Infezione da salmonella: cos’è, come si cura e alimenti a rischio

La salmonella è uno dei batteri in grado di causare tossinfezioni alimentari. I sintomi sono nausea e diarrea e possono protrarsi per più giorni

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Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

Cos’è la salmonella

La salmonella è uno dei principali batteri in grado di causare intossicazioni alimentari isolate o epidemiche. L’intossicazione alimentare si verifica quando si consuma cibo contaminato da virus, batteri, parassiti o tossine prodotte dal metabolismo di microorganismi: si stima che circa la metà delle infezioni gastrointestinali siano provocate da alcuni ceppi di salmonella. La salmonella fu identificata per la prima volta sul finire del XIX dal medico Elmer Salmon: oggi sappiamo che in natura esistono oltre duemila varianti (o sierotipi) di salmonella e che i ceppi maggiormente diffusi nell’uomo sono la Salmonella enteritidis e a Salmonella typhimurium, responsabili delle intossicazioni non tifoidee in cui si verificano sintomi prevalentemente gastrointestinali.

Come avviene l’infezione

La salmonella è un batterio in grado di vivere nel tratto digestivo degli esseri umani e di altri animali. La sua diffusione avviene mediante il materiale fecale, dunque l’infezione umana si verifica quando si ingerisce un alimento o si beve acqua contaminati da feci infette. È possibile anche un contagio tra membri dello stesso nucleo familiare; inoltre anche rettili o volatili domestici potrebbero essere portatori di salmonella.

Tra i modi possibili in cui ci si può infettare troviamo:

  • Il consumo di cibo contaminato con feci animali. A tal proposito è importante sapere che la Salmonella viene distrutta con il calore. Il consiglio è, dunque, quello di evitare di mangiare carne poco cotta, frutti di mare, uova crude (vedi maionese fatta in casa). Il latte, la frutta e le verdure possono essere anch’essi veicolo di Salmonella.
  • Il consumo di alimenti prepararti su superfici che prima erano state in contatto con carne cruda, come superfici o taglieri non puliti.
  • Il consumo di cibo contaminato da feci umane attraverso la manipolazione del cibo, che può avvenire nel caso in cui non ci si lavi opportunamente le mani prima di maneggiare gli alimenti.
  • Il contatto stretto con animali e nello specifico tartarughe, serpenti, lucertole, pulcini. Questi animali possono essere veicolo di Salmonella tant’è che nel 1975 la US Food and Drug Administration ha vietato la vendita di tartarughe proprio per il rischio connesso di diffondere la Salmonella.

I casi di infezione sono maggiori durante i mesi estivi ed esistono contesti in cui è più probabile contrarre la salmonella. Ad esempio, viaggiare in paesi dove i servizi e gli standard igienici sono chi presenta un sistema immunitario indebolito ha più probabilità di infettarsi.

Sono maggiormente a rischio di contrarre l’infezione:

  • Le persone anziane (di età pari o superiore ai 65 anni);
  • I neonati e i bambini piccoli;
  • Le persone con un Sistema Immunitario depresso (pazienti oncologici o affetti da AIDS);
  • Le persone con malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI o Rettocolite Ulcerosa e Morbo di Crohn).

Queste categorie di persone dovrebbero dunque prestare maggiore attenzione evitando di consumare alimenti a rischio e adottando tutte le misure preventive.

Alimenti più a rischio

Tra gli alimenti più a rischio contaminazione troviamo:

  • carne cruda o poco cotta;
  • uova crude o poco cotte;
  • latte e succhi non pastorizzati;
  • frutta, verdura contaminate.

Ovviamente tra gli alimenti che espongono al rischio di infezione da salmonell bisogna includere anche le preparazioni a base degli ingredienti sopracitati, tra cui salse, creme, ricette che contengono uova crude come la maionese o lo zabaione. È inoltre possibile contrarre l’infezione da acqua contaminata.

Alimenti a rischio salmonella

Sintomi della salmonellosi

Dopo l’esposizione al batterio responsabile dell’infezione, alcune persone non mostrano alcun sintomo, mentre altre hanno manifestazioni soprattutto a carico dell’apparato gastrointestinale. I principali sintomi associati all’infezione di Salmonella sono i seguenti:

  • Diarrea
  • Nausea
  • Vomito
  • Perdita dell’appetito
  • Crampi addominali
  • Cefalea
  • Febbre

I sintomi dell’infezione da salmonella possono comparire tra le 6 e le 72 ore dopo l’esposizione al batterio, anche se generalmente si manifestano in una finestra temporale che va dalle 12 alle 36 ore. Normalmente i sintomi durano alcuni giorni fino a un massimo di una settimana e il decorso dell’infezione non richiede il ricovero in ospedale. Una volta scomparsi i sintomi si potrebbe ancora essere contagiosi e infettare altre persone.

In alcuni casi, però, i sintomi possono essere più gravi, soprattutto nelle persone debilitate e con deficit immunitario, negli anziani e nei bambini. Nei soggetti fragili, infatti, si possono avere feci sanguinanti o si può facilmente verificare disidratazione. I sintomi di disidratazione includono secchezza delle fauci, ridotta quantità di urina o urine di colore scuro e stanchezza generale. La disidratazione è un rischio soprattutto per i neonati e i bambini, oltre che per le persone anziane.

Come viene diagnosticata l’infezione da salmonella

I sintomi associati all’infezione sono vaghi e aspecifici, dunque potrebbero essere ricondotti a una varietà di condizioni cliniche. Generalmente il medico esegue una visita in cui valuta le condizioni dell’addome, eventuali eruzioni cutanee e i sintomi riportati. L’unica maniera per essere certi che diarrea, crampi e febbre siano causati dalla Salmonella resta l’analisi del materiale fecale. Unitamente all’esame colturale delle feci, sarebbe opportuno fare anche un antibiogramma in modo da poter scegliere l’antibiotico più adatto: poiché esistono oltre duemila differenti tipi di Salmonella in grado di causare malattia, e non tutti sono suscettibili all’azione dei principali antibiotici, l’antibiogramma può aiutare a identificare quello idoneo.

Come si cura la salmonellosi

Nella gran parte dei casi l’infezione da salmonella si risolve in 4-7 giorni senza necessità di ricorrere ad un trattamento farmacologico. Generalmente infatti non vengono prescritti né antibiotici né farmaci per arrestare la diarrea per dare modo all’organismo di liberarsi più rapidamente del batterio.

Il trattamento dell’intossicazione alimentare da salmonella si basa dunque prevalentemente sulla somministrazione di liquidi ed elettroliti per rimpiazzare i liquidi persi con il vomito e con la diarrea e prevenire la disidratazione. Durante l’infezione, meglio consumare cibi semplici da digerire come riso, mele, banane, pane tostato e patate.

Se la diarrea è severa, se lo stato di malessere persiste per oltre una settimana o se la nausea e il vomito rendono impossibile alimentarsi è necessario rivolgersi al medico. In base alla situazione e alle condizioni generali di salute della persona, si potrebbe rendere necessario il ricovero ospedaliero: in ospedale i pazienti vengono trattati con somministrazione intravenosa di fluidi, attraverso le flebo, così da reidratare il corpo. Nelle persone particolarmente fragili – anziani, neonati, pazienti immunodepressi, pazienti oncologici – potrebbero essere prescritti antibiotici.

Possibili complicanze dell’infezione da salmonella

La gran parte delle persone comincia a sentirsi meglio dopo una settimana dall’infezione. Può succedere però che l’intestino impieghi più tempo a recuperare una situazione di completo benessere. Nei casi più gravi le salmonelle possono attraversare la parete intestinale e diffondere attraverso il flusso ematico fino a raggiungere il fegato, i reni ed altri organi. Quando si verifica una simile evenienza è opportuno ricorrere all’uso degli antibiotici. Se il trattamento non viene iniziato prontamente l’infezione può portare a morte gli individui più fragili. Negli Stati Uniti muoiono ogni giorno 400 persone. La sindrome di Reiter è una grave complicanza legata all’infezione da Salmonella. Si manifesta con dolore articolare, irritazione oculare e dolore durante la minzione. Nel corso degli anni la sindrome di Reiter può evolvere verso un’artrite difficile da curare.

Come prevenirla

Qui di seguito potete trovare alcuni pratici consigli per ridurre al minimo il rischio di infettarsi con Salmonella:

  • conservare gli alimenti in modo corretto prima di cucinarli, ad esempio refrigerandoli in frigorifero;
  • lavare con cura le mani prima di cucinare o maneggiare i cibi;
  • pulire le superfici della cucina prima e dopo la preparazione di alimenti a rischio;
  • lavare accuratamente gli utensili dopo averli usati per trattare la carne cruda;
  • usare utensili diversi per i cibi crudi e per quelli cotti;
  • lavare verdura e frutta prima di mangiarle;
  • non consumare cibo preparato con l’uso di uova crude;
  • cuocere la carne in maniera completa (senza lasciare parti poco cotte).

Come abbiamo visto, la salmonella può essere contratta anche da alcuni animali: chi vive con un rettile o un volatile dovrebbe indossare i guanti quando si occupa dell’igiene dell’animale e lavare accuratamente le mani dopo aver maneggiato l’animale.

Contaminazioni alimentari

Altre cause di intossicazione alimentare

La salmonella non è l’unico microorganismo che può provocare intossicazioni alimentari. In natura esistono infatti molti batteri, oltre a virus e parassiti, che in alcune circostanze possono contaminare gli alimenti. Oltre ai microorganismi, all’interno del cibo si possono poi trovare uova di parassiti o tossine batteriche. Tra i batteri che più di frequente possono contaminare il cibo, oltre alla salmonella troviamo:

  • Staphylococcus aureus, batterio molto comune che può contaminare carni crude, salse, creme dolci e pasticcini, insalate pronte e imbustate;
  • Escherichia coli, batterio presente nelle feci umane e animali che può infettare l’uomo bevendo acqua e alimenti contaminati;
  • Shigella, che può contaminare gli alimenti da consumare crudi o i frutti di mare;
  • batteri del genere Campylobacter che possono trovarsi nelle carni crude, nelle acque contaminate e nel latte non pastorizzato;
  • Listeria monocytogenes che può contaminare salumi, latte e formaggi non pastorizzati, alimenti che vengono consumati crudi;
  • Clostridium perfringens batterio che può proliferare nei cibi cotti non refrigerati o negli alimenti scongelati a temperatura ambiente;
  • Clostridium botulinum che può essere pericoloso soprattutto nelle conserve casalinghe preparate con alimenti non abbastanza acidi;
  • Vibrio dannoso, che può trovarsi nelle cozze, vongole, capesante e ostriche pescate o allevate in acque contaminare e infettare l’uomo se tali alimenti vengono consumati senza un’adeguata cottura.

Tra i virus che possono provocare intossicazioni alimentari, troviamo invece il norovirus, il rotavirus e il virus dell’epatite A.

Infine, tra i parassiti che potrebbero contaminare gli alimenti direttamente o attraverso le loro uova, abbiamo:

  • Ossiuri o “vermi dei bambini”, nematodi del genere enterobius che possono in alcuni casi contaminare il cibo;
  • Toxoplasma gondii, parassita responsabile della toxoplasmosi, malattia che si sviluppa a seguito dell’esposizione a acque e alimenti crudi contaminati;
  • Giardia lamblia, parassita che è possibile trovare nei prodotti consumati crudi e nelle acque contaminate;
  • Taenia saginata, Taenia solium e Diphyllobothrium latum, tenie che si possono trovare rispettivamente nelle carni bovine, nelle carni di maiale e nei prodotti ittici.

Le intossicazioni alimentari causano sintomi leggermente diversi e ovviamente un trattamento differente a seconda che l’infezione sia stata provocata da un batterio, da un virus o da un parassita. La prevenzione, invece, è simile per ogni tipo di microorganismo. Per prevenire le intossicazioni alimentari causate da contaminazioni, non solo quelle da salmonella, valgono infatti le medesime regole. A livello industriale, durante i processi produttivi degli alimenti, vengono adottati specifici protocolli ed effettuati controlli per ridurre al minimo il rischio di contaminazioni alimentari. Se nonostante il rispetto delle norme igieniche durante i controlli dovesse emergere il rischio o la certezza di contaminazione alimentare, le autorità procedono con il ritiro dal mercato dei lotti di produzione ritenuti pericolosi, anche a scopo precauzionale.

Le contaminazioni degli alimenti possono però verificarsi anche dopo l’acquisto, durante la preparazione degli alimenti o durante la conservazione. Ciò che può fare il consumatore per evitare contaminazioni dopo l’acqusito è quello di adottare comportamenti e buone abitudini che contribuiscono a prevenire contaminazioni incrociate, nonché la proliferazione di microorganismi patogeni nel cibo.

Per prima cosa è bene lavarsi le mani prima di manipolare gli alimenti e mantenere un’accurata igiene dell’ambiente. Le mani, le superfici della cucina, gli utensili e i taglieri andrebbero lavati con acqua calda e sapone. Meglio evitare di mangiare alimenti a rischio che includono, come abbiamo già visto: carni crude, pesce crudo, uova crude, latte e succhi non pastorizzati e alimenti che li contengono. La frutta e la verdura andrebbero sempre lavate prima del consumo e gli alimenti maggiormente a rischio andrebbero sempre cotti in modo completo. Per quanto riguarda le carni, la temperatura in cottura dovrebbe essere pari o superiore ai 70°C, così da inattivare la maggior parte dei microorganismi patogeni. Attenzione poi alla conservazione degli alimenti, poiché le temperature medie ambientali rappresentano molto spesso la temperatura ideale per la crescita e la proliferazione di microorganismi pericolosi per la salute umana. Per questo, quando si scongela un alimento, è bene farlo in frigorifero e non a temperatura ambiente; gli alimenti decongelati non vanno mai ricongelati proprio perché durante la fase di scongelamento potrebbero aver proliferato batteri. Allo stesso modo, gli alimenti cucinati non dovrebbero essere lasciati troppo a lungo a raffreddare a temperatura ambiente ma collocati in frigorifero il prima possibile. Se si hanno dubbi riguardo alle modalità di cottura o conservazione di un alimento, meglio non consumarlo, soprattutto se si appartiene alle categorie maggiormente a rischio.

Fonti bigliografiche