Sibilla Aleramo e Dino Campana, un amore folle e dannato

Tormentata, folle, violenta e incomprensibile: questa è la storia d'amore senza fine di Sibilla Aleramo e Dino Campana

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 19 Agosto 2022 14:02Aggiornato: 29 Marzo 2024 09:48

Ci sono alcune storie d’amore che non smettono mai di farci sognare. A volte sono folli e incomprensibili, ma uniche. Eppure condividono con tutte le altre quelle caratteristiche che ancora rendono inspiegabile il grande enigma che riguarda quello che è il sentimento più potente del mondo. Alcune di queste sono imperfette e non restituiscono quel lieto fine tanto agognato, eppure restano impresse nella storia, come monito e come invito, a inseguire l’amore o a lasciarlo andare, proprio come è successo a Sibilla Aleramo e Dino Campana.

Sibilla Aleramo e Dino Campana

Lei era una scrittrice, una poetessa e una giornalista italiana. Era l’autrice di Una donna, quel romanzo iconico e coraggioso che ha affrontato per la prima volta, senza fronzoli o metafore, la condizione femminile in Italia tra il XIX e il XX secolo, un grido di ribellione che voleva combattere la società repressiva e autoritaria per liberare le donne.

Lui era un uomo scontroso e irrequieto, dotato però di una straordinaria sensibilità. Un visionario, un genio e un folle, come lo dipingevano i critici letterari del tempo, ma un poeta unico che si è guadagnato un posto d’onore nel panorama della letteratura italiana.

Estremamente diversi, ma accomunati dagli ennesimi tormenti, e da quelle battaglie che combattevano dentro e fuori, Sibilla Aleramo e Dino Campana si sono conosciuti e si sono innamorati. Ma quel viaggio che hanno scelto di affrontare insieme si è trasformato presto in una follia di passione e dannazione.

Il primo incontro

Era il 1916 quando, per la prima volta, lo sguardo di Sibilla Aleramo incontrò quello di Dino Campana. Entrambi dominavano la scena culturale italiana, e tutti e due avevano già avuto modo di dimostrare il loro talento.

Lei aveva già pubblicato Io donna, quel romanzo che è stato poi considerato il primo libro femminista della storia nostro Paese. Era la donna dello scandalo e dell’ammirazione, quella che aveva scelto di rifiutare il ruolo di madre e di moglie per dedicarsi al suo lavoro andando contro tutte le aspettative della società. Ed era libera, come forse non lo era mai stata nessuna donna fino a quel momento. Lo dimostravano i suoi scritti, ma anche il suo modo di vivere, e tutte quelle relazioni con uomini illustri e facoltosi che aveva avuto nel tempo.

Una femme fatale ante litteram in tempi non sospetti. Fu lei a contattare Dino Campana, rimasta estremamente affascinata dai suoi Canti orfici. Con una lettera aveva fatto sapere al poeta di nutrire una profonda ammirazione nei confronti del suo lavoro e della sua capacità espressiva.

E lo aveva spiazzato, come forse non aveva mai fatto nessun altro. A quell’apprezzamento, che proveniva da una delle donne più belle del Paese, seguì un invito da parte del poeta. Invitava la donna a raggiungerlo a Marradi, suo paese natale. Dino Campana aveva girato l’Italia e il mondo intero per combattere le sue battaglie interiori, per mettere a tacere i suoi tormenti, ma era solo in quel piccolo comune dell’Alto Mugello che poteva trovare pace.

Lei accettò di raggiungere il poeta in una calda e afosa giornata di agosto. E fu allora che la passione ardente scoppiò dando vita a una relazione folle, tormentata e dannata.

Dino, Dino, ti amo! Ho visto i miei occhi stamane, c’è tutto il cupo bagliore del miracolo. Non so, ho paura. È vero che mi hai detto ‘amore’? Non hai bisogno di me. Eppure la gioia è così forte.

La passione travolgente

Aveva 31 anni Dino Campana quando si innamorò perdutamente di Sibilla Aleramo. Lei, invece, ne aveva già 40. Ma non era solo l’età anagrafica a sottolineare la grande differenza tra i due, ma anche le loro esperienze. Lei che dopo essersi liberata dalla prigione di un matrimonio squallido e soffocante aveva scelto di assecondare la sua voglia di amore frequentando uomini diversi, lui che invece aveva avuto solo flebili incontri, per lo più con donne di passaggio e con prostitute.

A dividerli anche i modi di vivere. Appassionata di vita e non curante delle chiacchiere, Sibilla amava trascorrere il tempo tra i salotti letterari italiani, gli stessi che invece Dino disprezzava.

Era per questo che le folli notti d’amore erano spesso seguite da bruschi risvegli, fatti di litigi feroci che sfociavano anche nella violenza fisica. “Sono tre mesi che ci strappiamo di mano i resti del nostro amore”, scriveva lei mentre con tutte le sue forze cercava di tenere insieme quell’amore. Ma c’era qualcos’altro che li divideva, oltre la gelosia di lui e la libertà di lei, ed era la malattia del poeta.

Dino Campana, infatti, sviluppò diversi disturbi psichici all’età di 15 anni poi diagnosticati come schizofrenia. I suoi sbalzi d’umore erano sempre più prepotenti e ingombranti, così come quella gelosia nei confronti di quella donna bella e impossibile. Non poteva credere che lei le sarebbe rimasta fedele, non poteva sperare che non avrebbe ceduto al fascino dei numerosi pretendenti che la corteggiavano.

Così, quel fuoco che bruciava, e lasciava lividi nel cuore e sulla pelle, divenne così insopportabile che l’unico modo per sopravvivere era quello di spegnerlo.

La fine di un amore

Mesi di passione e di follia, la loro, raccontata in fiumi di parole deliranti che restano in quelle lettere di passione viscerale che gli amanti si scambiavano. Il loro amore durò quasi due anni, ma se durante il primo periodo ogni occasione veniva sfruttata per trascorrere del tempo insieme, negli ultimi mesi era soprattutto lo scambio epistolare a tenere ancora viva la fiamma ardente che li aveva uniti fino a quel momento.

Nel 1917 la situazione precipitò drasticamente a causa delle condizioni di salute mentale di Dino Campana. Fu allora che il poeta fu ricoverato, di nuovo, in un ospedale psichiatrico. Fu allora che invitò Sibilla per quello che sembrava l’ultimo saluto.

“Vieni a vedermi, ti prego, se credi che abbia sofferto abbastanza, sono pronto a darti quello che mi resta della mia vita”, scrisse lui, senza però ottenere mai una risposta. I due non si incontrarono mai più e Dino Campana si spense nel manicomio di San Salvi dove era entrato 14 anni prima. Sibilla, invece, continuò la sua vita senza mai più parlare di quell’amore.

Continuarono a farlo, invece, le loro lettere. Quelle fatte di tormenti, deliri e di un amore tanto intenso quanto fragile. Quello scambio epistolare, che meglio di qualsiasi altra narrazione raccontava le paure, le insicurezze, la malattia e le violenze, fu pubblicato nel 1958 nella raccolta Un viaggio chiamato amore, Lettere 1916-1918 autorizzata dalla stessa Sibilla Aleramo. La storia è stata poi raccontata nell’omonimo film di Michele Placido con Stefano Accorsi e Laura Morante che hanno interpretato, rispettivamente, i ruoli dei due amanti.