tour, quindi alternerò i concerti a questo spettacolo teatrale.

Un’ultima domanda: cosa speri rimanga al pubblico dopo aver assistito a La Donna è Mobile?
Spero che ogni spettatore – uomo o donna – esca dal teatro un po’ più consapevole. Che si porti a casa delle domande, una prospettiva nuova. Le donne, spesso, non hanno celebrato se stesse. Nessuno lo ha fatto, neanche gli uomini. Questo spettacolo è un modo per farlo: raccontare, finalmente, tutte quelle che ci hanno permesso oggi di essere qui.