Franca Follesa: voglio la verità sulla morte di mio figlio, aiutateci.

Daniele Papa aveva 23 anni e il sogno di diventare pilota. È morto inabissandosi nel Tevere in circostanze da chiarire. Vogliamo la verità

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Daniele Papa aveva ventitré anni e un sogno, diventare pilota come suo padre. Per questo appena finito il lockdown aveva ripreso le lezioni di volo, perché lui desiderava una vita “vista cielo”. Daniele è morto il 25 maggio 2020, durante l’esercitazione di un volo, il piccolo aereo su cui viaggiava è precipitato nel Tevere e si è inabissato. Il pilota che era con lui racconta che per ben due volte ha provato a disinserire la cintura mentre stavano per affondare e dopo, gettandosi sott’acqua. Ma non c’è stato nulla da fare.

Adesso chiudete gli occhi ed immaginate la scena dal punto di vista dei genitori. Franca e Mario sono a casa, il papà per abitudine segue i voli del figlio in tempo reale tramite un’applicazione, Fly radar 24, a un certo punto la rotta del piccolo ultraleggero scompare. Il padre pensa a un guasto del cellulare, alla batteria scarica, e decide di lasciar perdere. Passano due ore e mezzo e sono ancora in casa quando sul web e sui social comincia a girare la notizia che un velivolo della Urbe Aereo è caduto nel Tevere. Con le mani tremanti chiamano la scuola per avere notizie, dall’altra parte in modo quasi meccanico viene confermato l’accaduto, aggiungendo altri terribili particolari, l’istruttore si è salvato, Daniele è disperso. Nessuno in quelle due ore e mezzo si è preso la briga di avvisarli, nessuno si è messo nei panni di questi genitori. Perdere un figlio è devastante, scoprire della sua morte attraverso i social è disumano.

Eppure Franca e Mario ci sperano, sperano ancora che il loro secondogenito sia vivo, magari ferito, che abbia sbattuto la testa, che sia confuso, ma vivo. Su qualche sponda del Tevere. Ci vorrà un giorno, ventiquattro lunghe ore per ritrovare il velivolo in fondo al fiume, e al suo interno il corpo del giovane pilota. Morto con le cinture ancora allacciate. La vita di questi genitori si ferma il 26 maggio 2020, che da quel momento intraprendono una lotta per la verità, per colmare i vuoti sui quali la magistratura sta indagando, per avere delle risposte a una morte ingiusta e bastarda. Che cosa è successo al velivolo della Urbe Aereo? Perché l’istruttore ha tentato un ammaraggio? Cosa è successo a Daniele nei momenti  antecedenti l’inabissamento del velivolo, visto che questo ragazzo era anche un sub esperto? E lanciano un appello tramite noi, se qualcuno il giorno 25 maggio tra le 14,30/15 si trovava sulla via Vitorchiano località Due Ponti ed ha visto o sentito qualcosa, si faccia avanti, scriva alla mail Irene.vella@libero(.)it, vi metteremo in contatto coi genitori di Daniele.

Ed è con questo spirito che ho intervistato Franca Follesa, la mamma di Daniele, per dare voce a chi purtroppo non ce l’ha più.

La targa in memoria di Daniele Papa, posta sul fondale del mare a Cerveteri

Era il 25 maggio tra le 1430 e le 15,30 e l’aereo con a bordo tuo figlio cade. Come lo hai scoperto?
Io e la mia famiglia eravamo a casa, nessuno ci ha avvisato, lo abbiamo scoperto dal web, perché mio marito seguiva Daniele nei suoi voli tramite un app che si chiama Fly radar 24, non vedendo il volo di mio figlio, ha lasciato perdere perché pensava che il cellulare fosse scarico dopo due ore e mezzo abbiamo visto la notizia sul web che era caduto quest’aereo della Urbe Aereo sulla Salaria a Roma, che era caduto nel Tevere, a questo punto mio marito si è incominciato a preoccupare e ha chiamato la scuola che ha confermato l’accaduto. Ci hanno detto che l’istruttore si era salvato e che Daniele era disperso, quindi in quel momento ho provato incredulità, eravamo arrabbiati, oltre al dolore, il comportamento della scuola è stato legalmente corretto, ma umanamente devastante. Ho pensato che anche mio figlio si fosse salvato e che fosse su qualche sponda del Tevere.

Dopo due giorni viene ritrovato il corpo di tuo figlio mentre l’istruttore riesce a salvarsi. In quel momento che idea ti sei fatta su quello che poteva essere accaduto?
Il 27 maggio quando viene ritrovato il corpo di Daniele e siamo andati per il riconoscimento non abbiamo potuto toccarlo. Solo attraverso un vetro abbiamo visto che aveva un ematoma su tutta la parte sinistra del viso, ho pensato che l’aereo avesse sbattuto da qualche parte, in quel momento non potevo pensare nient’altro. Il problema è che la legge per questi aerei non prevede l’uso del casco per gli allievi e gli istruttori, non c’è un paracadute, non c’è una scatola nera, e il kit d’emergenza si trova dietro. L’unica idea plausibile che ci siamo fatti è che l’istruttore abbia perso il controllo e il velivolo si sia scontrato con un albero.

A luglio si parlava di guasto al motore e non di incidente, è andata davvero così?
Per quanto riguarda il guasto del motore, questo è quello che ha dichiarato l’istruttore. Noi non sappiamo cosa davvero sia successo, c’è un indagine in corso della magistratura, di cui noi ci fidiamo. Speriamo di arrivare presto alla verità.

Che cosa ti ha fatto più male in questo periodo, oltre la scomparsa di tuo figlio?
Oltre al dolore immenso per la perdita subita, c’è stata anche un’altra cosa che ci ha fatto male: la foto di Daniele pubblicata quando veniva estratto l’aereo dal Tevere, dove lo si vedeva chiaramente ancora sul sedile, con le cinture allacciate. La giornalista ha anche fatto la descrizione della scena come se stesse parlando di un oggetto. Quello era mio figlio. Sono svenuta dal dolore. Le parole hanno un peso, come le immagini, potete immaginare cosa ho provato nel momento in cui ho visto quella foto? Daniele era il mio bambino. Scrivono sul dolore di una famiglia, non pensando che quella per noi non sarà mai solo una foto, quella è la morte in diretta di mio figlio, io quelli che agiscono così non li reputo giornalisti, ma sciacalli, questa è violazione della privacy. Nessuno può capire la disperazione che proviamo, noi non viviamo più. Sopravviviamo.

In che rapporti siete con la scuola Urbe Aereo?
Siamo molto arrabbiati con la scuola per una serie di motivi. Per prima cosa per non averci avvisati dell’incidente, in secondo luogo perché dopo il ritrovamento del corpo non si sono più fatti sentire, qualcuno ci ha detto che erano presenti al funerale, ma non si sono nemmeno avvicinati a farci le condoglianze, e questo ci ha fatto tanto male. Noi avevamo affidato loro il nostro bene più prezioso. Infine avevamo un contratto con la scuola, avevamo pagato già il 75% dell’ammontare, ma i soldi non ci sono stati restituiti e questo non mi sembra un buon modo di comportarsi. Potevano farci più bella figura restituendoli, invece anche questo dobbiamo farlo tramite avvocato.

So che state cercando l’aiuto di chi possa avere visto qualcosa quel maledetto giorno, vuoi fare un appello ai lettori di DiLei?
Sì. A noi interessa sapere se quel giorno, il 25 maggio tra le 14:30 e le 15 qualcuno si trovava sulla pista ciclabile di via Vitorchiano zona Due Ponti, molto frequentata da runner, bikers e persone che portano a spasso i cani, ha visto qualcosa. Ci sono anche delle panchine, magari qualche appassionato di aerei ha filmato qualcosa, ha visto la manovra che il velivolo ha fatto prima di inabissarsi sul Tevere. Inoltre c’è la CEA, forse qualche impiegato può aver visto qualcosa, cosa che dall’altro lato della pista è impossibile vedere perché c’è un rilievo che separa la pista dalle inondazioni del Tevere. Sono sicura che qualcuno ha visto, per favore contattateci, scrivete alla mail indicata, aiutateci a scoprire la verità sulla morte di mio figlio.